Voci da mondi diversi. Cina
premio Nobel
noir
FRESCO DI LETTURA
Mo Yan, “Il paese
dell’alcol”
Ed.
Einaudi, trad. M.R. Masci, pagg. 363, Euro 17,85
L’ispettore
Ding viene mandato a Jiuguo per appurare la verità su certe voci che
circolano: sembra che a Jiuguo, il paese famoso per la produzione dell’alcol,
ci sia un commercio di bambini per scopi
alimentari. I bambini dalla carne tenera sono un piatto prelibato, insomma.
L’ispettore Ding parte, compreso del suo dovere, scandalizzato e indignato- è possibile che si possa giungere a
tanto? Il viaggio di Ding avrà però un esito sorprendente, il tema del viaggio
come mezzo di scoperta e miglioramento di sé sarà completamente capovolto.
Scoprirà molte cose, Ding, (sarebbe stato meglio che non le scoprisse), ne
uscirà cambiato…in peggio da questo
viaggio di formazione al negativo.
Tanto per incominciare, nonostante le sue
proteste, Ding non riesce a sottrarsi
alle libagioni
- si usa così, nel paese dell’alcol, poche storie, non può
rifiutare, si offendono, porta male…Ovvio che a Ding giri presto la testa,
abbia i sensi offuscati, finisca sotto il tavolo, e peggio ancora. Come fa a
capire se quello che viene portato in tavola, un piatto con sopra un bambino
seduto, adorabile e grassottello, è quello che sembra- proprio un bambino-
oppure, come gli dicono, è una specialità locale che ha l’aspetto, sì, di un
bambino, ma è ‘costruito’ per apparire tale, con pezzi di carne, fiori di loto,
verdure varie?
Le avventure di Ding nel paese delle
meraviglie non è, tuttavia, l’unico filone del romanzo di Mo Yan, pubblicato in
Cina nel 1992 e solo ora tradotto in italiano e Ding non è l’unico
protagonista. Lo stesso Mo Yan, infatti,
appare in quanto personaggio (andrà anche lui nel paese dell’alcol, finirà
anche lui sotto il tavolo- chi è il doppio di chi? Ding o Mo Yan?), come il se
stesso scrittore che riceve una lettera da un dottorando in distillazione e
aspirante scrittore di Jiuguo che chiede la sua opinione su un racconto che ha
scritto. Nascerà una corrispondenza
(secondo filone) che è un piccolo trattato
di scrittura- Mo Yan legge e commenta i racconti che, uno dopo l’altro, gli
invia il dottorando, suggerisce cambiamenti, loda ed esprime perplessità.
E
infine ci sono i racconti del dottorando
(terzo filone) su una serie di soggetti che hanno a che fare con il paese
dell’alcol e la pietanza speciale di carne di bambino- la lezione di cucina
tenuta dalla suocera del dottorando è raggricciante, ma anche altri racconti
imperniati su piatti tipici sono altrettanto- a dir poco- sconcertanti. Le tre
tracce del romanzo si riuniscono nel finale che ha qualcosa di pirandelliano, con i personaggi veri che si confrontano con quelli creati dalla
mente del dottorando e rimaneggiati da Mo Yan.
In uno dei racconti si dice che gli aerei
che sorvolano la zona di Jiuguo ondeggino come ubriachi per i vapori che
salgono verso il cielo- ecco, anche a noi lettori gira la testa in uno stupore alcolico, dopo aver terminato
la lettura de “Il paese dell’alcol”. Il tema dei bambini ingrassati e venduti
per cibo non è certo nuovo- Jonathan Swift ha fatto scuola. Ma il tono di Swift
era di ironia selvaggia, diverso da quello di Mo Yan. L’ironia di Swift voleva
dire l’opposto di quello che suggeriva, mentre Mo Yan insinua il dubbio di una possibile verità (una
denuncia simile era pure nel libro di Ma Jian, “La via oscura”, dello scorso
anno), attenuandola in una nebbia di
ubriachezza che rende tutto incerto.
Non
è un romanzo di facile lettura, “Il paese dell’alcol”. A tratti è addirittura
sgradevole, per il tema trattato, per l’atmosfera che avvolge tutte le
narrazioni e per i personaggi di cui nessuno riesce a suscitare la nostra
simpatia.
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