Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
Magda Szabó, “La notte dell’uccisione del maiale”
Ed. Anfora,
trad. F. Ciccariello, a cura di M. Szilágyi, pagg. 288, Euro 17,50
Che titolo crudo e cruento, “La notte dell’uccisione del maiale”. Ci
comunica un senso di disagio, una sensazione di qualcosa di sgradevole,
contiene un’oscura minaccia, come se niente di buono potesse avvenire la notte
in cui si uccide il maiale e poi si fa festa, e ha ragione il piccolo Anti che,
ogni anno, piange abbracciando il maiale nella stalla, perché non vorrebbe
vederlo finire così. E “La notte dell’uccisione del maiale” è una vera e
propria tragedia che si prepara lentamente, ad iniziare dal pomeriggio, per
compiersi, in maniera brutale ma non inaspettata, durante la notte, sul far del
mattino.
I personaggi sono molti, ne troviamo una
lista prima di incominciare la lettura. Non lasciatevi impressionare dai tanti
nomi e nomignoli, li conosceremo tutti- e benissimo- prima della fine, perché
Magda Szabó è
straordinaria: passa la parola (che a tratti diventa flusso di coscienza) e il
punto vista dall’uno all’altro. Le voci si rincorrono, si sovrappongono,
l’ordine temporale viene scardinato, il presente si mescola con i ricordi del
passato. Finché il quadro si ricompone, ordine è fatto, quanto accade era da
lungo tempo annunciato. E, almeno per uno dei personaggi, non ci dispiace
neppure.
E’ il dicembre del 1955. I non più giovani
ricordano di certo lo shock nel vedere i carri armati sovietici a Budapest nel
1956. La vicenda del romanzo si svolge a Debrecen, la cittadina dove nacque
Magda Szabó nel
1917, e coinvolge due famiglie agli estremi opposti della scala sociale- i
ricchi Kémery (o ex ricchi con il nuovo regime comunista) e i Tóth che abitano i via dei Saponieri. E questo già dice
tutto. L’intera famiglia Tóth
si è sacrificata per far studiare János che è diventato maestro, ha alle spalle trentatre anni
di servizio e insegna tuttora con passione. Perché János è un ottimo maestro, amato e rispettato da
genitori e studenti. Agli inizi della carriera dava lezioni private allo
sfortunato Gyözö Kémery (sapremo dopo come Gyözö abbia
perso la voce, ci viene da piangere) e fu così che incontrò e si innamorò della
sorella di questi, Paula. Mai János
avrebbe creduto di poterla sposare. Anche noi non ce ne capacitiamo. János e Paula hanno due figli, Andrea di venticinque
anni e il piccolo Antal, nato dopo il ritorno di János dalla guerra e dalla prigionia. Nessuno si fa
domande su quanto siano diversi sorella e fratello, János cerca di non fare caso al disprezzo negli sguardi
e nel tono di voce di Andrea- tra sé e sé, riferendosi a lui, sia la figlia sia
la moglie lo chiamano “Brusca”, una parola che indica la spazzola per i
cavalli. Quanta altezzosità, quanto svilimento, in questo soprannome. Tutta
l’ammirazione va, invece, all’amico di sempre della famiglia Kémery, il dottor
Szalay, un uomo che non la merita affatto, al contrario di suo padre, il
vecchio dottor Szalay, una figura splendida.
Se la famiglia Kémery non ha mai accettato l’inserimento tra di loro del
povero János (non sa mangiare, è rozzo, non sa comportarsi in pubblico,
eppure quanto ci piace con la sua ingenua bontà e il suo cieco amore), neppure
i Tóth hanno accolto tra di loro Paula. Anzi, dopo il primo
incontro- un totale fallimento- si è creato un baratro tra le famiglie.
Due dettagli diversi all’inizio del libro servono da pretesto per
introdurci le famiglie e dare il via all’azione: János ha appena saputo che sua madre e sua sorella potranno
riaprire la rivendita del sapone e Paula chiede a János di andare dalla zia per chiederle gli strumenti per la
macellazione del maiale. Mi fermo qui. E
però non sono riuscita a interrompere la lettura (neppure voi ci riuscirete),
incantata dalla bravura di Magda Szabó nell’accumulare i dettagli che
ricostruiscono il passato, nel portare in vita il presente e nel rendere
memorabili i suoi personaggi. Con i loro traumi, le loro infelicità, i ricordi
delle persone morte (molto spesso tragicamente), le decisioni difficili contro
coscienza, le scelte di vita, gli amori. Fino all’epilogo necessario e
inevitabile.
Propongo il premio Nobel alla memoria di una grandissima scrittrice.
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