Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
Incontro Sandra Newman in un giorno
di pioggia sottile a Milano, con la nebbia che avvolge i grattacieli di City
Life: l’atmosfera giusta per parlare di un romanzo in cui i confini della
realtà sfumano in un'altra realtà, quella del sogno.
Incominciamo dall’inizio che è l’utopia nel nostro mondo. Tutto va per il
meglio nel migliore dei mondi possibile. Kate e Ben sono innamorati, non ci
sono guerre, c’è una donna presidente. Prendiamo i dettagli: perché scegliere
l’anno 2000? Perché era una bella data per un inizio? Perché una donna
Presidente? E perché di origine asiatica? E perché dare famiglie di origine
mista a Kate e Ben?
Sì. L’anno 2000 perché è una data
molto facile da ricordare. Era semplice, un punto fermo a cui risalire. E poi volevo
che l’11 settembre del 2001 fosse un punto di svolta, un avvenimento di cui
tutti sanno e quindi possono capire che siamo nel nostro mondo, che è di questo
che stiamo parlando.
L’aver scelto un Presidente donna è
stata una scelta simbolica- è qualcosa che può succedere. Anche eleggere un
presidente nero sembrava impossibile e poi è stato eletto Obama. Era una
maniera facile per dire che non era il vero presidente, un indizio immediato
che non siamo nel mondo reale. E anche dire che era asiatica era con lo stesso
intento.
Quanto a Ben, il suo personaggio è
basato su una persona vera. E scrivere dell’America significa scrivere di una
nazione di immigranti- gli americani sono sempre confusi riguardo alle loro
origini. È impossibile scrivere un romanzo americano che non sia in parte un
romanzo sulla razza.
Il mondo di sogno di Kate. Mi sono chiesta se ha scelto l’età
elisabettiana perché le citazioni più famose sui sogni sono quelle di
Shakespeare e anche “La vita è sogno” di Calderòn de la Barca è della stessa
epoca?
Tutto è iniziato con l’idea di una donna che viaggiava nel tempo e aveva
una relazione con Shakespeare. Era come se avessi un progetto su di un libro e
poi sono intervenute una serie di coincidenze- il libro è diventato più
sognante e simile ad un sogno e quindi era giusto che l’epoca del sogno fosse
l’era elisabettiana. Non avrebbe potuto essere il secolo XVIII, un’ epoca che
proprio non si affidava all’immaginazione.
Emilia Bassano: c’è qualcosa in lei che la collega a Kate 4 secoli dopo?
Che cosa la attraeva di Emilia?
Il nostro mondo, che è iniziato così bene, diventa sempre peggio.
Peggiora di pari passo con la condizione psicologica di Kate. C’è un nesso tra
le due cose?
Sì, ho un’amica psicanalista freudiana che ha letto il libro e, nella
sua interpretazione, “I cieli” è un libro sul narcisismo. Ha visto gli
avvenimenti storici nel libro come la proiezione del sentimento di un bambino
che si sente responsabile per quello che accade- per esempio un bambino pensa
che, se i genitori divorziano, sia colpa sua, perché è stato cattivo. Kate
pensa di essere lei che non è abbastanza brava, pensa che avrebbe dovuto fare
qualcosa per evitare che le cose succedessero.
È così senza speranza il mondo? Kate è la farfalla nel romanzo, se le sue
azioni come Emilia nel passato possono riverberarsi nel presente. Allora anche
ognuno di noi è una farfalla? Ognuno di noi è responsabile di quanto accade,
dovremmo prenderne atto. C’è qualcosa che si può fare?
Non c’è speranza per il mondo, ma è buffo che dobbiamo comportarci come
se non fosse così. Dobbiamo comportarci come se avessimo il libero arbitrio e
potessimo influire sul mondo. Alla fine
Kate rinuncia al tentativo di salvare il mondo: è meglio cercare di fare felici
gli altri.
Sono queste infatti le parole con cui si chiude il libro. Ma non è una
felicità egoistica?
Sono pochi i romanzi che offrono una soluzione, che ti dicono che cosa
dovresti pensare o credere. I romanzi offrono un problema- vediamo che cosa
possiamo fare per risolverlo.
Pensando a quello che abbiamo detto, alla responsabilità di ognuno,
quanto è responsabile Ben per il crollo di Kate?
Ben si sente responsabile. È in una posizione difficile- sente che, se
avesse potuto essere perfetto, avrebbe potuto salvarla. Però anche lui è
segnato: è cresciuto con una madre che si è uccisa e anche lui pensa che le
persone che ama finiscono per scomparire e che è colpa sua.
Dovremmo dire qualcosa sui bambini del libro. Ho provato compassione per
i bambini- bambini non nati, bambini senza genitori, bambini non amati, bambini
che muoiono. Sono tutti infelici i bambini del romanzo?
Penso che, in effetti, sia così. Il bambino principale del romanzo è Qued,
il bambino di cui si occupano tutti. E poi c’è il bambino di Kate che muore- è
un simbolo del nostro mondo.
Soltanto Kate sembra aver avuto un’infanzia felice. Però ha cercato un
rifugio nel mondo inventato dei sogni. Come mai?
Forse se avessimo solo bambini felici potremmo viaggiare nel tempo.
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Recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it
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