Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
love story
Kristen Loesch, “La bambola di porcellana”
Ed.
Marsilio, trad. Valeria Raimondi, pagg. 387, Euro 19,00
Un prologo con una favola, In un regno lontano, in una terra
dimenticata, viveva una bambina che assomigliava in tutto e per tutto alla sua
bambola di porcellana. La favola, anzi, le favole, saranno il leit motiv del romanzo di Kristen Loesch
e, se dapprima le leggiamo interpretandole per quello che sono, per quello che
raccontano nella tradizionale chiave fantastica, poi iniziamo a sospettare che
queste favole, scritte a mano e raccolte in un quaderno che la madre lascia
alla protagonista, la figlia Rose, abbiano un significato nascosto, che contengano
un messaggio che deve essere decrittato- ma a Oxford non ha studiato proprio
per questo, Rose?
Anche la bambola sarà un ‘personaggio’ ricorrente. Bambola si dice Kukolka, in russo. E Aleksej Ivanov, che assume Rose perché lo accompagni a Mosca, vuole rintracciare una donna- la chiamavano Kukolka, perché aveva un viso da bambola.
Londra 1991. È Rose che racconta del suo primo incontro con il quasi centenario Aleksej Ivanov ad una presentazione in cui leggeva brani tratti dal suo libro di memorie, “L’ultimo bolscevico”. Ivanov era stato prigioniero in un gulag e quel piccolo libro con la copertina rossa narrava del periodo che aveva passato ai lavori forzati per costruire il canale del Mar Bianco: 170.000 i detenuti impiegati, 25.000 i morti, 20 mesi per costruirlo tra il 1931e il 1933, terminato con quattro mesi di anticipo sulla programmazione.
Rose
era nata a Mosca e vi aveva passato i primi dieci anni della sua vita. Dopo
l’evento traumatizzante in cui sua sorella e suo padre erano stati uccisi, lei
e la madre erano fuggite in Inghilterra. Soltanto sua madre la chiama ancora
Raisa. Lei ormai si sente inglese, ha studiato a Oxford, ha un fidanzato
inglese. E tuttavia qualcosa la chiama al passato, un desiderio di sapere di
più su quello che è successo perché non ha mai dimenticato il viso dell’uomo
che ha distrutto la sua famiglia. Accetta la proposta di Ivanov e ritorna in
Russia.
Pietrogrado, non ancora Leningrado, non
ancora san Pietroburgo, 1915. Antonina, chiamata con il diminutivo di Tonja, è
la sposa sedicenne di un uomo più anziano che lei non ama. Lui le ha dato la
ricchezza, la splendida casa sulla Fontanka, ma lei si sente come uno degli
oggetti della sua collezione. I tempi stanno cambiando, soffiano i venti della
rivoluzione, Tonja finirà per innamorarsi di un giovane dagli occhi ardenti, un
rivoluzionario, un bolscevico.la Fontanka
Le due narrative scorrono parallele, quella
di una ricerca duplice- di una donna con il viso da bambola, di un uomo che
aveva ucciso due persone e della propria identità da parte di Rose sempre più
Raisa- e quella della fanciulla innamorata che attraversa un secolo di Storia
in cui la Russia diventa Unione Sovietica per poi tornare ad essere Russia,
segnato dalla Rivoluzione, dalle speranze in una grande utopia, dal Terrore e
dalle Purghe staliniane, dai gulag, dall’assedio di Leningrado. C’è anche una
duplice storia d’amore, perché anche Rose, come Tonja, incontra un altro uomo,
anche lei tradisce. E Kukolka? Rose incontra anche Kukolka, riconoscendosi in
lei.
Anche se nel finale, ricco di colpi di scena, troppe delle cose che
vengono svelate, troppi dei misteri della trama sono poco credibili, il romanzo
è una lettura appassionante che difficilmente si riesce ad interrompere, con
echi di ‘Anna Karenina’, di Solzenytsin e qualcosa del ‘Dottor Živago’.
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