Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
painting fiction
Natasha Solomons, “Io, Monna Lisa”Ed. Neri Pozza, trad. Laura Prandino, pagg. 342, Euro
18,00
Le manca solo la parola. Sembra che mi
stia guardando. No, sta guardando me e non te.
Lo abbiamo sentito dire, lo abbiamo detto
noi stessi, davanti al quadro della Gioconda di Leonardo da Vinci, al Louvre. È
il volto di donna più famoso al mondo. Non c’è tour turistico a Parigi che non
comprenda una sosta davanti a lei. Davanti a quel viso forse non bellissimo ma
di grande fascino, gli occhi allungati con lo sguardo enigmatico, la bocca che
accenna un sorriso che dà l’ impressione di una pacata tristezza più che di
gioia. I capelli, che si intravvedono arricciati, sono nascosti da un velo nero
attraverso le cui trasparenze si vede il paesaggio. Indossa abiti castigati e
scuri che fanno risaltare il candore della pelle. Sono dettagli che sentiremo
ripetere parecchie volte, quando lei
racconta la sua storia.
Lei, perché è lei a parlare, finalmente la sentiamo. Lei, che Leonardo da Vinci ha dipinto 500 anni fa, e la cifra ci dà una vertigine. Lei, che conosciamo come ‘la Gioconda’ dal nome del marito della donna che ha posato per il quadro, Francesco del Giocondo, oppure come Monna Lisa, dal suo stesso nome. Lisa. Monna, diminutivo di ‘madonna’, mea domina- che bell’appellativo per rivolgersi ad una donna.
Caliamoci nella finzione ed ascoltiamo la sua storia e quella di Leonardo e quella di Firenze e quella del Papato e quella della Francia nella prima metà del ‘500. Seguiamo, nel suo racconto, la creazione del quadro, le pennellate aggiunte, le incertezze di Leonardo, il confronto della Lisa sulla tela e la Lisa che posa come modella. Facciamo la conoscenza del giovanetto prediletto da Leonardo (quel Giangiacomo Caprotto soprannominato Salaì- diavoletto- che fu il modello per molti quadri del maestro) e degli altri apprendisti. Entra in scena anche Michelangelo, il grande rivale di Leonardo, così rozzo e volgare, diverso dalla sua bellezza signorile. Assistiamo alla pittura di un altro quadro della cui bellezza è rimasta testimonianza- la Leda con il cigno. E poi le contese, le lotte politiche, il soggiorno-esilio di Leonardo in Francia.
Nel suo racconto di una lunga vita- la sua,
perché l’arte è immortale se protetta e ben conservata- Monna Lisa arriva al
‘900, dopo aver subito furti ed essere stata ritrovata, dopo aver conosciuto
grandi sovrani francesi e grandi pittori come Picasso. E nel secolo scorso, lei
che è sopravvissuta a traversie che hanno visto la fine del quadro di Leda,
deve nascondersi per fuggire dalle requisizioni dei nazisti.
Ci piace la voce di Monna Lisa. Ci
dimentichiamo che è un quadro a parlare (Leonardo sente la sua voce, così come
la sentono Michelangelo e Picasso), perché, se dobbiamo cercare di penetrare
nel suo sguardo enigmatico, dobbiamo immedesimarci in lei- nella sua solitudine
che la fa implorare a Leonardo di crearle una compagna (ed ecco Leda che
diventa sua amica), nella sua gelosia per Salaì, nel suo constatare come la
vera Lisa invecchi e sfiorisca mentre lei rimane sempre la stessa,
nell’accettare il suo sguardo sul mondo (uno sguardo che può essere anche molto
privato, come quando viene appesa nella sala da bagno del sovrano di Francia),
nella sua comprensione per Leonardo e nel suo amore per lui. Amore ricambiato-
dopo tutto non sarebbe stato questo il
quadro che tutti, sempre, avrebbero associato al suo nome? Quando Leonardo si
ammala, quando muore, Monna Lisa lo piange. È rimasta vedova e a noi pare
normale, lo accettiamo.Giangiacomo Caprotto
Il romanzo di Natsha Solomons è nella
migliore tradizione della painting
fiction, dei romanzi che parlano di quadri e che dipingono quadri con le
parole. Non è soltanto il Rinascimento a rivivere con la sua gloriosa
esplosione di geni e di opere d’arte, non sono soltanto sovrani e papi e altre
figure storiche a prendere vita nelle sue pagine, ma sono soprattutto i quadri
di Leonardo con i loro dettagli, con i fili d’erba che siamo forzati ad
osservare tra le dita dei piedi di Leda, e le fragoline, e le uova che si
dischiudono e i dolci colli alle spalle di Lisa e i corsi d’acqua che scorrono
come le onde dei capelli e i cavalli della battaglia di Anghieri…
Un libro che parla della bellezza- a thing of beauty is a joy forever,
scriveva Keats
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