vento del Nord
cento sfumature di giallo
Agnes Ravatn, “Il tribunale degli
uccelli”
Ed.
Marsilio, trad. Maria Valeria D’Avino, pagg. 205, Euro 16,00
Una ragazza, rispondendo ad un’inserzione, si presenta al cancello di
una casa isolata nella natura, vicino ad un fiordo, in Norvegia. E’ subito
chiaro che si sta allontanando da qualcuno o da qualcosa, che vuole lasciarsi
il passato alle spalle, che è pronta ad accettare un lavoro per cui non è
preparata, correndo il rischio dell’ignoto. L’ignoto è il bell’uomo sulla
quarantina che abita lì da solo e che ha bisogno di una persona che curi il
giardino e che gli prepari i pranzi. La ragazza, Allis, non sa nulla di
giardinaggio, si darà da fare. L’uomo, Sigurd, parla il minimo necessario per
darle istruzioni: a che ora vuole siano serviti i pasti, lei mangerà dopo di
lui, ha una camera al piano superiore, quella di lui (in cui starà chiuso tutto
il giorno) è a piano terra. Lei userà la bicicletta per andare a fare la spesa
nell’unico negozio nelle vicinanze.
Inizia così “Il tribunale degli uccelli” di Agnes Ravatn, un thriller
costruito su un’atmosfera di mistero- che lavoro fa Sigurd? Dice che sua moglie
è via, che tornerà. Come mai non c’è niente di lei in giro? Perché la porta del
suo studio è sempre chiusa a chiave? Quanto ad Allis: perché teme che possano
riconoscerla? Che lavoro faceva prima? Il mistero che circonda i personaggi è
acuito dall’isolamento della casa, dalla sensazione che ci sia un pericolo
incombente che non sappiamo da dove possa arrivare, da una natura
straordinariamente bella ma cupa e che non fa che aumentare i nostri timori. Il
fiordo è bello e spaventoso, perfino Allis avverte un brivido di paura quando
si trova sulle sponde dell’acqua insieme a Sigurd, quasi che il fiordo nasconda
un segreto che contiene in sé un’oscura minaccia. E naturalmente è vero, e lo
scopriremo.
Molto di quello che succede è del tutto prevedibile. Entrambi i
personaggi hanno la loro parte di ambiguità. Soprattutto Sigurd, non sappiamo
mai se dobbiamo credergli oppure no, la verità ha molte facce e molte
interpretazioni. E la fine arriva piuttosto in fretta, non del tutto
inaspettata, non del tutto convincente.
Quella del ‘giallo’ nordico è diventata una moda e, dopo aver letto
molti romanzi di indagine poliziesca che ci arrivano dal Nord, ci siamo quasi
convinti che gli scrittori di quell’area di Europa abbiano una propensione
speciale per il genere (è la natura che li circonda che li ispira? Di certo è vero
che l’assolato Mediterraneo non è inquietante come un fiordo stretto tra due
pareti di boschi e roccia). La realtà è che non tutti i gialli nordici sono
ugualmente belli, proprio come non lo sono quelli scritti in altri paesi. E
questo non è uno dei migliori. Si legge velocemente, la scrittrice irretisce i
lettori tenendoli con il fiato sospeso, prigionieri della bellezza della natura
che sembra contribuire alla minaccia, che pare inviare lei stessa segnali di
pericolo- memorabile è l’attacco dei gabbiani, una scena da film di Hitchckok,
che temono per le uova nei nidi e costringono ad una fuga Sigurd e Allis-, e tuttavia c’è superficialità sia
nella trama piuttosto banale, sia nei personaggi.
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