Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Veit Heinichen, “Ostracismo”
Ed. e/o, trad. M. Pesetti, pagg.
291, Euro 15,30
Dopo diciassette anni di prigione
Aristèides Albanese è tornato a Trieste. La sua presenza non può passare
inosservata: alto, capelli raccolti in una coda di cavallo lunga fino al fondo
schiena, una barba folta che gli copre il petto, un cucchiaio e un paio di
bacchette che fuoriescono dal taschino della giacca. Perché Aristèides è un
cuoco (bravissimo e pieno di inventiva, lo vedremo all’opera), aveva un
ristorante prima dell’arresto, ha gestito la mensa del carcere ed ora cucina in
quella di un centro di accoglienza per i profughi. Ma ha altri programmi in
mente: aprire un nuovo ristorante (vicino al Tribunale, si chiamerà ‘Avviso di
garanzia’, un nome che suona come una sfida) e vendicarsi di tutti coloro che
avevano testimoniato contro di lui al processo in cui era stato condannato per
aver ucciso una guardia giurata.
“Ostracismo”, il nuovo romanzo di Veit
Heinichen, lo scrittore tedesco che da anni risiede a Trieste e ci delizia con
i suoi libri che hanno per protagonista l’ispettore Proteo Laurenti, è un
poliziesco insolito e graffiante. Il fatto stesso che il personaggio principale
sia un ex detenuto è insolito, prima di tutto. Che diventi ‘l’eroe’ di cui
seguiamo le gesta, facendo il tifo per lui e provando, invece, disprezzo per le
persone che, per il ruolo che hanno nella società, dovremmo ammirare- anche
questo è insolito. Veit Heinichen si serve di Aristèides e del suo passato per
strappare la maschera alla città dalla ‘pensosa grazia’ di Saba, per scoprire i
traffici loschi resi facili dalla posizione di frontiera e dal porto con acque
profonde che permettono l’attracco anche a grosse navi container. Sono dodici
le persone che hanno tradito Aristèides diciassette anni fa, e lui ne spunta i
nomi uno dopo l’altro a mano a mano che compie la sua vendetta- il primo è un
uomo che ormai non ha neppure più lo status che aveva una volta, quando
declamava i versi di D’Annunzio propugnando un disgustoso neo-fascismo di
stampo razzista. E’ diventato un alcolizzato che si getta famelico sul pranzo a
sorpresa che Aristèides gli ha preparato con i pochi ingredienti che ha
trovato, aggiungendo una buona dose di olio di ricino e di semi di ricina
grattugiati, e svignandosela poi in incognito.
E’ una perfetta e suprema
ironia, una metafora coprofila, l’aver escogitato di far espiare i dodici
testimoni spergiuri con la famigerata purga fascista. C’è anche il procuratore
Scoglio nella lista. E pure Proteo Laurenti, anche se con un minor grado di
colpevolezza. Intanto il lettore segue tre filoni narrativi, di cui quello poliziesco
prende in considerazione i casi della armatrice tedesca che muore precipitando da
una finestra (è stata spinta: chi è il mandante e chi l’esecutore del delitto?
chi aveva interesse a bloccare gli accordi portuali?) e quello del Poeta morto
avvelenato. Gli altri due filoni sono le due facce dell’arte del ben cucinare-
le nostre papille gustative sono sollecitate dalla descrizione dei piatti
preparati da Aristèides, sia quando cucina di nascosto, improvvisando e
condendo con olio di ricino (chi saprebbe resistere?), sia quando prepara con
amore per la vecchia prostituta che si è presa cura di lui dopo l’assassinio di
sua madre (caso irrisolto che rispunta fuori ed è collegato con alcuni nomi dei
‘dodici’) o quando prepara il pranzo per i profughi o, finalmente, per la
serata di inaugurazione del nuovo ristorante. A ribadire il tema culinario, una
sorta di ‘punto e contrappunto’, c’è il figlio di Proteo che si esibisce
preparando per i famigliari quando si stanca dei clienti che non lo soddisfano.
Prendendoci per la gola, tra un sorso di
vino e un piatto di carciofi (meglio quelli senza ricina), Veit Heinichen ci fa
conoscere non solo una Trieste dal tessuto sociale molto diverso da quello,
idealizzato, di un tempo, ma anche l’ipocrisia, il falso perbenismo, il
dilagante razzismo e la pericolosa deriva verso destra della città che una
volta veniva portata ad esempio come un ‘melting pot’ italiano.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
Nessun commento:
Posta un commento