Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
un classico
Graham Greene, “Il console onorario”
Ed. Neri
Pozza, trad. Alessandro Carrero, pagg. 428, Euro 15,00
Graham Greene, 1904-1991. Uno scrittore che non tramonta mai. Perché è
un grande scrittore, candidato al premio Nobel negli anni ‘60, ora felicemente
‘riscoperto’ dalla casa editrice Sellerio che ripropone i suoi romanzi ad
iniziare da “Il console onorario”, pubblicato per la prima volta nel 1973 e
adattato per il grande schermo nel 1983 con la regia di John Mackenzie e
Richard Gere e Michael Caine nei due ruoli principali.
Una cittadina argentina al confine con il Paraguay. Un’esigua comunità inglese:
il sessantenne e alcolizzato Charley Fortnum (console onorario, una nomina
puramente onorifica per aver una volta accompagnato dei reali sul sito delle
rovine), un professore di Lettere che mangia di tutto pur di mangiare, il
trentenne Eduardo Plarr, medico, figlio di padre inglese e madre argentina.
Eduardo non sa più nulla del padre da quando questi ha fatto fuggire la moglie
e il figlio oltre il confine ed è rimasto in Paraguay a sostenere i rivoltosi.
Sarà stato fatto prigioniero? Sarà ancora vivo?
Fortnum viene rapito per errore dai
rivoluzionari paraguyani al posto dell’ambasciatore americano in visita alle
rovine storiche. La sua vita non vale nulla- al di là del principio di non cedere
al ricatto, il governo inglese sarebbe ben felice di sbarazzarsi di un
ubriacone diventato scomodo e il governo americano non è affatto interessato.
Proprio adesso che, dal punto di vista personale, a Fortnum la sua vita importa
molto- ha sposato una ragazza di quarant’anni più giovane di lui, tirandola
fuori dal bordello, e aspetta un figlio.
“Il console onorario” è uno dei romanzi che Graham Greene definiva
‘entertainments’, per distinguerli da quelli più letterari, come “Il potere e
la gloria”. Eppure una separazione netta tra i due generi non è facile, perché
anche in questo libro lo scrittore affronta i temi seri che gli stanno a cuore,
quelli su cui ritorna sempre perché fondamentali, anche se camuffati sotto una trama ricca di suspense e
con i suoi lati umoristici.
Greene rifiutava di essere definito uno scrittore
cattolico. Era uno scrittore, che era anche
cattolico. E tuttavia in tutti i suoi romanzi i personaggi si interrogano su
Dio e sulla fede e sul Male. Ne “Il console onorario”, nelle lunghe discussioni
tra i rivoltosi (tra cui c’è un prete spretato, amico di infanzia di Plarr) e
il medico, costretti all’inazione, chiusi nella baracca in attesa dello scadere
dell’ultimatum, è proprio l’ex prete Leon a dire che anche il Male viene da
Dio, che è la parte oscura di Dio. La miseria nel barrio, la fame, la morte infantile- anche quelle vengono da Dio. E
però, come ne “Il potere e la gloria”, un prete resta sempre tale, anche se è
indegno, anche se è peccatore, anche se ha lasciato la Chiesa- anzi no, la
Chiesa non si lascia mai. In quanto prete, non è più un uomo. E può celebrare
la Messa, può ascoltare una confessione (meglio, ha l’obbligo di ascoltarla),
può assolvere dai peccati. È questa matrice cattolica, anche se rinnegata, che
spinge Eduardo Plarr a uscire dalla baracca per trattare con la polizia. Se non
lo facesse Fortnum sarebbe ucciso dai ribelli. E Plarr, che ha tradito la loro
amicizia portandosi a letto la moglie di Charley Fortnum, che è il padre del
bambino che deve nascere, si sente in colpa ed è geloso del vecchio ubriacone
che, nonostante tutto, è capace di amare come lui, Eduardo, non sa fare.
I personaggi di Graham Greene non sono mai unidimensionali. Si dibattono
tra forze opposte, peccano perché sanno che cosa è la lealtà e però tradiscono,
uccidono ma sanno che Dio ha comandato di non uccidere, vanno a puttane ma
sanno che l’amore è un’altra cosa e non si può comprare, sono Male e Bene,
proprio come il Dio di cui parla Leon.
Ottima la nuova traduzione di Alessandro Carrera, un libro da
riscoprire.
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