giovedì 26 settembre 2024

Kristen Loesch, “La bambola di porcellana” ed. 2024

                             Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                                        love story

Kristen Loesch, “La bambola di porcellana”

Ed. Marsilio, trad. Valeria Raimondi, pagg. 387, Euro 19,00

      Un prologo con una favola, In un regno lontano, in una terra dimenticata, viveva una bambina che assomigliava in tutto e per tutto alla sua bambola di porcellana. La favola, anzi, le favole, saranno il leit motiv del romanzo di Kristen Loesch e, se dapprima le leggiamo interpretandole per quello che sono, per quello che raccontano nella tradizionale chiave fantastica, poi iniziamo a sospettare che queste favole, scritte a mano e raccolte in un quaderno che la madre lascia alla protagonista, la figlia Rose, abbiano un significato nascosto, che contengano un messaggio che deve essere decrittato- ma a Oxford non ha studiato proprio per questo, Rose?

Anche la bambola sarà un ‘personaggio’ ricorrente. Bambola si dice Kukolka, in russo. E Aleksej Ivanov, che assume Rose perché lo accompagni a Mosca, vuole rintracciare una donna- la chiamavano Kukolka, perché aveva un viso da bambola.


   Londra 1991. È Rose che racconta del suo primo incontro con il quasi centenario Aleksej Ivanov ad una presentazione in cui leggeva brani tratti dal suo libro di memorie, “L’ultimo bolscevico”. Ivanov era stato prigioniero in un gulag e quel piccolo libro con la copertina rossa narrava del periodo che aveva passato ai lavori forzati per costruire il canale del Mar Bianco: 170.000 i detenuti impiegati, 25.000 i morti, 20 mesi per costruirlo tra il 1931e il 1933, terminato con quattro mesi di anticipo sulla programmazione.


Rose era nata a Mosca e vi aveva passato i primi dieci anni della sua vita. Dopo l’evento traumatizzante in cui sua sorella e suo padre erano stati uccisi, lei e la madre erano fuggite in Inghilterra. Soltanto sua madre la chiama ancora Raisa. Lei ormai si sente inglese, ha studiato a Oxford, ha un fidanzato inglese. E tuttavia qualcosa la chiama al passato, un desiderio di sapere di più su quello che è successo perché non ha mai dimenticato il viso dell’uomo che ha distrutto la sua famiglia. Accetta la proposta di Ivanov e ritorna in Russia.

   Pietrogrado, non ancora Leningrado, non ancora san Pietroburgo, 1915. Antonina, chiamata con il diminutivo di Tonja, è la sposa sedicenne di un uomo più anziano che lei non ama. Lui le ha dato la ricchezza, la splendida casa sulla Fontanka, ma lei si sente come uno degli oggetti della sua collezione. I tempi stanno cambiando, soffiano i venti della rivoluzione, Tonja finirà per innamorarsi di un giovane dagli occhi ardenti, un rivoluzionario, un bolscevico.

la Fontanka

    Le due narrative scorrono parallele, quella di una ricerca duplice- di una donna con il viso da bambola, di un uomo che aveva ucciso due persone e della propria identità da parte di Rose sempre più Raisa- e quella della fanciulla innamorata che attraversa un secolo di Storia in cui la Russia diventa Unione Sovietica per poi tornare ad essere Russia, segnato dalla Rivoluzione, dalle speranze in una grande utopia, dal Terrore e dalle Purghe staliniane, dai gulag, dall’assedio di Leningrado. C’è anche una duplice storia d’amore, perché anche Rose, come Tonja, incontra un altro uomo, anche lei tradisce. E Kukolka? Rose incontra anche Kukolka, riconoscendosi in lei.

    Anche se nel finale, ricco di colpi di scena, troppe delle cose che vengono svelate, troppi dei misteri della trama sono poco credibili, il romanzo è una lettura appassionante che difficilmente si riesce ad interrompere, con echi di ‘Anna Karenina’, di Solzenytsin e qualcosa del ‘Dottor Živago’.



 

   

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