Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
romanzo di formazione
FRESCO DI LETTURA
Rose Tremain, “Gustav Sonata”
Ed.
66thand2nd, trad. Fiorenza Conte, pagg. 296, Euro 18
Matzlingen, una cittadina immaginaria in
Svizzera dove, secondo il migliore stereotipo, si produce formaggio Emmenthal,
facente parte di una regione chiamata Mittelland, una terra di mezzo che
acquista un valore metaforico.
Metà degli anni ‘40 del ‘900, la fine degli
anni ‘30 e gli ultimi anni del 1990: sono queste le scansioni temporali del
romanzo “Gustav sonata” di Rose Tremain con due protagonisti, Gustav e Anton,
che sono amici da quando frequentavano l’asilo. Il primo giorno d’asilo, Anton,
appena arrivato in città con i genitori che si erano trasferiti da Berna, non
aveva fatto che piangere e la maestra lo
aveva affidato a Gustav, bambinetto di ben altra tempra. Sua madre gli aveva
inculcato la necessità di essere sempre padroni di sé, il vero svizzero è come
una noce di cocco, dura all’esterno e dolce dentro. Chi vuole può scegliere se
interpretare il paragone con ironia.
Nella
prima parte della ‘sonata’ ci rendiamo conto di quanto sia necessario, per
Gustav, avere una scorza di protezione. Sua madre è una donna fragile e
sfortunata. E’ rimasta vedova, il marito, padre di Gustav, era vicecapo della
polizia di Matzlingen- di lui sapremo di più nella seconda parte del romanzo,
per ora sappiamo quello che sa Gustav, che era un eroe (glielo ha detto la
mamma), che è stato licenziato dal corpo di polizia, che a causa di questo
hanno dovuto traslocare dalla bella casa con i balconi traboccanti di gerani.
Gustav ha un solo giocattolo, un trenino di latta, Anton prende addirittura
lezioni di pianoforte. La mamma ha detto a Gustav che suo padre è morto a causa
degli ebrei, la famiglia di Anton è ebrea. Gustav è affascinato da loro, dalla
bella mamma di Anton, dai dolci squisiti che gli offrono per merenda, dai
pomeriggi a pattinare sul ghiaccio.
Il passato a cui si accenna di continuo
nella prima parte viene in piena luce nella seconda. E’ uno squarcio
sull’ambigua neutralità svizzera durante la guerra, la storia di un uomo che ha
agito secondo coscienza, falsificando la data di ingresso dei profughi ebrei
perché non venissero rispediti indietro, e che ha pagato di persona per la sua
integrità- incomprensione coniugale, destituzione dall’incarico, miseria,
perdita dello status sociale. Infine la morte.
La terza parte della sonata ha un andamento
più tranquillo- si srotolano le storie dei due protagonisti che sono sempre
amici, la vita li allontanerà per poi farli tornare insieme trasformando la loro
amicizia in qualcosa di diverso di cui avevamo già avuto vaghissimo sentore,
quasi una premonizione, in una scena durante un gioco infantile a Davos- i due
bambini giocavano all’ospedale e, per simulare un intervento su un paziente,
Anton aveva baciato sulla bocca Gustav.
Con delicatezza squisita Rose Tremain ha
scritto un romanzo originale di una duplice formazione: originale
l’ambientazione, il contrasto fra le due famiglie e quello tra i due
personaggi. A poco a poco iniziamo ad apprezzare la ruvida scorza di noce di
cocco di Gustav che gli permette di farsi strada e gestire un albergo a
Matzlingen, anche se di certo è anche causa di una profonda infelicità insieme
al ricordo di una madre anafettiva che spiega, probabilmente, la sua
inclinazione ad accompagnarsi a donne molto più anziane, una sorta di
vice-madri. Per Anton che non ha una scorza che lo protegga, la sorte ha in
serbo l’incapacità di fronteggiare un pubblico e di conquistare la fama di
concertista.
Si legge con un piacere musicale, il
romanzo di Rose Tremain. Per l’equilibrio, la pacatezza dei sentimenti, per il
gusto di cercare il significato nascosto dietro le note, per l’affilata lievità
della critica rivolta al paese del formaggio e della cioccolata, per quella
lieve malinconia di vite non vissute appieno che è la stessa malinconia che a
volte ci comunica la musica.
per contattarmi: picconem@yahoo.com
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