Voci da mondi diversi. Penisola iberica
il libro ritrovato
valter hugo mãe, “La macchina per
fabbricare gli spagnoli”
Ed. Neri Pozza, trad. Barbara Bertoni, pagg. 277, Euro 16,50
Un uomo anziano attende nella
saletta di un ospedale. Sua moglie è stata ricoverata d’urgenza. Quando arriva
il medico, la notizia che deve comunicare è la peggiore che Antonio Silva possa
aspettarsi. Antonio non riesce a capacitarsi: come può averlo lasciato Laura,
suo unico amore? Fra un paio di anni avrebbero festeggiato i cinquanta di
matrimonio. Come potrà vivere senza di lei?
Presto detto. Almeno per quello
che riguarda la vita pratica quotidiana ci pensano i figli: Antonio sarà
ospitato nella casa di riposo per anziani dal beffardo nome “L’età felice”. Ed
è anche fortunato ad avere trovato posto: gli ospiti dell’Età Felice sono
novantatre, si può entrare se ne esce qualcuno- non vivo, di certo. E questo
diventerà un argomento di scherzi macabri- la necessità di dare una spintarella
(per così dire) a qualcuno che più che un ospite è un paziente che necessita di
cure, in modo da liberare un posto per qualcun altro in condizioni migliori di
salute e quindi più redditizio. La casa dell’Età Felice è come l’ultima
stazione a cui arriva un treno, con due fermate, però. Quando ci si avvicina
alla seconda fermata, si cambia anche di letto, si viene portati nell’ala
dell’edificio con vista sul cimitero. Mentre tutti gli altri, quelli in attesa
di scendere dal treno della vita, occupano le stanze che danno su uno spiazzo
in cui giocano i bambini. Quasi a ricordare loro di un tempo ormai molto
lontano, oppure che il futuro degli altri è lì, fuori della finestra.
Potrebbe essere un libro deprimente e
triste, “La macchina per fabbricare gli spagnoli” del portoghese valter hugo mãe (è lo scrittore ad usare i
caratteri minuscoli sia per il suo nome sia per la sua narrazione, anche dopo
il segno del punto). Invece è, paradossalmente, un singolare romanzo ‘di
crescita’ mentre seguiamo le tappe di un graduale cambiamento ascoltando la
voce narrante di Antonio Silva. Dopo un periodo iniziale di cupo mutismo in cui
è arrabbiato con tutti e si isola da tutti, Antonio incomincia ad uscire da sé,
a parlare prima con uno, poi con un altro degli ospiti, tutti descritti con
tocchi leggeri di ironia e pietas. Antonio è fortunato, non è comune continuare
ad amare la stessa donna per mezzo secolo ed esserne riamato, la maggior parte
di chi si trova lì ha ben poco per cui essere felice. La signora Marta, ad esempio,
è stata abbandonata da un marito più giovane che non si è più fatto vedere
(Antonio la renderà felice, scrivendole delle lettere a nome del marito);
Leopoldina vive del ricordo di un’unica notte d’amore con un famoso calciatore
(lei, però, all’epoca non sapeva chi fosse); lo spagnolo pazzo che urla sempre
e che si crede portoghese, non ha niente di meglio che sognare una macchina che
trasformi i portoghesi in spagnoli. C’è un centenario, poi, che si chiama
Esteves ed è convinto di essere entrato in una poesia di Pessoa, “Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato
Arrivederci Esteves!, e l’universo/ mi si è ricostruito senza ideale né
speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso”. Non importa se sia
vero o no, la fama tra gli amici è arrivata così a Esteves. Questa non è
l’unica incursione della letteratura nel libro di valter hugo mãe, c’è un gioco scherzoso di
rimandi che sembrano mettere alla prova la memoria dei lettori come quella
degli anziani. Non solo c’è un Pereira (pensiamo a Tabucchi), ma ad un certo
punto arrivano un commissario di polizia e il suo aiutante in quella che è una
presa in giro di un’inchiesta: si chiamano Jaime Ramos e Isaltino de Jesus e sono i due personaggi dei libri di indagine
poliziesca del noto scrittore portoghese Francisco José Viegas.
Salazar |
Si ha l’impressione di entrare ed
uscire dalla realtà, che poi è una doppia finzione letteraria, mentre Antonio
Silva è ‘maturo’ per ricordare altro che non sia solo la sua Laura. Ricordare
gli anni di Salazar e di come lui avesse avuto un momento di coraggiosa
ribellione, proteggendo un giovane oppositore del regime, per poi macchiarsi di
una tremenda colpa denunciandolo.
Un libro dolce e amaro, spruzzato di
ironia, una riflessione sulla vita e sulla morte, sulla necessità di essere
onesti con se stessi almeno alla fine del nostro viaggio sulla terra ed essere
capaci di trarre un pizzico di gioia da ogni minuto che ci resta.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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