Voci da mondi diversi. Belgio
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Pieter
Aspe, Caos a Bruges
Ed. Fazi, trad. Valentina Freschi,
pagg. 285, Euro 14,00
Di prima mattina un netturbino trova
un uomo in fin di vita vicino al municipio di Bruges. L’uomo, un tedesco, muore
in ospedale. Nel portafoglio ha un’immagine della Madonna di Michelangelo
conservata in una chiesa di Bruges. Poco dopo qualcuno tenta di far saltare in
aria la famosa torre del Belfort. C’entra il movimento estremista vallone,
peraltro inattivo da anni? Indaga il commissario Van In, insieme al fidato Versavel.
INTERVISTA A PIETER ASPE, autore
di Caos a Bruges
Bruges, deliziosa città in
miniatura. Bruges romantica. Bruges, oasi di pace. Bruges con il carillon delle
47 campane del Belfort, la Torre
civica. Bruges, museo medievale all’aperto. Sono alcune delle definizioni del
capoluogo fiammingo che si possono trovare in qualunque rivista di viaggi e che
corrispondono all’immagine idilliaca e mitica che la città ha saputo costruire
di sé. E ora arriva PieterAspe, “il Simenon fiammingo” secondo la definizione
de Le Figaro, a distruggere Bruges
come nessuna guerra è riuscita a fare, con i romanzi di indagine poliziesca che
hanno per protagonista il commissario Van In.
Caos a Bruges, secondo libro della serie
pubblicato in italiano dopo Il quadrato
della vendetta, inizia con un incontro in un locale dove si mangia, si beve
e si trovano belle ragazze disponibili. Il tedesco Dietrich Fiedle e il
fiammingo signor Georges di cui per ora non conosciamo il cognome parlano di
affari nel campo del turismo di massa. C’è un accordo che deve essere firmato,
il fiammingo assicura che il sindaco finirà per cedere anche se fa resistenza.
Fiedle deve fidarsi di lui: i fiamminghi mantengono sempre la parola data.
Ma il tono è teso, la discussione si fa
animata, Fiedle sbotta a dire che i tanto rinomati edifici di Bruges che ogni
anni milioni di turisti si precipitano a vedere sono dei falsi. Fatta eccezione
per un paio di monumenti autentici, gli altri sono imitazioni. Fiedle lo sa
bene: durante la guerra suo padre era stato incaricato…Nella sala appartata c’è
una terza persona che il cameriere ha giudicato troppo ubriaca per dare noia ai
due ospiti di riguardo. E’ l’olandese Adriaan Frenkel che esce dalle nebbie
dello stupore alcolico quando sente le parole di Fiedle.
Alle sei del mattino un netturbino
trova Fiedle accasciato vicino al municipio. La cosa più interessante che il
portafoglio di Fiedle contiene è una foto della famosa Madonna di Michelangelo,
esposta nella chiesa di Nostra Signora a Bruges. Strano, è la stessa ma è
diversa: la statua è su uno sfondo di uva turca.
La trama gialla di Caos a Bruges è ben congegnata e non delude, articolata tra gli
interessi economici del presente e scheletri nell’armadio del passato- si parla
della Thule, dell’oro dei Nibelunghi, dell’occupazione nazista e di
collaborazionismo. Affiorano spesso vecchi odî che il tempo non riesce a
cancellare, risentimenti e inimicizie nei confronti dei vicini ‘cugini’
olandesi e del nemico tedesco contro cui si è combattuto in ben due guerre. Ma
la forza trainante del romanzo di Pieter Aspe è nel riuscitissimo personaggio
del commissario Pieter Van In, l’ubriacone più simpatico del genere poliziesco
in cui è piuttosto comune che il commissario o l’investigatore alzi il gomito,
vuoi per dimenticare gli orrori quotidiani del mestiere, vuoi perché è quasi
impossibile entrare in certi locali per fare domande senza ordinare una birra.
Un locale dopo l’altro, una birra dopo l’altra, magari mischiata a qualcosa di
più forte, e non è raro che Pieter Van In debba essere sorretto per arrivare a
casa. E per fortuna c’è al suo fianco l’assistente e amico Guido Versavel, il
suo doppio e il suo opposto: donnaiolo Pieter (e una donna fissa, la bella
Hannelore, sostituto procuratore), omosessuale Versavel; con gli abiti spesso
stazzonati l’uno, elegantissimo l’altro; con un po’ di pancia Pieter Van In, un
fisico scolpito Versavel; intuitivo uno, riflessivo l’altro Entrambi perspicaci.
Entrambi dotati di uno spirito caustico e cinico. Anche se la palma per le
battute più divertenti spetta a Van In che usa, come intercalare,
l’esclamazione Benson im Himmel: per
fortuna a pagina 213 Hannelore gliene chiede il significato, perché, se avesse
potuto, il lettore glielo avrebbe chiesto prima, e c’è una bella storia privata
dietro quelle parole.
Quanto
al titolo, se quello originale, De
Midasmoorden, ha a che fare con il tesoro dei tedeschi, quello italiano,
altrettanto bello, prende spunto da un libro, letto da Van In, sulla teoria del
caos o dell’effetto farfalla, perché le radici degli avvenimenti che sono
appena accaduti affondano in un altro tempo e in un altro luogo.
