cento sfumature di giallo
vento del Nord
fresco di lettura
Håkan
Nesser, “Confessioni di una squartatrice”
Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 361,
Euro 18,00
Titolo originale: Styckerskan från Lilla Burma
E’ l’unica assassina squartatrice che abbia mai
incontrato. Non sa esattamente come se l’era aspettata, ma di certo non così.
Cosa serve per fare a pezzi un essere umano? Tenere sottocontrollo il panico
per qualche oraoltre a una buona manualità? Ellen Bjarnebo aveva lavorato da Köttman.
Nelle relazioni che ha letto, lo squartamento di Harry Helgesson viene
descritto come “professionale” e “appropriato”.
Maggio
2012. E’ morta da poco Marianne, la moglie dell’ispettore Gunnar Barbarotti.
2007.
Un uomo, Arnold Morinder, scompare. Il suo motorino viene ritrovato abbandonato
in una palude. Di lui, nessuna traccia.
1989.
I resti di Harry Helgesson sono scoperti per caso in un bosco: il suo corpo è
stato smembrato e cacciato a pezzi in sacchi di plastica neri. Sua moglie Ellen
Bjarnebo si dichiara colpevole ed è condannata a undici anni di reclusione.
Tre morti disseminate nel tempo, tre persone
che erano moglie, marito, madre, padre. Come si vive la morte della persona con
cui si ha condiviso la vita? Come erano, da vive, queste persone? Come le ha
colte la morte? Che cosa sopravviverà di loro, ora che non ci sono più? Paiono
riflessioni strane da fare, leggendo un libro di indagine poliziesca- oppure
no, perché si indaga soprattutto sulla Morte nel bel nuovo romanzo dello
svedese Håkan Nesser,
“Confessioni di una squartatrice”, come già in un altro romanzo memorabile,
“L’ultima indagine” di Leif Persson. C’è un primo livello di lettura, dunque,
il ‘cold case’ che viene affidato a Barbarotti, ed un secondo livello più
profondo che non ha confini temporali, un’indagine che non cade mai in
prescrizione.
Gunnar Barbarotti è annientato,
letteralmente annientato, dalla scomparsa di Marianne. E’ per questo che il
commissario Asunander gli affida un caso vecchio di cinque anni, una sorta di
indagine terapeutica, per tenerlo occupato, mentre la collega Eva Backman ha
per le mani un caso molto ‘hot’, la morte di un esponente del partito
Democratico: un assassinio politico? un semplice caso di avvelenamento da cibi?
E comunque, alla fine, anche questa morte offrirà uno spunto di riflessione
sulla casualità della Morte, sull’ironia beffarda che si cela nella morte di
alcuni.
Barbarotti
sembra incapace di reagire, di interessarsi ad alcunché. Poi, a poco a poco, si
lascia coinvolgere: Ellen Bjarnebo, che era rimasta impressa nella mente di
tutti come “la squartatrice di Lilla Burma”, aveva sposato Arnold Moringer dopo
essere uscita di prigione. Aveva un figlio, che aveva dodici anni nel 1989 e
che era stato affidato agli zii materni dopo la condanna della madre. All’epoca
dei fatti quasi non parlava, aveva rivisto la madre solo un paio di volte, ora
era sposato e sembrava condurre una vita normale. C’è tutta una serie di
domande a cui Gunnar Barbarotti si sforza di trovare una risposta, da quella
che più ha a che fare con il suo lavoro,- che fine ha fatto Arnold Morinder?-,
lo ha ucciso la moglie che, però, questa volta, non ha confessato proprio
nulla? Il pregiudizio vuole che una volta squartatrice, sempre squartatrice…E
poi, che cosa è successo veramente nel 1989, nella piccola tenuta di Lilla
Burma? A Barbarotti non dovrebbe interessare, quello è un caso chiuso, ma
l’incertezza affiora, soprattutto dopo aver incontrato Ellen, una donna non più
giovane, di grande dignità, che passa lunghi periodi presso un’amica in
Lapponia.
Il tempo della narrazione si sposta avanti
e indietro, i capitoli si alternano, quelli in cui Barbarotti è protagonista e
quelli in cui la scena è Lilla Burma e la vita d’inferno che Harry Helgesson
faceva condurre alla moglie e al figlio. Siamo pronti alla sua morte, ci sembra
un giusto anticipo della pena eterna, pensiamo di aver capito di più di quello
che ha capito la polizia. Il contrasto tra l’amabile Barbarotti che ha
veramente amato Marianne e il brutale Harry che picchia moglie e figlio, o tra
Barbarotti che interroga con rispetto e comprensione ‘la squartatrice di Lilla
Burma’ e il suo cinico secondo marito, ci fa pensare agli ‘uomini che odiano le
donne’ della trilogia di Stieg Larsson e a quanto sia difficile affidarsi solo
alla giustizia. Anzi, quando il finale verrà svelato, dovremo convenire che la
giustizia umana è spesso fallibile e sospendere il nostro, di giudizio- come fa
Barbarotti.
L’appuntamento con Håkan Nesser è di quelli da non perdere-
non ci delude mai. I suoi libri non sono ‘gialli’, sono dei ‘romanzi con
delitto’ in cui si indaga sulla vita e sulla morte, su come si dovrebbe vivere
pensando alla fine ineluttabile.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it