Voci da mondi diversi. Francia
noir
Tanguy Viel, “Articolo 353 del codice penale”
Ed. Neri Pozza, trad. G. Bogliolo,
pagg. 113, Euro 16,00
Due uomini a pesca. Uno cade in acqua e chiede aiuto, annaspando. La
barca si allontana.
Dopo questa scena di apertura, “Codice penale 353” dello scrittore
francese Tanguy Viel prosegue con un lungo monologo a porte chiuse- la
confessione di Martial Kermeur che non ha fatto alcuna obiezione quando la
polizia è andata ad arrestarlo. Sì, era sua intenzione uccidere Lazenec,
l’immobiliarista che ha truffato lui e l’intero paese. Sì, è colpevole. E
racconta perché sia arrivato ad ucciderlo.
La situazione del paese, prima. L’Arsenale che dava lavoro a tanti aveva
chiuso. Kermeur,separato dalla moglie, con un figlio a carico, si era trovato
senza lavoro, con i soldi, però, della liquidazione con cui sognava di
comprarsi un’imbarcazione. Chissà. Il sindaco del paese gli aveva concesso di
andare ad abitare nella casa del guardiano della bella ma fatiscente dimora che
tutti chiamavano ‘il Castello’ quasi sulla punta della penisola, là dove c’è
Finistère (come sembra profetico questo nome, quasi che la fine della terra che
sprofonda nel mare annunci anche la fine di altro). Un giorno era arrivato
questo sconosciuto, con delle belle scarpe e una bella automobile. Era
diventato amicone di tutti, offrendo da bere. Si preparava il terreno, si
sarebbe dovuto diffidare e invece tutti gli avevano dato fiducia.
Il racconto di Kermeur procede a passo tranquillo. Deve far capire al
giudice quale fosse l’atmosfera che si era creata in paese, quali mosse avesse
fatto Lazenec per acquistare credibilità, per essere ben visto. Fino
all’offerta di comperare il Castello per trasformarlo in un complesso immobiliare
moderno, come se il loro paese bretone fosse Saint Tropez, per lanciare una
stazione balneare. E loro, gli abitanti, avrebbero potuto essere i primi ad
investire i loro risparmi comperando gli appartamenti migliori. Tutti, tutti ci
erano cascati. Tutti lo avevano fatto, senza dire niente l’uno all’altro- come
poteva il vecchio socialista Kermeur confessare di avere investito tutti i suoi soldi in
un immobile?
La narrazione deve essere lenta, deve indugiare sui dettagli per far
capire l’ansia e la preoccupazione che montano dentro Kermeur mentre spia il
progredire dei lavori giorno dopo giorno, o meglio il non-progredire dei lavori
mentre resta aperta la voragine scavata nella terra e se ne apre una dentro di
lui.
Ci sono altre due tappe nell’evolversi dentro Kermeur di quel sordo
furore che trasformerà un uomo passivo che ha subito il tradimento della moglie
e la perdita del lavoro nell’uomo che compie un delitto, in un angelo
vendicatore. Succede qualcosa al suo amico sindaco. E poi a suo figlio.
Kermeur è rimasto unico
protagonista sulla scena fino alla fine, quando è il giudice che lo ha
ascoltato a prendere la parola. Quello che dirà il giudice, quale sarà la
sentenza che ha intenzione di emettere è anticipata nel titolo, in un articolo
del codice penale che riporta il numero 353 e che permette al giudice di
considerare non solo le prove dei fatti ma la sua ‘convinzione intima’.
Un gran finale per questo breve romanzo ambientato alla fine della terra
perché potrebbe anche esserlo ovunque, in una della nostre città dove gli
edifici crescono come funghi e dove ci sono stati e sempre ci saranno i Lazenec
senza scrupoli e senza coscienza. Ci sono tanti modi di uccidere- lo diceva già
Oscar Wilde. Chi è il vero colpevole? come giudicheremmo noi, anche senza
conoscere l’articolo 353?
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