Abbiamo
intervistato Pieter Aspe per soddisfare la curiosità che la lettura del romanzo
ha suscitato in noi.
Lei
ha fatto molti lavori, prima di scrivere il suo primo libro: come è arrivato
alla letteratura?
E’ vero, nella mia vita ho fatto
parecchi lavori prima di dedicarmi alla scrittura. Ho lavorato per l’industria
tessile, ho fatto il venditore di vini e cereali, poi sono finito a fare il
custode della basilica del Santo Sangue di Bruges. Dopo alcuni anni di questa
vita, mi sono chiesto se fossi davvero soddisfatto. La risposta evidentemente è
stata negativa e nel ‘95 ho consegnato il primo giallo che aveva per
protagonista il commissario Van In. Ora la serie è arrivata al ventiseiesimo
libro, che esce in Belgio proprio fra un mese.
Perché
ha scelto il genere poliziesco?
Ho riflettuto a lungo prima di
dedicarmi al polar. I fiamminghi non sono grandi lettori e volevo dare loro
qualcosa che avessero voglia di leggere. Così, quando nel 1993 feci una lunga
chiacchierata con un amico poliziotto di Bruges, decisi di prendere in mano la
penna.
Capita
spesso che un personaggio assomigli in qualche maniera al suo creatore. Pieter
Van In condivide con Lei il nome Pieter: ha qualcos’altro di Lei? Le
assomiglia?
All’inizio non mi assomigliava affatto
e, col passare degli anni e dei libri, sono stato io a diventare sempre più
simile a lui. Valga come esempio la sua smodata passione per la birra Duvel….
L’aiuto
di Van In che Lei ha creato è un doppio molto originale, quasi in tutto
l’opposto di Van In. E’ stata una scelta per fare in modo di avere due grandi
personaggi che non fossero soltanto l’uno l’ombra dell’altro?
Direi che Versavel e Van In sono il
completamento l’uno dell’altro, sin dall’inizio del processo di creazione erano
per me una coppia: l’uno, Van In, intuitivo, portato per indole a prendere
decisioni di getto, spesso caotico; l’altro, riflessivo, ricopre il ruolo
dell’amico fidato, qualcuno in grado di proteggere e consigliare.
Nei
mie ricordi di tantissimi anni fa, Bruges è una deliziosa cittadina, quasi una
città di bambole. Lei ha mandato in frantumi i miei ricordi. Com’è Bruges in
realtà?
Ho un rapporto di amore-odio verso
questa bellissima città. E’ una piccola cittadina sonnacchiosa, in mano da
molti anni alle stesse famiglie dell’alta borghesia fiamminga che se ne
spartiscono il potere. E’ un piccolo gioiello ricostruito alla maniera
medievale: la maggior parte delle costruzioni risalgono infatti al secolo XIX.
A partire dagli anni ‘70 la maggior parte dei palazzi, che erano stati lasciati
in uno stato di totale incuria, sono stati restaurati e nella decade successiva
si è dato avvio a un imponente piano per rilanciare il turismo. Ha funzionato:
la città, nel bene e nel male, sta rinascendo.
Le
Fiandre e le guerre del passato: quanto pesa il passato sul presente? Quanto
pesano le vecchie inimicizie sul presente?
Ancora oggi si fatica a guardare con
distacco al nostro recente passato. Quando ci fu l’invasione nazista della
seconda guerra mondiale, immediatamente i cittadini furono divisi in due
classi: quelli di serie A, ovvero i fiamminghi, la cui lingua discendeva dallo
stesso ceppo di quella tedesca, e i francofoni, ovviamente di serie B. Se molti
tra i primi appoggiarono Hitler, gli altri si videro privati delle loro
proprietà, scacciati dai loro possedimenti. Ancora oggi sono visti con odio
coloro che si arricchirono durante l’occupazione. Né la Chiesa fu di alcun aiuto:
vide la Germania
di Hitler come un baluardo contro il comunismo.
Il
problema, con gli eroi dei romanzi seriali, è come farli ‘morire’: ci ha
pensato?
Più volte ho pensato di uccidere il
mio commissario, ma non posso farlo: duecentomila fiamminghi sarebbero pronti a
fare la festa a me. Immagino a questo punto che Van In morirà con me. Intanto,
nel nuovo libro della serie, il ventiseiesimo, che ho appena consegnato al mio
editore fiammingo, Van In svolge una parte delle sue indagini a Parigi. Negli
ultimi anni ho passato parecchio tempo in questa città, e ho così voluto far
cambiare aria anche al mio protagonista.
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Herbert Flack che interpreta van In sul piccolo schermo |
E’
stato chiamato ‘il Simenon fiammingo’: Le fa piacere?
Sono stato ovviamente molto lusingato
dal paragone, dovuto al fatto che la giornalista de Le Figaro si era molto divertita leggendo il mio primo libro, Il Quadrato della Vendetta. Credo abbia
citato Simenon per dare ai lettori un riferimento che conoscessero e non tanto
a causa di una reale somiglianza tra i nostri lavori. D’altronde, non posso
neanche dire che Simenon abbia influenzato la mia scrittura, avendone io letto
solo un paio di titoli.
recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos