Voci da mondi diversi. Area germanica
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Jan-Philipp Sendker, “Alla fine della notte”
Ed. Neri Pozza, trad. Alessandra
Petrelli, pagg. 317, Euro 18,00
Incomincia con un prologo raggelante, anche
se capiremo molto più avanti di che cosa si stia parlando, il nuovo romanzo
dello scrittore tedesco Jan-Philipp Sendker. Paul Leibovitz, il protagonista
dei suoi libri, è su un taxi quando nota un giovane dall’aria sospetta,
sull’angolo di una via. Poi ne vede altri due. E un’Audi nera con i vetri scuri
parcheggiata vicino alla zona di sicurezza davanti all’ingresso dell’ambasciata
americana di Pechino. La moglie Christine tiene in grembo il loro bambino di
quattro anni, David, nascosto sotto una coperta nera. Paul ordina al tassista
di non fermarsi, di proseguire, e no, non vogliono più andare all’ambasciata.
Stacco di scena. Una telefonata.
Un ordine impartito. “Portateli qui”. “Tutti?”. “No, solo il bambino”.
Il vero inizio del libro si colloca due
settimane prima nel tempo: Paul è arrivato a Shi, nel Sichuan, con il piccolo
David per far visita all’amico Zhang. Tanto è cambiato Paul, che ha trovato una
nuova serenità dopo la morte del figlio Justin e la separazione dalla prima
moglie, tanto è cambiato pure Zhang, il poliziotto della squadra omicidi di
Shenzen che ha messo fine alla sua vecchia vita, ha lasciato la famiglia e si è
ritirato in un monastero buddista nella sua città natale- il suo è un rifiuto
della nuova Cina, il prodotto di un tragico passato di cui anche Zhang è stato
vittima. Mentre Paul è allo zoo con David, una ragazza nota il bambino, così
insolito, così bello con quel mix di oriente e occidente- riccioli neri e occhi
blu dal taglio a mandorla. Vuole essere fotografata con lui. Impossibile
rifiutare. Con lei c’è un giovane che ha l’aria di chi ottiene sempre quello
che vuole.
Sospettiamo già quello che infatti avviene. Christine non perdonerà mai
a Paul di aver lasciato il bambino da solo nell’atrio dell’albergo per andare
in toilette: il bambino scompare. Peggio. La polizia a cui Paul si rivolge gli
consiglia di non cercarlo neppure.
“Alla fine della notte” è retto da una
tensione fortissima mentre seguiamo la fuga di Paul con Christine e David
(miracolosamente restituito da chi pagherà quest’azione di coscienza con la
propria vita) lungo percorsi secondari, seguendo le indicazioni di Zhang che
riesce a trovare per loro chi li nasconda, senza sapere quale sarà la tappa
seguente, con il terrore di venire scoperti- sono così facilmente individuabili
loro tre, un gwo wai, uno straniero,
una cinese, un bambino ‘diverso’ dagli altri.
Da una casupola in campagna ad
una città fantasma, con un vecchio già colpito dalla sorte e poi con una donna
strana e generosa, trascinandosi dietro il nipotino del vecchio- sarà un peso
in più? li aiuterà a essere meno riconoscibili? potevano fare altrimenti dopo
quello che era successo? La meta è Pechino, il rifugio dell’ambasciata.
Arriveranno fino a lì le lunghe mani dell’uomo potente a cui avevano osato
sottrarre il suo giocattolo?
Perché nella vicenda del bambino rapito c’è l’ennesimo capitolo della
storia di una realtà sciagurata, di un paese in cui una Storia spregevole ha
prodotto individui spregevoli, l’unico valore è quello dei soldi e i soldi
comprano tutto- coscienza, affetti, esseri umani, la vita di chiunque. Non c’è
modo di fronteggiare il Male in questa Cina- tutti i ‘buoni’ del romanzo muoiono
o abbandonano il paese. Zhang cercherà rifugio in Tibet, neppure Hong Kong è
più sicura per Paul Leibovitz. Christine ci era arrivata a nuoto per fuggire
dalla Cina di Mao. Ma allora Hong Kong era ancora colonia inglese. Ci si può
fidare delle leggi che assicurano “Un Paese, due sistemi?”.
Inquietante, bello, scritto con la
sensibilità che apprezziamo in Jan-Philipp Sendker, con un orecchio attento ai
dialoghi dei bambini, con una profonda conoscenza della Cina e della cultura
cinese.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
per contattarmi: picconem@yahoo.com
Nessun commento:
Posta un commento