Voci da mondi diversi. Corea
Frances Cha, “La bellezza delle altre”
Ed.
Astoria, trad. Omboni e Russo, pagg. 251, Euro 19,00
Corea del Sud. Seoul. Cinque ragazze, tutte
più o meno ventenni, tutte che condividono miniappartamenti, officetel (uno dei
tanti termini del linguaggio della Corea di oggi), tutte con storie più o meno tristi alle spalle, tutte con
ambizioni che rispecchiano la società in cui vivono.
La bellissima Kyuri (quanta della sua bellezza è sua e quanta è dovuta a interventi chirurgici?) lavora in un room salon (locali molto esclusivi dove i clienti uomini vengono intrattenuti da belle ragazze che li spingono a bere); Ara fa la parrucchiera, è muta per un trauma subito quando era bambina e vive in adorazione di un noto cantante; Sujin (l’unica che non ha capitoli in cui è la protagonista dominante, ma appare negli altri delle sue amiche) vuole essere assunta pure lei in un room salon e investe tutti i risparmi per un intervento con lo stesso chirurgo che ha operato Kyuri. Non si tratta solo di rifare gli occhi (le donne asiatiche sono ossessionate dalla singola palpebra che è la loro caratteristica, vogliono avere la palpebra doppia come le donne occidentali), deve anche fare un intervento per ridurre la mascella squadrata che verrà tagliata e riposizionata smussando entrambi i lati: saranno cinque o sei ore di operazione, quattro giorni di ospedale, sei mesi perché il viso abbia un aspetto naturale. Naturalmente il chirurgo non parla del dolore, della fatica a masticare…Miho è un’artista e ha vinto una borsa di studio per un’università americana, al suo ritorno, però, resta anche lei intrappolata nel mondo del lusso e delle gallerie d’arte; Wonna, infine. Le ambizioni di Wonna sono del tutto diverse, Wonna va controcorrente. In una società in cui le ragazze non si sposano più, nonostante le suppliche materne, dove la natalità è pressoché zero, Wonna vuole un figlio, si sposa per avere un figlio, è incinta e ha il terrore di abortire, e naturalmente incontra difficoltà sul lavoro- che non pensi neppure di prendere dei mesi di aspettativa, pena il licenziamento.
Non c’è una vera e propria trama ne “La
bellezza delle altre”, i capitoli passano dall’una all’altra delle
protagoniste, ci sono le serate al room salon, le illusioni- che l’uomo che ha
regalato una borsa di Chanel abbia intenzioni serie, che il famoso cantante le
rivolga la parola, che il nuovo viso per cui si è sofferto tanto spalanchi
nuove porte-, le sbronze (quanto bevono, quanto vengono fatte bere, le ragazze
dei room salon), ci sono però anche le confidenze, i piccoli gesti di
solidarietà, di conforto, di amicizia fra le ragazze.
È una Corea del secondo millennio quella
che Frances Cha ci presenta nel suo romanzo, una Corea che è lontana anni luce
da quella dei genitori delle ragazze che sono preoccupati perché non si sono
ancora sposate.
Ci spaventa un poco questa Corea in cui quello che conta è l’apparire, la bellezza (Kyuri ha chiesto al chirurgo che il suo viso venisse modellato per assomigliare a quello di una famosa cantante)- un regalo diffuso per i diciotto anni è un intervento di chirurgia plastica (un personaggio minore del libro incomincia molto prima ad andare sotto i ferri) e poi non c’è fine ai ritocchi e a nuovi interventi- e la ricchezza.
D’altra parte già Scott Fitzgerald lo aveva detto, “i molto ricchi sono diversi”, e sono diversi anche i chaebol (quante parole coreane impariamo leggendo il romanzo! I chaebol sono le persone che appartengono a una famiglia ricca) de “La bellezza delle altre”- spendono, bevono, fanno costosi regali, ma trattano le ragazze del room salon come oggetti e obbediscono ai genitori quando devono scegliere una moglie. Questo è un doppio standard che, invece, non ha nulla di nuovo.
“If I had your face” è tante cose: un
romanzo al femminile (pensiamo a Frances
Cha come a una Jane Austen in un altro ambiente e più di due secoli dopo), un
romanzo di un nuovo tipo di cultura, un romanzo distopico eppure terribilmente
reale.




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