Voci da mondi diversi. Area germanica
Quando era stata programmata, doveva
essere un’intervista in presenza. Poi…Omicron. Giustamente la scrittrice ha
deciso di non rischiare. E ormai ringraziamo anche la nuova tecnologia che,
durante il primo lockdown, ci ha fatto scoprire la possibilità di supplire ai
mancati incontri di persona.
La
scrittrice tedesca Daniela Krien, autrice de “I confini incerti del fuoco”, ed
io ci siamo ‘viste’ su zoom.copyright Maurice Haas
Dopo aver letto due dei suoi romanzi mi
pare di aver capito che quello che Le interessa è soprattutto esplorare i
rapporti- tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra amici. Ha questo in
mente quando inizia a scrivere un romanzo?
Sì, è così. La mia tematica principale,
nello scrivere ma anche nella vita, è vedere come funzionino i rapporti con gli
altri, mi interessano i momenti di crisi nella comunicazione e anche la
soluzione di queste crisi o eventuali mancanze di soluzioni: la domanda è,
perché non si è arrivati ad una soluzione? È un tema che non finisce mai,
quello dei rapporti in generale, nei confronti dei genitori, dei figli o degli
amici.
E come è iniziato questo interesse?
Quando ha incominciato a scrivere?
Scrivo da sempre, ho iniziato a scrivere da
bambina e già nei primissimi racconti trattavo dei rapporti tra persone o
meglio tra animali, perché i protagonisti dei miei scritti di allora erano
animali con caratteristiche umane. Il tema era già là, e in tutta la mia vita
ho cercato anche di imparare mentre scrivevo. C’è sempre stato un processo per
capire il mondo e le cose. Avevo poco più di trent’anni quando ho scritto il
mio primo romanzo, il primo testo in cui ho veramente creduto, quello che ho
ritenuto fosse adatto per una pubblicazione. Tutto quello che avevo scritto
prima era importante per me, ma non aveva superato la mia critica. Invece ho
deciso di provare con quel romanzo ed è andata bene.
Ho pensato che il titolo, Der Brand (L’incendio), abbia anche un significato metaforico. Incomincia come un vero e proprio incendio che distrugge una casa e poi si diffonde, minacciando di distruggere un rapporto.
Sì. Il fuoco è una metafora a vari livelli.
All’inizio è un fuoco reale, poi diventa una metafora per la crisi nella coppia
e poi per la crisi all’interno della società da cui Peter si isola. Infine
diventa anche una metafora per un vero e proprio incendio, per la città di
Dresda, incendiata dal terribile bombardamento del 14 e 15 febbraio 1945 che
influenza la storia famigliare di Rahel per l’esperienza del trauma della
madre. È un motivo portato avanti da una generazione a quella successiva. Il
motivo del fuoco ritorna in vari punti di tutto il romanzo.
Fino a che punto il luogo, la fattoria
dove Rahel e Peter passano la vacanza, li aiuta ad esaminare che cosa è andato
storto nel loro rapporto?
Certamente il luogo li aiuta in molti modi. Vivono in una solitudine che li obbliga ad avvicinarsi. Ci sono solo loro due. Per Rahel è piacevole, d’altra parte aveva già cercato un luogo nelle montagne bavaresi, una casa solitaria, quella che poi aveva preso fuoco. Questo è un posto diverso ma l’isolamento è analogo. La natura è importante, ha un effetto curativo, Peter e Rahel vanno a fare camminate da soli, vanno a nuotare nel lago da soli. È un paesaggio calmante, piacevole. Le colline sono dolci e tutto ha un effetto riposante che li spinge a riavvicinarsi.
I sentimenti di Rahel verso i due figli
sono diversi. Quasi certamente la figlia ha sofferto per essere stata lasciata
con la nonna quando era piccola. Ci sono parecchi accenni al fatto che i sentimenti
di Rahel come madre siano cambiati nei confronti del secondogenito perché lei
era più matura. C’entrava anche il fatto che il secondo figlio fosse un
maschietto?
Entrambe le cose hanno il loro ruolo.
Quello tra Rahel e il figlio Simon non è un rapporto problematico, Simon è
sempre stato con i genitori, non è stato lasciato per un anno intero affidato
ad altri, il suo rapporto con loro è intatto. I rapporti tra madre e figlia
sono diversi. Crescendo, il loro rapporto si è sviluppato in conflitto tra
madre e figlia, uno scontro tipico di due persone dello stesso sesso, due donne
con tratti caratteriali simili sono destinate allo scontro. Simon, se mai,
entra in conflitto con il padre. E poi Rahel ha dei rimorsi nei confronti della
figlia e si arrabbia con se stessa perché riconosce i suoi errori.
È difficile rispondere, anche io sono
rimasta scioccata da quella scritta, “Bomber Harris, do it again”. Una certa
gioventù tedesca è formata di radicali di sinistra che hanno un rapporto malato
con la nazione. La scritta vorrebbe dire augurarsi che la Germania sia
distrutta. Ovviamente è un messaggio estremo. Se si potesse parlare con loro,
non penso che intenderebbero così, ma sono parole che fanno riflettere. Si
evidenzia un rapporto difficile con il proprio paese. C’è poi il problema delle
colpe incredibili di cui si è resa responsabile la Germania durante la guerra.
Colpe da cui non si guarisce e per cui non c’è perdono, sono macchie che
restano. La Germania dovrebbe giungere ad una autocoscienza sana, le parole ‘Bomber
Harris, do it again’ lo confermano. Dopo la guerra la Germania non è riuscita a
sviluppare un’autocoscienza che non fosse destinata o a esaltarci o a
umiliarci. Perciò sono nati dei movimenti di giovani che scrivono questo tipo
di cose.
Mi rendo conto che quello che sto per chiederLe esigerebbe tempo per una lunga risposta, ma sarebbe interessante sapere di più sulle difficoltà che hanno avuto i tedeschi dell’Est, gli Ossi, per adattarsi allo stile di vita occidentale, dei Wessi. Può forse trovare un modo per riassumere una risposta?
La vita che abbiamo avuto dopo la caduta
del muro è stata totalmente diversa da quella che avevamo avuto prima, non
aveva proprio niente in comune con quella. Eravamo cresciuti all’interno di un
regime collettivista e garantista: il prezzo che si pagava era la mancanza di
libertà. Dopo la caduta del muro ognuno doveva stare in piedi da solo. È stato
tutto molto difficile perché il processo di adattamento era monodirezionale.
Non si trattava di una vera riunificazione, la DDR è stata azzerata e abbiamo
dovuto adattarci alla vita dell’Ovest. Le biografie dei cittadini della DDR
hanno perso valore. I cittadini della Germania dell’Est sono rimasti feriti e queste
ferite sono ancora aperte.
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