Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
dramma
love story
Kent Haruf, “Vincoli”
Ed. NN, trad. Fabio Cremonesi, pagg.
264, Euro 18,00
1977. Nell’ospedale di Holt, la cittadina immaginaria del Colorado dove
Kent Haruf ambienta i suoi romanzi, l’ottantenne Edith Goodnough giace in un
letto, attaccata alle flebo. Fuori della porta un poliziotto fa la guardia.
Arriva in città un giornalista a caccia di una storia che faccia un bel titolo
e viene trattato in malo modo da Sanders Roscoe che abita nella fattoria vicino
a quella dei Goodnough- sembra tutto così facile e chiaro, vero? al giornalista
sembra di avere capito tutto, no? E invece non ha capito proprio nulla, nessuno
può capire senza conoscere bene Edith e la sua famiglia. Ed infine è proprio
lui, Sanders Roscoe, figlio di quel John Roscoe che aveva amato Edith senza
speranza, a raccontare la storia dei Goodnough.
I vecchi Goodnough erano arrivati dall’Iowa in Colorado nel 1896. Invece
dei ricchi campi che avevano lasciato, avevano trovato polvere e rocce. Avevano
avuto due figli, Edith e Lyman. Quando Ada Goodnough era morta- per sfinimento
oltre che per malattia-, Roy aveva continuato a lavorare con i figli quella
terra arida. Un uomo tremendo, Roy Goodnough, un padre padrone che era
diventato ancora più irascibile e dispotico dopo aver perso le dita di entrambe
le mani dentro la mietitrebbiatrice. Era stato allora che il sogno d’amore di
Edith aveva avuto il breve tempo di nascere e morire. Avrebbe forse potuto
sposarsi e lasciare il peso del padre in quelle condizioni a suo fratello?
“Perché, stammi a sentire:”- sono le parole che terminano il
primo capitolo. Se Perché, stammi a
sentire fosse l’incipit, sarebbe memorabile quanto Chiamami Ismaele. Si rivolge proprio a noi, c’è urgenza in quelle
parole, è una storia che dobbiamo capire, che di certo lo sceriffo non ha
raccontato in maniera giusta al cronista curioso, che dobbiamo sapere prima che
Edith Goodnough (e Sanders Roscoe, correggendo stizzito la pronuncia del
giornalista, ci ha insegnato a dire questo nome) compaia in tribunale su una
sedia a rotelle. Accusata di che cosa? Dobbiamo aspettare prima di saperlo. Per
ora sappiamo solo che c’è stato un incendio. E Sanders racconta e nel suo
racconto la storia dei Goodnough si intreccia con quella dei Roscoe, fin da
quando sua nonna aveva aiutato Ada Goodnough a partorire. E’ una lunga storia
che parla di crudeltà e meschinità, di amore e di sacrificio, della fuga del
figlio maschio di Roy Goodnough e dell’abnegazione che è rinuncia di sé di
Edith, del ritorno di Lyman anziano su una sfolgorante Pontiac, di ‘ties that
bind’ come dice il titolo originale, lacci che legano, come il fil di ferro che
causa l’incidente che menoma Roy, come il filo di seta che unisce John Roscoe e
poi suo figlio Sanders e dopo ancora la bambina Rena ad Edith. Fino ad un altro
incidente che mette fine al breve intermezzo di gioia e libertà di cui aveva
goduto Edith. Perché la vita è ingiusta ed è inutile lamentarsi.
Più che mai, in questo libro pubblicato per la prima volta nel 1984 in
cui Holt appare sullo sfondo lasciando il primo piano alle fattorie, alla terra
e agli allevamenti, Kent Haruf ci tiene avvinti e ci incanta con la sua
narrazione- un lungo discorso diretto che riesce, in qualche maniera, a passare
la parola ai personaggi come se fossero loro stessi a raccontare in prima
persona. Tutto ci affascina in questa vicenda, l’intuizione oscura di quello
che accadrà inevitabilmente, l’ammirazione per la protagonista e, insieme, il
desiderio che si ribelli ad un destino così ingiusto e che qualcosa per lei
possa cambiare, perfino lo sgomento che proviamo per la durezza di un’esistenza
che ci fa apparire celestiale la nostra. E lo stile limpido di Haruf dà
brillantezza ai colori, esalta le espressioni dei visi, ci trasporta a Holt.
Nel suo crudo realismo, il più bello dei romanzi di Kent Haruf.
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