vento del Nord
voci da mondi diversi. Paesi Bassi
Jan Brokken, “La suite di Giava”
Ed.
Iperborea, trad. Claudia Cozzi, pagg. 236, Euro 17,50
Tutto è iniziato con un brano musicale ascoltato per caso alla radio, “I giardini di Buitenzorg” di Leopold Godowski. Un pezzo di straordinaria bellezza che non crea solo la suggestione di palme fruscianti, ma riporta alla memoria l’immagine di sua madre. E con questa il desiderio, la necessità di conoscerla, di sapere del suo passato. Perché una cosa è subito chiara allo scrittore olandese Jan Brokken. Lui aveva conosciuto sua madre in Olanda e non l’Olga che era andata giovane sposa poco più che ventenne nelle colonie, in quelle che allora erano ‘le Indie’. Sua madre aveva ben poco in comune con Olga e lui, il figlio minore, nato dopo il ritorno dei genitori in Olanda, dopo la tremenda esperienza del campo di prigionia giapponese, dopo che il sogno dei suoi genitori si era trasformato in un incubo, sapeva ben poco di quella loro vita precedente- sono le lettere che gli consegna la zia a fargliela conoscere.
Il padre dello scrittore era un teologo ed
era stato mandato in Indonesia per studiare la storia e la fenomenologia delle
religioni, dell’islam in maniera particolare. Erano giovani ed entusiasti, Han
e Olga. Ed erano felici di allontanarsi dalla pesante atmosfera delle loro
famiglie olandesi. Olga era brillante e curiosa, imparava con facilità le
lingue, il makassar e il buginese, riusciva a stringere amicizia con le donne
del posto a cui insegnò perfino ad usare la macchina da cucire. L’amore di Han
e Olga, finalmente libero da freni moralistici, era una spinta ad avanzare
insieme in quella nuova esperienza, ad affrontare il dolore per la perdita
della prima figlia, a gioire, poi, per la nascita di due maschietti, uno dopo
l’altro.
Jan Brokken è il flâneur per eccellenza, un flâneur straordinario. I suoi passi non lo conducono solo verso i luoghi che fa riapparire davanti ai nostri occhi- i giardini di Buitenzorg con i loro viali, il fiore più grande e più puzzolente del mondo (la Rafflesia che ha un che di mostruoso),
le colline, le piantagioni, i sentieri polverosi-, ma anche ad incontrare persone, pur non sempre fisicamente. Non possiamo fare a meno di chiederci se abbia una sorta di calamita che fa sì che entri in contatto con uomini straordinari, che una conoscenza ne attiri un’altra, per arrivare infine all’attenzione di noi lettori che impariamo dello strumento giavanese ‘gamelan’, di Godowski che risentì dell’influenza di Seelig, specialista della musica delle Indie orientali olandesi. Altri nomi ancora entrano nella storia della madre dello scrittore, studiosi della religione, personaggi insoliti che si sono convertiti dall’islamismo al cristianesimo durante una burrascoso ritorno per mare dalla Mecca, la famosa scrittrice Hella Haasse.
Paul Seelig |
Era come vivere in un incantesimo, per Han
e Olga. Nonostante il clima a volte difficile da sopportare, nonostante le
difficoltà, forse non sarebbero mai tornati in patria. Forse non sentivano più
l’Olanda come la loro patria. Poi la guerra e l’invasione giapponese e i campi
di prigionia che avrebbero minato la salute di entrambi, che avrebbero causato
incubi ai fratelli dello scrittore anche quando erano ormai adulti.
Avevano dovuto tornare in Olanda e Olga non
era più Olga, neppure fisicamente. Il cambiamento maggiore, però, era quello
avvenuto dentro di loro- non credevano più nella superiorità della fede
cristiana e neppure della civiltà europea. La barbarie di cui l’Europa era
stata capace superava quella dei paesi pagani. E lui, Jan Brokken, nato nel
1949, non sarebbe più andato a cercare le orme dei suoi genitori nelle Indie.
Perché le loro Indie non esistevano più, le Indie erano state il loro passato e
il loro sogno, e lui, Jan, sarebbe sempre rimasto estraneo a quel mondo.
Un libro molto ‘ricco’ di voci, di colori,
di idee, di musica, come tutti i libri dello scrittore.
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