vento del Nord
love story
Regīna Ezera, “Il pozzo”
Ed. Iperborea, trad. Margherita Carbonaro, pagg. 333, Euro 18,50
Quando mi capita di leggere- innamorandomene subito-
un libro come “Il pozzo” di Regīna Ezera, il mio primo pensiero è, ‘ma dove si era
nascosto questo splendido libro? Perché non ne abbiamo saputo niente fino ad
ora?’. Grazie dunque, prima di tutto all’impareggiabile casa editrice Iperborea
che lo ha trovato per noi, che ce lo ha fatto conoscere in traduzione. “Il
pozzo”, pubblicato per la prima volta nel 1972, è il romanzo più famoso (ne è
stato tratto un film, La sonata del lago)
della scrittrice lettone Regīna Ezera, nata a Riga nel 1930 e morta nel 2002: è stata
sepolta vicino al fiume Daugava che attraversa tutta la Lettonia e che ne “Il
pozzo” è diventato un lago. Anche lo pseudonimo con cui Regīna
pubblica i suoi libri, Ezera, significa lago, perché la scrittrice era
affascinata dall’acqua, aveva sempre voluto vivere in campagna, vicino ad un
bosco e vicino all’acqua. Per questo si era presto trasferita in un paesino chiamato
Brieži, nei pressi del fiume Daugava.
E il lago è una presenza importante nel
romanzo. Sono le acque del lago che separano le due abitazioni di Laura e Rūdolfs-
lei abita sempre lì, insieme ai suoi due bambini, alla suocera e alla cognata,
lui, medico di Riga, è qui in vacanza. Il marito di Laura, un bell’uomo
impulsivo, allegro e spesso ubriaco, sconta in prigione la pena per aver ucciso
un uomo- un incidente di caccia, avevano bevuto troppo. E, mentre il lago, con
la sua bellezza struggente, assume un valore metaforico, la barca diventa il
‘libro galeotto’ di Laura e Rūdolfs: Rūdolfs la chiede in prestito a
Laura, è così che la conosce.
In realtà non succede niente nel romanzo. Chi è che ha scritto che
l’amore più grande è quello che si è perso o non è potuto essere? Così per
Laura e Rūdolfs. Un sentimento che avanza a
piccoli passi- lui che va a curare la bambina che ha la febbre, la suocera che
spera che lui (non importa se non è giovanissimo) si innamori della figlia Vija
che ha la sfrontatezza che Laura non ha e non ha niente della sua dolce
bellezza, il bambino (delizioso) che fa amicizia con il dottore, Rūdolfs che aspetta che Laura esca da
una riunione alla scuola dove insegna per portarla a casa. Un abbraccio veloce.
Un bacio. Gli occhi che si inseguono. Che cercano una luce alla finestra.
E
intanto arrivano le lettere del marito di Laura dal carcere, segnalano una
presenza assenza che pesa, perché tradire un uomo assente, che conta
spasmodicamente su di te, è ancora più difficile che tradire un marito
presente. Come se si potesse, poi, sfuggire allo sguardo vigile della suocera a
cui importa solo di una persona al mondo- suo figlio. E piano, a fatica, come
dal pozzo da cui si solleva il secchio dell’acqua con le catene che cigolano,
escono fuori i segreti della famiglia, il passato burrascoso della suocera, il
figlio illegittimo, la morte da eroe del marito, padre di Vija, la gelosia di
una figlia poco amata verso il fratello prediletto della madre. “Perché siamo
tutti infelici?...Perchè?”, sono le parole di Laura alla fine, prima di
scomparire nella notte in cui perfino la luna sembra emettere una pallida luce
morta e la casa del desiderio appare come un ‘rudere nero’.
È un libro di grande fascino, per quello che dice e per quello che non
dice, per la lievità della prosa così vicino alla poesia, per l’atmosfera
nordica delle lunghe notti estive, per il silenzio dei boschi e il fruscio dei
remi sull’acqua- parole d’amore consegnate alle piccole onde del lago.
Da leggere.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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