domenica 9 novembre 2025

Intervista a Kristen Loesch, autrice de "La vedova di Hong Kong" 2025

                          Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                 cento sfumature di giallo

                                  mystery


Cina, Hong Kong, presente, passato, un assassinio di cui sono rimaste tracce di sangue senza cadaveri, fantasmi e burattini. Parliamo con Kristen Loesch
 del suo intrigante romanzo, “La vedova di Hong Kong”.

Ho osservato che Lei scava nel passato dei suoi personaggi  e dei paesi in cui vivono- era così ne “La bambola di porcellana” e pure ne “La vedova di Hong Kong”. Che cosa La affascina nel passato?

   La verità è che non lo so! Tutto quello che so è che sono sempre stata attratta dalla Storia. Ho studiato Storia all’Università e ho esplorato elementi di Storia russa per la mia tesi del Master. Mi piaceva soprattutto la scoperta della Storia al di là dei libri di testo: la vita della gente comune, le storie che si perdono nel tempo e, più di tutto, i segreti. Sento come se il passato estendesse i suoi tentacoli in così tanti aspetti della nostra vita. E tuttavia, in un certo senso, ci è per sempre inaccessibile- questi temi affiorano con forza nei miei libri.

Parlando del passato- non sapevo che ci fosse un ghetto a Shanghai. Era molto affollato? Aveva cancelli che venivano chiusi di notte, come quelli in Europa? O era semplicemente un’area in cui erano rinchiusi gli ebrei?

il ghetto di Shanghai nel 1943

     Non è l’unica, penso che siano in molti a non sapere che c’era un ghetto a Shanghai. Mentre cresceva la persecuzione degli ebrei nella Germania nazista degli anni ‘30 del ‘900, Shanghai era uno dei pochi posti al mondo in cui i rifugiati ebrei erano benvenuti. Quindi c’era una popolazione abbastanza numerosa quando la Guerra del Pacifico si intensificò nei primi anni ‘40. Era molto affollata, c’erano molti cinesi che vivevano già nell’area designata per i cosìddetti ‘rifugiati apolidi’ e le condizioni di vita erano miserabili. No, non aveva un cancello, ma soltanto alcuni residenti con lasciapassare speciali potevano uscire. Era controllato da amministratori giapponesi e pattugliato da soldati giapponesi.

In entrambi i romanzi Lei trasporta il lettore in paesi lontani- era la Russia nel primo romanzo ed è la Cina in questo. Da dove proviene il suo interesse per questi paesi?

    In entrambi i casi il mio interesse risale alla storia della mia famiglia, e, stranamente, al mio nonno materno. Era originario della Cina settentrionale e aveva una parte di sangue russo. Per quello che riguarda la Russia, poi, fin da bambina mi sono sentita attratta dalla letteratura russa.

    Mi è piaciuta la voce della protagonista de “La vedova di Hong Kong”. Mi è piaciuta molto la sua voce di quando era bambina. C’è un personaggio nel romanzo nei cui panni Le è stato più difficile mettersi? Io ho pensato che Holly Zhang fosse un personaggio difficile e ambiguo.

    Grazie per le sue parole gentili sulla voce di Mei. Di tutti i miei personaggi, è per Mei che provo più affetto e mi chiedo se sia per tutto il tempo che passiamo con lei nella sua giovinezza, quando è così innocente ed interamente alla mercé delle persone e delle forze intorno a lei. É stato divertente scrivere di Holly Zhang, anche se ha ragione a dire che è ambigua e poi ci sono in lei molte parti in conflitto- mi è piaciuta la sfida di scriverne. Direi che il personaggio di cui mi è stato più difficile scrivere è quello di Mei come giovane donna (è stato più facile scrivere di lei da bambina e poi da donna anziana), e, dopo Mei, ho trovato difficile scrivere di Jamie.

      Come è riuscita a seguire i tre filoni temporali in maniera coerente? Non faceva confusione?

    É stato certamente un compito difficile entrare ed uscire in tre narrative. Non sono certa che lo rifarò. Ci sono state alcune volte in cui ho dovuto separare I tre filoni temporali in tre diversi documenti Word e lavorarci uno alla volta per essere certa che la storia scorresse. Mi sentivo spesso sopraffatta e tuttavia amavo quei momenti quando riuscivo a sentire che i filoni si incastravano acquistando significato. Sono questi i momenti che amo di più anche come lettrice di romanzi storici su diversi piani temporali.

     Nella nota a fine libro accenna ai suoi parenti cinesi e al tempo passato a Hong Kong- che cosa c’è della storia della sua famiglia nel romanzo? Che cosa ha conservato, in Lei, della sua eredità cinese? Voglio dire- c’è in Lei qualcosa che pensa sia dovuto all’origine cinese della sua famiglia?

