Casa Nostra. Qui Italia
biografia romanzata
Sara De Simone, “Nessuna come lei”
Ed. Neri Pozza, pagg. 391, Euro 22,00
Virginia. C’è una sola Virginia nel mondo
della letteratura. È proprio lei, Virginia Woolf che da ragazza portava il
cognome Leslie, ma conosciuta solo con quello del marito Leonard. Gli amici li
chiamavano ‘i Lupi’, soprattutto dopo che avevano fondato la loro propria casa
editrice, la Hogarth Press.
Katherine, nata Beauchamp in Nuova Zelanda,
aveva preso il cognome Mansfield quando aveva iniziato a pubblicare i primi
racconti. Quando si innamorò del critico John Middleton Murry, nel 1911, per
poi sposarlo nel 1918, aveva già un matrimonio (non consumato) alle spalle e un
figlio mai nato, frutto dell’amore per un musicista ed erano molti anni che
ormai viveva in Europa.
Quando si conobbero, nel 1916, Virginia aveva 34 anni e Katherine sei anni di meno. Virginia era scontrosa, scherzava su questa donna che “la inseguiva” da parecchio tempo, desiderosa di incontrarla. Si incontrarono, poi, nel salotto di Lytton Strachey, intellettuale, raffinato, uno dei primi membri del circolo di Bloomsbury. E, nonostante la diffidenza di Virginia, divennero amiche.
Erano diversissime l’una dall’altra, tanto era piena di vita ed effervescente Katherine, tanto era schiva e ritrosa Virginia. Eppure entrarono subito in sintonia perché le univa la letteratura- scrivere era la cosa più importante, per entrambe. Guardavano il mondo pensando a come ne avrebbero scritto, si scambiavano impressioni sulle opere di altri scrittori che leggevano, su libri che dovevano recensire, si capivano. ‘Nessuna come lei’- per Katherine nessuna era come Virginia, per Virginia nessuna era come Katherine.
Eppure non fu un’amicizia facile. Sara De
Simone ha fatto un lavoro splendido per consegnarci questo libro che ripercorre
le tappe di questa amicizia, documentandola con le lettere che le due
scrittrici si sono scambiate, con testimonianze di altri, intessendo una trama
e un ordito che ci offrono un’immagine finale che non è solo quella privata dei
sette anni (Katherine morì nel 1923) di amicizia ma anche di quello che
succedeva intorno a loro e di un ambiente letterario che doveva diventare un
mito.
Seguiamo la nascita dei racconti dell’una e
dei romanzi dell’altra, leggiamo dei loro dubbi e momenti di scoramento quando
sembra che l’ispirazione taccia o quando l’una o l’altra non erano in grado di
scrivere, obbligate al riposo totale per malattia. Perché erano fragili
entrambe, per cause diverse. Per Virginia era il sistema nervoso a destare
preoccupazione, per Katherine la tisi contro cui lottò con tutte le sue forze,
sperimentando ogni possibile cura, peregrinando da un paese all’altro in cerca
di sole e di un clima ideale.
Veniamo a sapere tutto o quasi di loro- della loro infanzia, del rapporto con i genitori e con i fratelli e le sorelle, con i mariti (quanto diverso l’affidabile Leonard dall’egoista John Middleton Murray), con le persone di servizio (insostituibile l’amica di Katherine, Ida dai molti nomi, l’unica su cui potesse contare, sempre e ovunque). Le seguiamo nelle case in cui hanno abitato, negli spostamenti di Katherine verso Sud, mentre Virginia si offendeva perché l’amica non rispondeva alle sue lettere e non capiva quanto male stesse Katherine, nonostante la sua voglia di reagire, di vedere sempre il lato positivo, di ironizzare su tutto, anche sul suo male. E leggiamo anche stralci delle loro recensioni degli scrittori del momento (Joyce, insopportabile; Lawrence, troppo interessato al sesso; Murray, noioso).
Era invidiosa, Virginia, del successo di
Katherine? Voleva essere l’unica grande scrittrice sulla scena? Ad essere
sinceri, sembra proprio così, leggendo quello che scrive dell’amica, a volte
correggendosi, molto spesso lasciando trapelare di masticare amaro.
A fine libro- un libro veramente molto
bello che si legge come un affascinante romanzo imperniato su due protagoniste
femminili- la nostra simpatia (confessiamolo) va tutta a Katherine. Per la sua
forza vitale, per il suo disprezzo per le convenzioni, per la sua libertà
interiore, per la sua spregiudicatezza. E lungi da noi l’idea di paragonare la
bravura di due grandi scrittrici.
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