Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
Colum McCann, “Apeirogon”
Ed.
Feltrinelli, trad. Marinella Magrì, pagg. 518, Euro 22,00
Apeirogon: un poligono con un numero
infinitamente numerabile di lati.
È
questo il titolo del nuovo romanzo di Colum McCann, un libro che presenta un
numero infinitamente numerabile di una realtà così vasta e dai tanti molteplici
aspetti come è quella del conflitto tra israeliani e palestinesi. Un libro in
cui ci si perde se non si tengono sempre in vista i due tragici avvenimenti
principali, la morte di due bambine.
Nel 1997 Smadar Elhanan è stata vittima di
un attacco suicida da parte di un attentatore palestinese a Gerusalemme. Aveva
14 anni.
Nel 2007 Abir Aramin fu uccisa da un
proiettile di gomma di fabbricazione americana sparato da un soldato
diciottenne. Abir, nata nello stesso anno in cui Smadar era morta, era uscita
in anticipo da scuola, aveva appena comperato un braccialetto di caramelle.
Smadar, un nome che deriva dal Cantico dei
Cantici e che vuol dire ‘il grappolo della vigna’.
Abir, dall’arabo antico. Significa ‘la fragranza del fiore’.
Due vite troncate sul nascere, due famiglie
in lutto, due padri, l’israeliano Rami e il palestinese Bassam che si
incontrano in una riunione di Parents Circle, un’organizzazione di sostegno per
i genitori che hanno perso dei figli in un conflitto senza fine. Ne nasce
un’amicizia, fonderanno insieme il movimento Combattenti per la Pace,
porteranno in giro per il mondo la loro testimonianza, la storia delle loro
vite, rinnoveranno il loro dolore sempre uguale davanti ad un pubblico sempre
diverso. E però Smadar ed Abir vivranno per sempre finché ci si ricorderà di
loro.
Lo stile adottato da Colum McCann non è
facile, ci si deve abituare alla frammentarietà, ai capitoli che si susseguono
con una numerazione che arriva a 500 e poi inizia a decrescere, alludendo ad
uno dei leit motiv del libro, dividi la
morte per la vita e avrai un cerchio, alcuni capitoli lunghi solo una riga,
altri parecchie pagine, un paio del tutto bianchi (come già faceva Laurence
Sterne), con gli argomenti più vari che si possano immaginare in questo
poligono dai lati infinitamente numerabili.Villa palladiana di Munib al-Masri
Lo studio del volo degli uccelli e
l’esibizione funambolica di Philippe Petit nel 1987 (ha camminato su un filo teso verso la pace attraverso la
valle dell’Hebron), la lettera di Einstein a Freud in cui chiedeva se era possibile
rendere l’umanità immune alle psicosi dell’odio e della distruzione, la vicenda
di Bassam in prigione per sette anni per aver lanciato delle pietre e poi
Bassam con una borsa di studio in Inghilterra, il padre di Rami sopravvissuto
ad Auschwitz, la villa palladiana di Munib al-Masri, l’uomo più ricco della
Palestina, il campo di Theresienstadt ripulito e abbellito per l’ispezione
della Croce Rossa, il Requiem suonato in quella occasione da Schachter che poi
era immediatamente finito gassato ad Auschwitz, i rotoli del Mar Morto, “Le
mille e una notte” e l’opera d’arte dell’artista palestinese esibita a Sydney,
e altro e altro ancora. Per ritornare alle due bambine, descrivendo più volte
quello che era successo, l’ambulanza con Abir ferma al checkpoint, la ricerca
di Smadar che non era rientrata a casa, sperando al di là di ogni speranza, per
trovarla nell’obitorio.
Due i momenti di epifania dopo di cui
Bassam e Rami indirizzano il loro odio in un’altra direzione, cercando la via
della pace: quando Bassam vede i filmati dei campi di sterminio e quando Rami
vede la donna palestinese con la fotografia della figlia sul cuore. E
innumerevoli refrain, la sola cosa
interessante è vivere (sono parole di Mitterrand), la sola vendetta è fare la pace, non finirà finché non parliamo, non
fate cadere dalla mia mano il ramo di ulivo (dal discorso di Arafat scritto
per lui dal poeta Mahmoud Darwish).Bassam e Rami
“Apeirogon” è un libro importante, un bel libro anche se non è uno di quei libri che si fanno amare. È un libro che non offre soluzioni, che prospetta la necessità innegabile di una pace, ma è sufficiente? Non siamo certi che non poggi su un certo buonismo, su una facile presa di coscienza che siamo tutti esseri umani- sentiamo echi di Primo Levi nel condannare la forzata disumanizzazione e di Shakespeare, quando Bassam si appropria delle parole di Shylock, Non ho l’aspetto di un essere umano? Non sanguino come un essere umano?.
Sono
considerazioni sufficienti?
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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