    Nel libro ho intessuto molte delle esperienze giovanili di mio nonno: come Mei, veniva da un piccolo villaggio rurale, finì a Shanghai e poi dovette fuggire dalla Cina durante la Rivoluzione Comunista. Come Mei, non rivide più nessuno di quelli che si era lasciato alle spalle. Trovava difficile parlare di quei decenni della sua vita, il che naturalmente mi rendeva ancora più interessata a saperne qualcosa, ma so che erano molto dolorosi. Penso che, scrivendo questo romanzo, io abbia cercato di onorare la mia eredità cinese e abbia anche cercato di sentirmi più vicina ad essa. Sono cresciuta parlando mandarino e in stretto contatto con la parte cinese della mia famiglia e voglio mantenere viva quella parte di me.


Perché scegliere il Peak per Maidenhair House?

     Quando vivevo a Hong Kong ero attratta dal Victoria Peak, dalla sua bellezza e dal suo mistero. Per tradizione è un’area molto ricca e appartata; naturalmente adesso ci sono sentieri su cui sciamano i turisti e in cima c’è una vasta piattaforma-belvedere, con ristoranti e tutto quello che ci si può aspettare come trappola per turisti in una grande città, ma, nello stesso tempo, è ancora inquietante e remota, con tratti che sono poco più che una giungla punteggiata da case nascoste. Una di queste case è una dimora abbandonata che ho usato come ispirazione per Maidenhair House, la magione  del mio romanzo. Si dice che sia infestata dai fantasmi e certamente lo sembra.

   I personaggi/non-personaggi più intriganti del romanzo sono I fantasmi (a proposito, li chiama ‘ghosts’ o ‘phantoms’? farebbe differenza?). Sono entrambi important nella cultura cinese. Che cosa rappresentano? I fantasmi sono forse sentimenti repressi o parti del passato dei personaggi? Le marionette sono una sorta di ‘doppio’?


    Li chiamo ‘ghosts’, ma questa è una grande domanda. La differenza tra ‘phantoms’ e ‘ghosts’ è sottile. ‘Ghosts’ in genere sono gli spiriti dei defunti. Il significato di ‘phantoms’ è più ampio e meno specifico. Un ‘phantom’ potrebbe essere un ‘ghost’ o potrebbe anche essere un altro tipo di apparizione, e ha anche un altro significato che si riferisce a un’illusione, a qualcosa di allucinatorio o di immaginato. Penso inoltre che ‘phantom’ abbia una sfumatura leggermente più minacciosa di ‘ghosts’, anche se non sono certa del perché. E sì, assolutamente, i fantasmi sono parte integrante della cultura cinese, c’è una mitologia ricca e affascinante su di loro, come pure ci sono tradizioni, festival, riti e così via. Questo si collega con il tradizionale teatro delle ombre cinese che viene usato per raccontare leggende e storie. Nel mio romanzo i personaggi sono tormentati sia da fantasmi veri e propri sia da fantasmi metaforici, da persone veramente morte ma anche dal loro stesso passato, in un certo senso da quello che sono stati. Penso che il teatro delle ombre sia un ottimo simbolo per questo: un burattino ombra è la rappresentazione piatta, bidimensionale, di una persona, incompleto per definizione, mancante di dettagli. Non controlla i suoi movimenti, non ha una sua potenza. In questo modo i burattini sono come fantasmi.

La peonia è una specie di simbolo che scorre per tutto il romanzo ed acquista significati diversi. Le peonie sono fiori molto cinesi, vero? Quando sono stata in Cina le ho viste ovunque, spesso su sciarpe e tessuti.


    Le peonie sono ovunque in Cina e probabilmente sono il fiore riconosciuto come il più cinese fra tutti, per i non-cinesi. Sono certa ci siano lunghi articoli, se non libri interi, dedicati al significato e all’importanza delle peonie. Nel romanzo la madre di Mei usava una peonia intagliata nella carta come firma e Mei indossa uno spillone per capelli con la peonia che riveste un gran significato per lei. La peonia simboleggia ricchezza, prosperità, successo e amore, fra le altre cose, e io volevo che questo piccolo simbolo incredibilmente positivo fosse qualcosa a cui Mei si aggrappa mentre affronta le sue molte sfide.

Sta già lavorando ad un altro romanzo con un’ambientazione diversa?

    E sì! Non mi è permesso dirne molto, ma posso dire che sarà in una nuova ambientazione e che sarà un altro thriller gotico su sfondo storico.



 

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