sabato 27 novembre 2021

Abraham Yehoshua, “La figlia unica” ed. 2021

                                                       Voci da mondi diversi. Israele


Abraham Yehoshua, “La figlia unica”

Ed. Einaudi, Trad. A. Shomroni, pagg. 168, Euro 18,00

 

   È come una favola di Natale, il breve nuovo romanzo di Abraham Yehoshua. È il suo omaggio all’Italia, perché ambientato in una cittadina senza nome ma italiana, e poi in una località marina dove ogni anno c’è una grande festa per il Carnevale e in un’altra località con impianti sciistici in montagna. Anche la protagonista, l’undicenne Rachele Luzzatto, è italiana e la sua è una famiglia mista, con una doppia appartenenza religiosa.

    Si sta avvicinando il Natale, l’insegnante fa leggere “Cuore” di De Amicis in classe (un altro singolare omaggio all’Italia che ci invita a rileggere questo classico che da anni abbiamo accantonato), Rachele è stata scelta per recitare la parte di Maria nel Presepe vivente- è perfetta con quei suoi riccioli scuri, la madre di Gesù doveva assomigliarle. Ma Rachele non sarà Maria, anche se ci tiene tanto. Suo padre non vuole. Loro sono ebrei, non se ne parla proprio. Rachele non capisce quel divieto: è una recita, non è la stessa cosa che se lei andasse a Messa.


    La delusione di Rachele cede il posto alla preoccupazione di tutta la famiglia per il delicato intervento a cui si dovrà sottoporre il padre- l’interpretazione di Rachele, semplificando, è che al papà è cresciuta un’ appendice al cervello. Dopotutto il papà le aveva detto che forse il suo cervello si era ingrossato per accordarsi con il nuovo mondo che era più difficile da capire.

    Sono questi i due nodi intorno a cui si svolge il romanzo di Yehoshua ed è come se il pericolo di una fine imminente ridimensionasse tutto, invitasse ad una tolleranza, ad una convivenza di fedi diverse- bello il personaggio del dolce nonno cattolico, bello anche quello del nonno ebreo che racconta con umorismo di come si fosse travestito da prete per sfuggire ai nazisti durante la guerra. E, quasi a riprendere il tema dei travestimenti, dopo il travestimento di Rachele per la festa della nonna che è quasi una parodia di un ebreo ortodosso, è comica la scena del rabbino (insegnante di ebraico a quella ragazzina curiosa che è Rachele) che si mescola alle maschere del Carnevale e ne è spaventato- sembra una versione molto edulcorata del “Doppio sogno” di Schnitzler dove tutti possono avere un altro aspetto e chissà se questo ‘doppio’ possa servire per avere una doppia prospettiva.


    Yehoshua è un maestro della lievità. Con leggerezza, con i personaggi opposti delle due nonne, con il cammeo dell’insegnante in pensione che incoraggia ad una rilettura e un approfondimento del libro di De Amicis, con la giovane protagonista che si appresta ad entrare nel mondo degli adulti preparandosi al Bat Mitzvah e chiede di leggere un altro brano per non offendere la sensibilità del nonno cattolico, perfino con il ‘personaggio’ della cagna anziana verso cui tutti sono così solleciti perché deve partorire (un parallelo nel mondo animale con il papà di Rachele ammalato?), con tutta questa variegata famiglia lo scrittore ci dà una grande lezione di multiculturalismo e di integrazione e di tolleranza.

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