vento del Nord
guerra dei Balcani
love story
Pajtim Statovci, “Gli invisibili”
Ed. Sellerio, trad. Nicola Rainò, pagg. 220, Euro 16,00
Lui si innamora di lui al primo sguardo.
Iniziano a parlare in un caffè all’aperto di Pristina, in Kosovo. Lui frequenta
la facoltà di lettere, l’altro lui quella di medicina. Lui è albanese, si
chiama Arsim. L’altro lui si chiama Miloš ed è serbo. Siamo a metà degli anni ‘90,
che speranza di felicità può avere una coppia gay in una cultura che considera
le unioni tra omosessuali come una vergogna, una colpa, un’onta che ricade su
tutta la famiglia? Per inciso- era molto diverso da noi?
Le voci narranti sono quelle dei due protagonisti, scorrono su due diversi piani temporali- è il 2000 nelle parti in cui è la voce di Miloš che ascoltiamo, mentre torniamo indietro all’incontro, nel 1995, nel racconto di Arsim finché il tempo si sopravanza ad un ‘dopo’ nel 2004. Il contrasto tra queste due voci non potrebbe essere maggiore. La prima, di Miloš, rivela già il dramma della sua vita, in qualche maniera conseguenza del loro legame. È la voce di un uomo che non è più in sé, che è passato attraverso l’orrore della guerra, che ha visto la morte intorno a sé, che ha dato lui stesso la morte- lui, un medico che avrebbe dovuto salvare le vite e non porvi fine. Ha un tono concitato e allucinato, da chi vive in un incubo e non ha più contatti con la realtà. In un breve referto medico che leggeremo più avanti, datato dicembre 1999, si dice di lui che ‘parla a fatica, capisce…condizioni generali precarie. Eccezionalmente magro…Incubi costanti, prescritti sedativi.’
La voce di Arsim è pacata, alterna momenti
di ricordi quasi idilliaci ad altri di rabbia, verso gli altri e verso se
stesso. Perché Arsim è sposato e, quando conosce Miloš, sua moglie aspetta un
bambino. Ne arriveranno altri due di bambini, e intanto tutta la famiglia avrà
dovuto lasciare il Kosovo per una grande città di cui non ci viene detto il
nome. Arsim sa di comportarsi male come marito e come padre, eppure non riesce
a frenare l’irritazione verso quei legami che gli impediscono di essere se
stesso. E vive di ricordi di Miloš.
Arsim sarà espulso dal paese in cui vive, la moglie non vorrà più saperne di lui, mentre Miloš finirà internato in un nosocomio dove i pazienti vivono come bestie. C’è ancora una parte finale in cui la voce di Miloš quasi non si sente più, è ridotto al silenzio, e la solitudine di Arsim è il coronamento di vite sbagliate. È una storia tragica dentro un’altra tragedia della Storia, di una guerra interiore a fronte di una guerra che coinvolge albanesi e serbi, di quello che accade quando si è obbligati a negare se stessi, a nascondere la propria natura da se stessi e dagli altri.
È un romanzo molto triste, con un
personaggio femminile che ammiriamo con compassione per la sua generosità e la
sua capacità di amare pur nella rinuncia e nella condanna, scritto con un
linguaggio mai volgare, mai troppo esplicito. Con “Gli invisibili”, Pajtim
Statovici (nato in Kosovo ed emigrato con i genitori in Finlandia all’età di
due anni) ha vinto il prestigioso Finlandia Prize.
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