Voci da mondi diversi. Cina
Ed.
Atmosphere, trad. Stefania Stafutti, pagg. 200, Euro 17,00
Primo consiglio: non iniziate a leggere il
libro di Zhang Yueran pensando di calarvi in un’atmosfera romantica da san
Valentino, perché altrimenti non potete non restare delusi e del tutto
spiazzati. Perché c’è ben poco di amore ‘sano’ e normale, insomma di quello che
intendiamo per amore, nel libro intitolato “Dieci amori”.
La scrittrice era giovanissima, poco più che ventenne, quando ha pubblicato in Cina “Dieci amori”. Nata nel 1982, fa parte della generazione dei figli unici, di quella generazione post-anni Ottanta che ha un nome ben preciso, balinghou. Sono i giovani cresciuti in un clima di apertura del paese, quasi che la Cina avesse fretta di dimenticare e di rifarsi dopo lo sconquasso del lungo e doloroso decennio di Mao, segnato dalla Rivoluzione Culturale.
Zhang Yueran appartiene ad una famiglia colta, suo padre era docente universitario, lei stessa ha studiato alla Shandong University e dopo alla Università di Singapore. E la sua cultura si sente, in questa raccolta di racconti. Si sente nelle scelte linguistiche, nell’uso delle metafore (sottilissime) e delle similitudini (spesso originali), negli agganci sfumati sia alla letteratura della tradizione sia a quella di matrice occidentale- una vaga aria di Poe o di un certo Oscar Wilde aleggia nelle novelle. Che sono, a dir poco, sconcertanti. Sempre sul limite di due mondi, quello reale e quello dell’aldilà da cui spiriti e fantasmi ritornano a colloquiare con i vivi che ne avvertono la presenza con chiarezza.
Una ragazza, nel giorno del suo matrimonio,
viene rapita dal fantasma del suo innamorato che si era suicidato; una moglie
cede, una per volta, le sue ossa al marito artista che le usa per costruire
un’arpa (ma si prende la sua vendetta, prima di morire); una figlia uccide il
padre; un marito carica su una barchetta il corpo morto della moglie (chiedendo
l’aiuto della figlia bambina); una ragazza tiene prigioniera (per amore!) la
sorella in una stanza. Due racconti sono veramente intriganti- quello che ha
per protagonista il nostro Pinocchio (abbiamo mai pensato quanto sia
insensibile qualcuno fatto di legno?) a cui il naso ormai impedisce di
muoversi, e quello più propriamente di fantasmi, con una sposa senza testa che
si infila nel letto dell’imperatore- e uno, invece, posto in fine al libro,
“Chi ha ucciso il mese di maggio?”, è decisamente diverso. Vi appare un
fotografo e non il solito personaggio di un pittore ed è l’unico che termina
con un messaggio positivo.
L’amore, così come appare, si esprime sempre con violenza, e può essere violenza psicologica o fisica; spesso i legami d’amore nascono nell’infanzia e quasi sempre c’è del masochismo nelle ragazze che accettano i comportamenti maschili che le feriscono o le soffocano; così come la barriera tra il ‘qui’ e ‘l’aldilà’ è labile, lo è anche quella tra i due sessi- in un racconto il ragazzo amato appare vestito in jeans strettissimi ed una gonna, sovente i giovani sono bisex.
Il libro di Zhang Yueran, tradotto
benissimo da Stefania Stafutti che ne cura anche l’ottima postfazione di cui
abbiamo sentito la necessità mentre leggevamo. Perché il sentimento che provavamo
era di inquietudine, di perplessità, era come se qualcosa ci sfuggisse (ad esempio
il significato dei nomi che capiamo grazie a questa postfazione), come se ci
mancassero appigli culturali. Un libro che torneremmo a rileggere daccapo, dopo
essere stati ‘illuminati’.
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