Voci da mondi diversi. Giappone
Murakami Haruki, “La città e le sue mura incerte”
Ed.
Einaudi, trad. Antonietta Pastore, pagg. 560, Euro 21,80
Ormai lo sappiamo. Prima di iniziare a
leggere un romanzo di Murakami Haruki dobbiamo abbandonare la presa della
ragione, dobbiamo affidarci alla sua
scrittura senza farci tante domande. Solo allora siamo pronti alla lettura.
“La città e le sue mura incerte” è diviso
in tre parti. La prima è un rifacimento di una novella del 1980 che aveva lo
stesso titolo del romanzo. È la storia soffusa dell’incanto del primo amore di
un ragazzo diciassettenne e una ragazza che ha un anno meno di lui. Poi lei
scompare e lui, per cercarla, entra nella città che avevano passato ore insieme
ad immaginare, in ogni minimo dettaglio. Nella seconda parte il protagonista,
che ormai ha superato la quarantina, abbandona il suo lavoro e accetta
l’incarico di direttore di una biblioteca in una piccola città. Nella terza
parte, infine, la storia riprende il filo dentro la città dalle alte mura con
un nuovo personaggio che aveva addirittura disegnato una mappa della città
fantastica dopo averla sentita descrivere dal direttore della biblioteca.
La storia dei due adolescenti ha la dolcezza della scoperta dell’amore, fatto di passeggiate, di soste sulle panchine del parco, di parole, parole, parole. Lei racconta della città con alte mura, aggiungendo dettagli che rendono credibile l’incredibile.
Quando lei scompare e lui entra nella città per cercarla, noi lettori siamo messi alla prova. C’è un Guardiano che sorveglia le mura, nessuno può uscire, chi entra deve abbandonare la sua ombra, unicorni tristi si aggirano per le strade e sono gli unici che possono uscire e rientrare. Quando muoiono, il Guardiano provvede a bruciarli. Il ragazzo viene assunto nella biblioteca, il suo compito è fare il Lettore di Sogni. I sogni che gli vengono consegnati in lettura hanno la forma di uova e, per poterli leggere, ha dovuto accettare che i suoi occhi venissero feriti (non ci viene mai spiegato come e perché, possiamo solo immaginare che i sogni non possano essere letti con una capacità visiva perfetta). Ci arrovelliamo anche sul significato dell’ombra che finirebbe per morire se non si ricongiunge al suo proprietario, che cerca di convincerlo a fuggire con lei. E pensiamo a Peter Pan a cui Wendy cuce la sua ombra, a Schlemil ne “La storia straordinaria di Peter Schlemil” di von Chamisso che vende la sua ombra al diavolo per acquistare la ricchezza.
Nella seconda parte siamo in una città reale e il collegamento con la prima parte sembra è un’altra biblioteca- sembra allora che sia la biblioteca, il valore dei libri, il centro della narrazione. La realtà non è poi così semplice neppure in questa città isolata e con pochi abitanti. Il precedente direttore, che passa le consegne al protagonista, è un tipo stravagante. Indossa sempre un basco nero (e fin qui passi, anche se un basco in quella località del Giappone nessuno lo aveva mai visto) e una gonna a portafoglio sopra una calzamaglia nera. Ci spiegherà lui perché e quando ha iniziato a vestirsi così- è una storia molto triste. C’è dell’altro ancora, riguardo al vecchio direttore, dell’altro che, ancora una volta, è una sfida per la nostra ragione. Nella biblioteca, peraltro, incontriamo un altro personaggio che ha la sua dose di stranezza- un giovane con la sindrome del Savant, che ha, cioè, grandi limiti cognitivi ma anche capacità al di fuori della norma, ad esempio legge, legge sempre e legge di tutto e ricorda tutto.
È questo giovane, che il protagonista
chiama Yellow Submarine dalla scritta sulla sua felpa, che ci riporta nella
città dalle alte mura dove il cerchio si chiude.
“La città e le sue alte mura” è un romanzo
che ci lascia perplessi. Come ho detto prima, siamo abituati all’atmosfera
sospesa dei libri di Murakami, al passare dal mondo reale a quello immaginario
attraversando un confine trasparente, a dialogare con personaggi che solo i
protagonisti riescono a vedere, a cercare significati che possono essere
diversi per ogni lettore, ma questa volta c’è molto di ‘già letto’, la
narrativa è lenta e spesso ripetitiva. Ciò non toglie che non possiamo fare a
meno di domandarci perché mai, anno dopo anno, il Comitato del Nobel dell’Accademia
svedese non conferisca l’ambito premio a Murakami Haruki.
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