Voci da mondi diversi. Area germanica
romanzo di formazione
Elena Fischer, “Paradise Garden”
Ed.
Gramma, trad. Susanne Kolb, pagg. 272, Euro 18,05
Mia madre è morta questa estate.
Quattordici
anni è un’età di merda per perdere la madre.
Due
frasi così, in apertura del libro, sono un pugno nello stomaco. Un altro pugno
che ci fa piegare in due arriva subito dopo, durante il funerale ‘nel giorno
più caldo dell’anno’, mentre la bara viene calata nella fossa. Se lei sperava
che la mamma comparisse al suo fianco, la prendesse per mano e la portasse via-
be’, la mamma non era comparsa. È
comparso invece il mio primo ciclo. Può esserci qualcosa di più terribile
che diventare donna con il soprassalto di sentire il sangue scorrere sulle
gambe e avere appena perso la mamma che avrebbe potuto spiegare e rassicurare?
La mamma si chiamava (o si chiama, perché la sua assenza è una presenza costante a fianco della figlia) Marika e lei, la figlia che è l’io narrante, Billie. Soltanto a sette anni, a scuola, aveva scoperto che il suo vero nome era Erzsébet. La mamma diceva che Billie era un diminutivo, ma molto più tardi lei verrà a sapere che è tutto un altro nome, che c’è una canzone intitolata con questo nome. E che la canzone deve aver avuto un significato per il cuore della mamma.
Non abbiate timore che “Paradise Garden”
sia un libro sdolcinato, come i libri per l’infanzia del passato dove bambini
orfani scoprivano il nonno ricco o si addentravano in giardini segreti.
Potrebbe esserlo ma non lo è, perché la voce di Billie ride anche se vorrebbe
piangere mentre ricorda tanti episodi di vita passata, perché Marika è una
madre giovanissima e tremendamente simpatica, perché anche se in Marika e Billie c’è qualcosa di
Pollyanna (la protagonista del famoso romanzo per bambini di Eleanor Porter che
trova sempre qualcosa di positivo in tutto), ci divertiamo a leggere della
polvere di stelle che questa mamma spargeva su tutto, trasformando in un
divertimento andare a cercare i prodotti scaduti e scartati del supermercato
quando i soldi erano finiti, fare la doccia calda approfittando dell’ingresso
gratuito in piscina, far apparire la più grande avventura tuffarsi dal
trampolino di dieci metri, fingere di essere in villeggiatura mettendo le sedie
sul ballatoio quando faceva molto caldo. La mamma raccontava che se n’era
andata da casa, in Ungheria, perché sua madre la picchiava, che era stata la
prima ballerina al teatro di Budapest, che il padre di Billie l’aveva lasciata.
Era tutto vero?
La nonna, cattiva come quella delle fiabe, bussa alla loro porta, dice di essere ammalata e di avere bisogno di cure. Nella piccolissima casa in cui mamma e figlia abitano, la nonna si prende la stanza di Billie e tira fuori tutte le sue statuette di Gesù e le Bibbie (due, in caso una vada persa). È la fine dell’idillio. E poi succede il peggio, la vita di Billie ha una svolta, il romanzo ha una svolta.
Fino a questo momento l’ambientazione era stata il condominio di periferia degradata, oltre a Billie i personaggi erano stati la madre e la nonna, l’amica ricca e ‘traditrice’ di Billie e gli amici poveri e generosi che erano anche i vicini di casa, l’unico spostamento era stato il viaggio vagheggiato e mai fatto con i soldi vinti per una risposta giusta ad un quiz radiofonico, adesso tutto cambia e il romanzo diventa, fino ad un certo punto, un romanzo ‘on the road’ con Billie che, pur non avendo la patente, si mette al volante e parte. Per dove, non lo sa neppure lei di preciso. Ha un bagaglio minimo, l’importante è che abbia il quaderno su cui prende appunti perché vuole diventare una scrittrice.
“Paradise garden” era il nome del gelato
più grosso che la mamma aveva comperato per Billie, quello che Billie ha perso
è il Giardino dell’Eden, si chiama Sal Paradise il protagonista del romanzo “On
the road” di Kerouac che Billie sta leggendo- è una traccia per noi lettori?
Per Billie che vuole trovare suo padre, che sognava il mare caldo del Sud
dell’Europa e invece arriva sul mare del Nord? è il Paradiso quello che trova
in quell’isola semidisabitata e un poco selvaggia? Di certo mette insieme le
tessere del puzzle della vita di sua madre. Ognuno
ha la sua storia. Mia nonna ha una storia, ce l’ha mia madre e ce l’ho anche
io.
Un libro sfaccettato, che parla dell’amore,
dell’essere genitori e dell’essere figli, dell’urgenza di trovare se stessi
cercando le proprie radici. Un libro in cui l’eccesso di sentimento si stempera
nell’umorismo, forse velato di lacrime ma anche di tenerezza e di gioia di
vivere. Nonostante tutto.
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