Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
Ann Patchett, “La casa olandese”
Ed.
Ponte alle Grazie, trad. G. Calza, pagg. 352, Euro 18,00
Questa è la storia di Cyril Conroy che, a
Filadelfia e negli anni subito dopo la seconda guerra mondiale, si costruì una
fortuna dal nulla. Quasi per caso, e rischiando, si era gettato nel campo
immobiliare ed era riuscito anche ad acquistare per sé la Casa Olanda, una
grande villa con giardino, con alte finestre, soffitti affrescati, e
ammobiliata con i mobili dei vecchi proprietari olandesi, i van Hoebeek che
continuavano a vivere nei quadri appesi in sala.
Questa è la storia di Elna, prima moglie di
Cyril che lui aveva tirato fuori dal convento per sposarla. Casa Olanda era
troppo per Elna, simbolo di una ricchezza esagerata che lei rifiutava. E se
n’era andata, Elna, abbandonando non solo il marito ma anche i due figli, Maeve
e Danny che aveva solo quattro anni. Se n’era andata prima in India e poi per
il mondo per aiutare i poveri, i derelitti.
Questa è la storia di Maeve, che adorava sua madre e che, subito dopo la sua scomparsa, aveva avuto la prima grave crisi del diabete contro cui avrebbe lottato tutta la vita. C’era un ritratto di Maeve, accanto a quelli dei van Hoebeek. Nel ritratto Maeve aveva i lunghi capelli neri sciolti su un cappottino rosso. Assomigliava a sua madre.
Questa è la storia di Danny, il narratore-
è suo il punto di vista, per niente obiettivo. Crescendo, Danny aveva
dimenticato del tutto sua madre e il posto di Elna era stato occupato dalla
sorella- un legame fortissimo, unico, che gli eventi successivi non potevano
che rafforzare. Maeve era il centro dell’universo per Danny, la vita aveva un
senso solo se c’era lei.
Questa è la storia di Andrea, seconda
moglie di Cyril, la matrigna cattiva delle favole che era arrivata a casa
Olanda con le sue due bambine, aveva iniziato con lo spodestare Maeve,
assegnando la sua camera alla figlia maggiore, e poi, dopo la morte improvvisa
di Cyril, aveva letteralmente buttato fuori di casa Maeve e Danny.
Questa è la storia di Elna Conroy- che ne
era stato della sua vita, dopo aver lasciato marito, figli e Casa Olanda? Si
era pentita? Scomparirà per sempre o riapparirà? E quali saranno le conseguenze
dei suoi comportamenti?
Questa è la storia di Casa Olanda, infine, che ognuno vede in maniera diversa, con i propri occhi- bellissima, ingombrante, esagerata, pacchiana. E però Casa Olanda, il cuore pulsante di tutte le passioni di amore e odio, di ammirazione e di rifiuto, è una protagonista affascinante. Indimenticabile per noi come è indimenticabile per chi ci ha vissuto pur avendone ricordi non sempre positivi. Casa Olanda diventa un’ossessione per Maeve e Danny, dopo che ne sono stati estromessi. Di tanto in tanto ritornano lì, parcheggiano l’auto lungo il marciapiede di fronte e restano a guardarne le luci. Ricordando. Chiedendosi perché mai il loro padre avesse sposato Andrea. Domandandosi se fosse giustificabile che la loro madre avesse lasciato i suoi bambini per aiutare dei bisognosi estranei. Progettando l’unica possibile vendetta su Andrea: utilizzare il fondo fiduciario destinato agli studi per la facoltà di medicina, la più costosa perché quella che avrebbe impegnato più anni. E però, deludendo sorella e moglie (già, perché questa è anche la storia di Celeste, la moglie di Danny), Danny avrebbe completato gli studi ma non avrebbe mai esercitato, attratto dallo stesso lavoro del padre.
Il cerchio si chiude, si inizia da Casa
Olanda e si ritorna a Casa Olanda e c’è una giustizia poetica nel finale- una
volta tanto né la casa né la famiglia vanno in rovina, ci sono eventi tristi
come in tutte le famiglie, ma ce ne sono anche di belli, c’è chi soffre e c’è
chi trionfa, la vita va avanti e Casa Olanda pure, non deve assolutamente
essere distrutta dai piani regolatori.
Con un tocco di morbosità, un libro bello e
intenso, come i precedenti di Ann Patchett.
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