Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
love story
la Storia nel romanzo
Kamila Shamsie, “Io sono il nemico”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. pagg.
282, Euro 18,00
Una parola: pietas. Un personaggio mitico: Antigone. Una scultura: la Pietà di Michelangelo, sia quella che
ammiriamo in San Pietro, sia quella, ancora più dolorosamente tragica,
conservata al Castello Sforzesco di Milano. Parola, personaggio e scultura si
rincorrono nella nostra mente quando terminiamo di leggere “Io sono il nemico”,
il romanzo di Kamila Shamsie che ha vinto il “Women’s Prize for Fiction 2018”. Pietas con il significato latino,
l’insieme di doveri verso gli uomini, la scultura di Michelangelo che meglio
esprime lo strazio della morte di una persona amata, l’Antigone della tragedia
di Sofocle che esige la sepoltura del fratello anche se è diventato il nemico
della loro città. Riscrivendo un’ “Antigone” ambientata nei tempi moderni,
Kamila Shamsie testimonia la validità eterna di certi comportamenti e di certi
doveri etici.
Isma, Aneeka e Parvaiz Pasha sono figli di
pakistani trapiantati a Londra, e Londra, insieme a Amherst (Massachussets),
Istanbul, Raqqa (Syria) e Karachi, sono i cinque luoghi- come i cinque atti di
una tragedia- in cui si svolge la trama. I tre Pasha sono orfani, Isma si è
occupata dei gemelli Aneeka e Parvaiz dopo la morte della madre ed ora che sono
grandi ha ripreso gli studi- seguirà i corsi per un dottorato ad Amherst. Il
padre è scomparso presto dalle loro vite- era un terrorista o era un eroe? E
comunque è morto in circostanze misteriose mentre veniva portato nel carcere di
Guantanamo. Ad Amherst Isma conosce per caso Eamonn, figlio del Ministro degli Interni britannico,
un pakistano che ha preso le distanze dall’islam, che ha una moglie irlandese e
ha irlandesizzato il nome arabo del figlio maschio (ricordiamo che, in Sofocle,
il fidanzato di Antigone si chiamava Emone). Questo preludio dell’azione è una
lenta introduzione, come tutti i primi atti. Sappiamo poco di Parvaiz mentre Isma è ad Amherst, soltanto che le due
sorelle non lo vedono da un po’ di tempo. E ‘il primo atto’ termina con Aneeka
che accusa la sorella di essere stata lei a denunciare Parvaiz alla polizia.
Il romanzo di Kamila Shamsie sembra,
dapprima, una doppia storia d’amore, quella, frustrata, di Isma per il
fascinoso e nullafacente Eamonn, e poi quella, trionfante di splendida
giovinezza, della spregiudicata Aneeka (si copre il capo con l’hijab ma non si
fa problemi ad andare a letto con Eamonn appena lo conosce). E potrebbe anche
essere un re-make della storia d’amore di Romeo e Giulietta: come può non
essere contrastato il legame tra la figlia di un terrorista e il figlio del
ministro dell’Interno che intende togliere la cittadinanza britannica a
chiunque abbia a che fare con i jihadisti? Ma: se Aneeka sapeva di chi è figlio
Eamonn, aveva un secondo fine quando lo ha seguito a casa sua? E: che cosa
succederà quando Eamonn saprà che Parvaiz ha inseguito il mito del defunto padre,
eroico combattente? Perché questo è quello che ha fatto Parvaiz, e le pagine in
cui il gemello diciannovenne è al centro della scena sono uno studio delle
tecniche reclutatrici jihadiste, una trappola mistificante e ingannatrice.
Quando il dramma si sarà compiuto, è il
tempo delle scelte. Qual è il dovere primario nei confronti di un morto? Quale
quello nei confronti di chi lo piange? La pietas
è segno di debolezza? Aneeka non ha dubbi, lei sa che cosa fare, madonna
piangente sul corpo del fratello nella bara di ghiaccio. Lei non cederà. Isma è
solidale con la sorella- non accetteranno che si ripeta quello che è successo
al padre, scomparso nel silenzio. Come si comporterà il ministro che ora si
vede attaccato sia dai britannici sia dai musulmani? E il fragile Eamonn
acquista la sua grandezza, diventa un uomo. Troppo tardi, perché questa è una
tragedia e sappiamo come finiscono le tragedie.
Bello, da pensarci sopra, da leggere.
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