Dezsö
Kostolányi, “Anna Édes”
Ed.
Anfora, trad. Andrea Rényi e Monika Szilágyi, pagg. 270, Euro 17,00
Budapest,
31 luglio 1919. La data di un grande cambiamento in Ungheria. Quanto sia grande
ce lo fa capire in due brevi magistrali capitoli questo scrittore, Dezsö Kostolányi, che purtroppo finora non
conoscevamo.
Una frase secca come un colpo di fucile inizia il romanzo “Anna Édes”: “Béla Kun fuggì dal paese a bordo di un aereo”. Era il segno della fine della
Repubblica Sovietica Ungherese. Un tocco di ironia caratterizzante: il commissario del popolo fuggiva con
le tasche piene di pasticcini del caffè Gerbaud (chiunque sia stato a Budapest
lo ricorda) e di gioielli. Grosse catene d’oro pendevano addirittura dal suo
braccio, neppure fosse una statua della Madonna. E una di queste catene cadde
solcando l’aria, dritto nel mezzo del parco pubblico e fu trovata da un anziano
borghese. E’ il vecchio equilibrio che si ristabilisce: “i rossi sono caduti”,
dice Kornél Vizy, consigliere ministeriale alla cameriera. “Sono caduti quei
farabutti”, rincalza il portinaio che per la prima volta dopo mesi si rivolge a
Kornél Vizy chiamandolo “Illustrissimo”, offrendosi (finalmente) di riparargli
il campanello e proponendo una sua nipote come domestica presso di loro, una
contadina del Balaton.
E’ lei, la servetta diciannovenne, la protagonista del romanzo. Anna Édes,
Anna Dolce (questo il significato del suo cognome) dolce Anna, che si aggiunge
alla galleria dei personaggi femminili indimenticabili, una piccola eroina che
si lascia vittimizzare (potrebbe fare altrimenti considerando l’ambiente e il
tempo in cui è cresciuta?) finché reagisce perdendo ogni controllo, compiendo
un’azione di cui non cerca neppure di giustificarsi. Il vaso era colmo, non
c’era neppure bisogno della goccia che lo facesse traboccare.
Se Anna sentiva nostalgia per il
bambino a cui badava nella famiglia dove era prima a servizio, presto le passa,
se l’odore di naftalina nella casa dei Vizy la prendeva alla gola, presto si
abitua, se si sentiva sola, ci pensa il nipote scapestrato dei Vizy a tenerle
compagnia infilandosi nel suo letto per quattro giorni in cui lo zio e la zia
si sono assentati. Non c’è niente di nuovo sotto il sole, Anna aveva sentito raccontare
dei padroni che mettevano incinte le serve, le era sembrato naturale, si era
sentita lusingata, si illudeva che lui l’amasse. Mentre lui, pensando a lei,
aveva immaginato di ‘rovesciarla come un sacco di farina, senza preamboli, come
si fa con le serve’.
D’altra parte anche un amico di Vizy aveva sostenuto,
parlando con il dottore durante una cena, che ‘loro sono diversi da noi. Hanno
stomaci diversi, anime diverse. Sono servi. E vogliono rimanere tali.’ Sarà
soltanto il dottore, un vecchio gravemente ammalato, a prendere le difese di
Anna in tribunale, dopo che tutto si è concluso, dopo che Anna aveva dapprima
accettato e poi rifiutato di sposare un vedovo che la corteggiava, perché la
dolce Anna non era stata capace di sottrarsi al ricatto morale della sua
padrona che non voleva fare a meno di lei. ‘Non l’hanno trattata come un essere
umano, ma come una macchina. L’hanno resa una macchina. L’hanno trattata in
maniera disumana. L’hanno trattata ignobilmente.’ E’ l’unica voce discorde- ‘Il
pubblico ebbe l’impressione che il vecchio dottore con un piede nella fossa
fosse un uomo mentalmente limitato.’
“Anna Édes” è stato pubblicato per la prima volta nel 1926, ma, come
avviene per tutti i libri molto belli, niente ne rivela l’età- né il contenuto,
né lo stile, misurato, pulito, ironico, compassionevole.
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