giovedì 19 maggio 2022

Mathijs Deen, “La nave faro” ed. 2022

                                                      vento del Nord


Mathijs Deen, “La nave faro”

Ed. Iperborea, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, pagg. 144, Euro 15,00

 

     Abbiamo mai pensato alla solitudine dei guardiani di un faro? O a quella dei marinai imbarcati su una nave faro, all’ancora nei mari dove sarebbe impossibile costruire un vero faro? Il piccolo grande libro dello scrittore olandese Mathijs Deen (di lui abbiamo già gustato “Per antiche strade”) ci fa salire sulla nave faro Texel insieme al suo equipaggio (e al capretto di cui parleremo), ci fa sperimentare l’isolamento, la claustrofobia in un luogo aperto, la nostalgia della terraferma, la frustrazione dell’essere fermi su una nave il cui motivo di essere dovrebbe essere quello di spostarsi, il conto dei giorni prima che arrivi la nave che porterà i marinai del nuovo turno.

    I protagonisti: il cuoco Lammert, il marinaio Snoek, il capretto. Intorno a loro una manciata di marinai e il comandante.


    Prima di tornare a bordo, alla fine dei giorni a terra, Lammert si fa dare un capretto da una contadina- ha in mente di fare uno stufato secondo una ricetta indonesiana. Sono piccoli dettagli che acquistano un significato proseguendo la lettura, nei flashback della vita di Lammert, cresciuto nell’Indonesia olandese conquistata poi dai giapponesi da cui sua madre era stata fatta prigioniera (lui ne ricorda le urla- che cosa le stavano facendo?). Allora avevano un cuoco indonesiano da cui, anche se bambino, Lammert aveva imparato delle ricette. Era stato in Indonesia che Lammert si era preso la malaria per la prima volta.

I giorni in cui Lammert avrà un attacco di malaria a bordo saranno il punto di volta della narrazione. Siamo poi sicuri che il suo motivo per portare il capretto a bordo fosse veramente quello di metterlo in pentola? Dare il nome ad un animale vuol dire considerarlo un amico, meglio chiamarlo ‘stufato’ per non pensare ad altro.


    Snoek è figlio di insegnanti, che cosa ci fa lui sul mare? Scrive sempre, ha l’animo del poeta. Sono sue le riflessioni sul controsenso di trovarsi su una nave, che dovrebbe essere fatta per salpare e per entrare in un porto dopo un lungo viaggio e che invece non salpa mai e non arriva da nessuna parte. Snoek si affeziona al capretto, è lui che escogita delle soluzioni perché l’animale non caschi in mare e non si faccia male.

     L’attacco di febbre che mette fuori gioco il cuoco e la nebbia che cala sul mare, con la sirena che ulula il suo gemito senza sosta- è questo il momento chiave, quello in cui una storia che ha i suoi risvolti buffi diventa tutto d’un tratto tragica. Non ce lo aspettavamo, forse? Non c’era un crescendo di segnali, un turbamento del solito ordine? Perfino la minaccia della grossa nave che sfiora la collisione con la nave faro nella nebbia è un anticipo del dramma finale. Così come il timore di non poter ricevere il cambio alla solita data.


    Tuttavia è come se il faro avesse portato un’illuminazione al marinaio Snoek. In questo viaggio immobile qualcosa cambia in lui, cambia la sua comprensione del loro compito. “Noi siamo la luce”, arriva a pensare. Non è vero che loro non sono veri marinai. ‘Noi viviamo in mare, loro lo attraversano soltanto per arrivare a un porto, a un posto dove il mare non c’è più. Per loro il mare è un intervallo, per noi la destinazione’.

   E c’è ancora un altro significato in questo piccolo grande libro. La solitudine e l’incomprensione della nave faro diventa quella di tutti noi. Come riflette a voce alta un marinaio, pensando alla sorte di Snoek, ‘che cosa sappiamo degli altri? Che cosa sappiamo davvero di un’altra persona?’

    Bellissimo.

Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook



Nessun commento:

Posta un commento