la Storia nel romanzo
love story
Bernhard Schlink, “Olga”
Ed. Neri Pozza, trad. S. Kolb e C.
Proto, pagg. 221, Euro 17,00
E’ scandito in tre tempi, come tre movimenti musicali, il nuovo romanzo
dello scrittore tedesco Bernhard Schlink, diventato famoso (dopo aver scritto
ottimi romanzi polizieschi) con “A voce alta” pubblicato in Italia nel 1995,
una storia in parte autobiografica da cui è stato tratto anche un film. Una
prima parte con l’infanzia di Olga, la protagonista che dà il titolo al
romanzo, e poi l’adolescenza e l’amore di Olga per Herbert, una seconda parte
in cui la narrazione prosegue in prima persona con la voce di Ferdinand
diventato amico di Olga al tempo in cui, licenziata dal suo lavoro di
insegnante, questa si recava a cucire in casa del ragazzo, e infine una terza
parte, interamente di lettere scritte da Olga a Herbert tra il 1913 e il 1971.
Nel 1880 a Breslavia Olga è una bambina silenziosa e osservatrice.
Rimasta orfana, va a vivere in Pomerania con una nonna che non la ama. Olga
diventa amica di Herbert e Viktoria Schröder, figli del proprietario di una grande tenuta nella piccola città in
cui vivono. La differenza di classe sociale è grande, eppure, tra i tre
giovani, è Olga la più brillante, più intellettualmente curiosa, desiderosa di
studiare- riesce infatti a diventare maestra. Va da sé che Herbert e Olga si
innamorino e che la famiglia di Herbert osteggi questo matrimonio. E così, un
po’ per evitare una decisione, un po’ perché suggestionato dall’idea di una
grande Germania, Herbert si arruola e parte per le colonie dell’Africa
dell’Ovest. Ne ritorna con visioni del deserto, di spazi infiniti che cerca di
ritrovare dirigendosi verso l’estremo Nord, progettando una spedizione
megalomane alla ricerca di un passaggio a Nord-Est da cui non fa ritorno.
genocidio degli Herero |
L’andamento della narrazione, in questa prima parte, è pacato, molto
viene solo accennato, come il genocidio degli Herero in Namibia- Olga non sa in
quale misura Herbert vi abbia preso parte. Sembra quasi un’anticipazione
funesta del genocidio più grande che sarebbe stato commesso dopo e di cui- di
nuovo- si accennerà soltanto, più tardi, con il personaggio di Eik, il bambino
prediletto da Olga che si arruolerà da adulto nelle SS e tornerà dalla
prigionia in Russia nel 1955.
Il registro narrativo cambia nella
seconda parte- interessante il passare dal racconto in terza persona a quello
in prima persona di Ferdinand e poi ancora a quello in prima persona ma con le
parole scritte da Olga nelle lettere. La seconda parte mira proprio al
ritrovamento delle lettere che Olga scrisse a Herbert Fermo Posta a Tromsø- e sembra quasi un espediente come quello del
manoscritto ritrovato che in genere serve da introduzione ad un romanzo, mentre
qui le lettere che spuntano miracolosamente fuori (pagate una cifra
esorbitante) sono la conclusione e lo svelamento di parecchi segreti.
Le pagine
di Ferdinand, forse per la differenza di età tra il ragazzo e la sarta Olga che
ci fa pensare a quella tra Michael e Hannah, riecheggiano quelle di “A voce alta”,
con la grande differenza che non c’è alcuna implicazione sessuale nel rapporto
di amicizia tra i due. E una cartolina che arriva dal passato- quando Olga è
già morta in circostanze non chiare- è lo spunto per una ricerca che ha in
serbo numerose sorprese.
Tutta Olga si rivela nelle lettere, scritte con passione, con fiducia
incrollabile. Perché Olga non può credere che Herbert sia morto, si sente certa
che il suo amore sia forte abbastanza per dare a lui la forza di resistere nei
ghiacci delle isole Svalbard. E anche quando ormai non ci crede più, continua a
scrivergli perché è solo con lui che può parlare e confessarsi interamente. E
questa terza parte, delle lettere di Olga, è la più bella del libro.
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