mercoledì 7 febbraio 2018

Ilaria Tuti, “Fiori sopra l’inferno” ed. 2018

                                                             Casa Nostra. Qui Italia
                                                             cento sfumature di giallo
  FRESCO DI LETTURA

Ilaria Tuti, “Fiori sopra l’inferno”
Ed. Longanesi, pagg.363, Euro 16,90

     Non scordare:/ noi camminiamo sopra l’inferno,/ guardando i fiori- dice l’haiku del poeta giapponese Kobayashi Issa all’inizio di”Fiori sopra l’inferno”, opera prima della giovane scrittrice Ilaria Tuti, di Gemona del Friuli.
E’ la terra della scrittrice stessa, di una bellezza aspra e cupa, a fare da sfondo alla vicenda del romanzo che inizia in una ‘Scuola’ che si rivela essere un orfanotrofio, in una zona dell’Austria al confine con l’Italia, nel 1978. Un edificio che mette i brividi, perché sospettiamo che ci sia qualcosa di terribilmente sbagliato in quei corridoi silenziosi dove si sente ululare il vento e nessuna vocetta di bambino filtra attraverso le porte chiuse. ‘Vedi, osserva, dimentica’, sono le parole d’ordine della Scuola, il silenzio delle infermiere è comprato.
Quando la scena si sposta al giorno d’oggi, troviamo quattro bambini che si incontrano nel bosco- hanno stretto una fratellanza di sangue, ognuno di loro dà agli altri il calore, l’affetto e la comprensione che non ricevono in famiglia. Si confidano i loro segreti- chi può sentirli tra quegli alberi fitti, con il rumore della cascata vicino? Chi potrebbe arrivare fin lì, sui sentieri scivolosi che fiancheggiano delle scarpate? Eppure tutti loro hanno idea che ci sia qualcuno che li osserva e li spia. Qualcuno che non vuol far loro del male, altrimenti ne avrebbe già approfittato.

    E poi viene ritrovato il primo morto, è il padre di uno dei bambini. Il modo in cui è stato ucciso fa pensare che l’assassino sia uno psicopatico, che stia collezionando parti di corpi, che abbia solo iniziato ad uccidere. E’ così, infatti.
   Delle indagini sono incaricati un commissario e un ispettore- il classico ‘doppio’, ma diciamo subito che l’ispettore Marini, belloccio, giovane e con poca esperienza, scompare a fianco del commissario Battaglia. Con quel cognome lì, l’ispettore Marini si aspetta di trovarsi davanti ad un uomo (ah, il solito maschilismo) e invece di nome fa Teresa, il commissario Battaglia. Ed è l’opposto delle più o meno fascinose Vittoria, Lolita, Imma, Alice che abbiamo incontrato negli altri romanzi di indagine poliziesca. E’ grossa e goffa, non è giovane, deve iniettarsi regolarmente l’insulina perché è diabetica, ha dei vuoti di memoria che la paralizzano terrorizzandola, perché sa fin troppo bene che cosa preannunciano. Non è simpatica, Teresa Battaglia. Non le interessa essere simpatica. E però tutti la stimano, ha l’intuito di un profiler e un’empatia che le permette di entrare in sintonia con chi le sta davanti indovinandone i pensieri e i sentimenti.

    Per una strana coincidenza, o perché viene sempre il tempo giusto per portare alla luce le brutture del passato- quell’inferno disseminato di fiori-, come in altri libri di recente pubblicati, la trama del romanzo di Ilaria Tuti affonda, in un qualche modo che non voglio precisare, nelle famigerate teorie naziste, negli esperimenti che venivano portati avanti sui più deboli in nome di uno sciagurato interesse scientifico. L’azione è serrata, il tempo incalza- incalza anche a livello personale per Teresa Battaglia che dimentica perché abbia scritto frettolosamente dei pro-memoria su dei foglietti. E intanto il paese di Travenì si chiude a guscio in una omertà collettiva. Niente deve insozzare la rispettabilità del paese e dei suoi abitanti, impossibile che il colpevole sia uno di loro, perfino il capo della polizia è reticente nel dare informazioni e il sindaco si rifiuta (nonostante la minaccia incombente) di lasciare accese le luci durante la notte di san Nicola- non sia mai che i turisti non possano godere appieno lo spettacolo della discesa dei Krampus, i diavoli caproni che scendevano dalla montagna a prendere i bambini cattivi.


    Non è cattivo il bambino che viene rapito, non è neppure un diavolo chi lo rapisce. A voi scoprirlo. Apprezzerete anche voi, una volta di più, la profonda umanità del commissario Battaglia di cui ci resta ancora tanto da sapere.

la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
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