Voci da mondi diversi. Francia
Cento sfumature di giallo
Benôit Philippon, “La centenaria con la pistola”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. Monaco
R., Fusini L., pagg. 432, Euro 18,90
Non ero certa che il libro che iniziavo a
leggere mi sarebbe piaciuto. Il titolo mi suggeriva una trama comica, mi
ricordava romanzi ilari del Nord con protagonisti vecchietti o vecchiette
impegnati in imprese poco consone alla loro età in cui, peraltro, se la
cavavano benissimo con il divertimento del lettore. Pensavo di leggere un certo
libro e invece mi sono ritrovata a leggere tutt’altro. Buffo, sì, ma di quel
tipo di buffo che blocca il sorriso a metà, perché ti accorgi che c’è poco da
ridere, che c’è da pensare, che tutto non è affatto come appare.
È l’alba in un villaggio del Massiccio Centrale francese. Risuonano degli spari. Berthe Gavignol, centodue anni, ha sparato contro il vicino di casa e poi contro i poliziotti per difendere una coppia di amanti in fuga. Viene portata in commissariato per essere interrogata dall’ispettore André Ventura che non si aspetta affatto quello che verrà fuori. Come potrebbe aspettarselo? anche se Berthe non ha proprio una bella fama, ha ‘seppellito’ (letteralmente) cinque mariti, la chiamano ‘la Vedova Nera’. E comunque la verità supera qualunque immaginazione.
Una volta era molto bella, Berthe,
sensuale, piena di vita. Le è rimasta la vivacità, la parola pronta, quel fare
al limite della sfacciataggine di chi sa che, intanto, alla sua età, che cosa
possono farle? E poi, ancora una mira perfetta, lo si è visto.
Il
tono con cui l’interrogatorio inizia è scherzoso- Berthe chiama l’ispettore
Lino,
come l’attore, ed è chiaro che si fa beffe di lui, non lo prende sul serio. Più
tardi, quando il loro rapporto è diventato più personale, quando la storia di
Berthe ha sconcertato Ventura ma lo ha anche forzato ad abbassare il velo
dell’ipocrisia, lei non si farà più gioco di lui e lo chiamerà con il suo vero
nome.
C’è un secolo di Storia dietro la vita di Berthe. Perché ha una Luger? Presto detto. Si potrebbe considerare il regalo di un nazista, durante l’occupazione. Che fine ha fatto il nazista? Basta scavare nella cantina di Berthe. Perché lo ha ucciso? Non ci vuole molta fantasia per indovinarlo, be’, se lo meritava, legittima difesa, dopotutto. Però, scavando in cantina, vengono alla luce ben sette cadaveri. Sette? Sì, più quelli di qualche animale. E dietro ogni cadavere c’è una storia, un dramma, un sopruso. E, in un caso, molto amore. Ogni tanto ci pare che Berthe avrebbe potuto trovare un’altra soluzione, ogni tanto le sue maniere spicce e risolutive ci sembrano l’unica via di uscita.
Il racconto di Berthe è paradossale, la
vita di Berthe è paradossale. Eppure il paradosso ha la sua funzione per abbattersi
con tutta la sua forza su di noi, per obbligare il lettore a vedere da un altro
punto di vista quello che si accetta per scontato e irrisolvibile- almeno, era
irrisolvibile e senza via di uscita, nel tempo in cui viveva Berthe, quando non
c’era il divorzio per uscire da un matrimonio sbagliato (quante volte è stato
sposato Ventura?), per liberarsi da una gravidanza non voluta, forzata,
accidentale. Fino a che punto la legge tutela e difende la donna?
André Ventura è la legge, dapprima si
arrocca su posizioni rigide, nonostante che Berthe gli ricordi di continuo lo
scarso valore che può avere una condanna alla sua età, poi si ammorbidisce,
sembra impossibile ma è come se il vecchio fascino di Berthe funzionasse
ancora. Purtroppo per lui…
Il finale è il perfetto coronamento della
vita dell’arzilla centenaria- non si è fatta incastrare fino ad ora, non la
incastreranno mai.
Arguto, scoppiettante, intelligente,
divertente.
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