vento del Nord
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Ragnar Jónasson,
“L’angelo di neve”
Ed. Marsilio, trad. R. Scarabelli, pagg. 242, Euro 15,30
Estremo nord dell’Islanda. Una donna giace
nella neve nel giardino della sua casa. E’ nuda dalla vita in su. Al bambino
che la scopre sembra un angelo di neve, con la pelle color ghiaccio, i capelli
che le fanno da aureola, le macchie di sangue che paiono fiori rossi.
In una scena seguente, senza luogo
e senza tempo, una donna viene assalita da un uomo incappucciato mentre
sta cercando le chiavi per aprire la porta. L’uomo entra in casa con lei, vuole
soldi e gioielli. Naturalmente solo alla fine scopriremo il nesso tra le due
scene, con qualche indizio sparso tra le pagine.
A Reykjavic AriÞor, ex studente di teologia diventato poliziotto, senza un
futuro chiaro davanti nel momento di grave recessione economica per l’Islanda,
riceve la proposta di prestare servizio a Siglufjörður, a quasi 400 chilometri
di distanza dalla capitale. Accetta senza esitare, senza neppure consultare la
fidanzata con cui convive, studentessa di medicina.
Siglufjörður è un luogo a sé, isolato
da tutto. Per arrivarci c’è un tunnel scavato nella montagna e la strada corre
tra pareti di roccia a strapiombo sul mare. E’ un mondo in bianco e nero,
sospeso tra la neve e il ghiaccio e il buio della lunga notte invernale. E’
anche un piccolo mondo chiuso- tutti si conoscono da sempre, a Siglufjörður,
tutti sanno tutto di tutti. E AriÞor, giovane e inesperto, si sente un escluso, guardato con
diffidenza perfino dal gioviale capo della polizia che pretende di aver sempre
ragione. Che ne può sapere un pivellino come AriÞor, appena arrivato e senza esperienza? Quando muore il
vecchio scrittore che è il vanto di Siglufjörður anche se ha scritto un solo
romanzo che gli ha dato una fama che poi lui ha sfruttato negli anni, AriÞor insinua che forse non si tratta di
un incidente- apriti cielo! Non si discute, lo scrittore era vecchio e tendeva
a bere troppo, stava scendendo da una scala nel teatro dove si svolgevano le
prove per un dramma da lui diretto ed è semplicemente caduto. C’erano state
delle parole dure, prima, un litigio, ma è assurdo pensare che qualcuno lo
abbia spinto, che “il reverendo” AriÞor stia al suo posto. Quando viene ritrovata la donna
bianca come un angelo nella neve, perfino l’inossidabile capo della polizia
vacilla nelle sue convinzioni. Due morti (la prognosi sulla donna è incerta) in
così breve tempo in una cittadina in cui non succede mai niente?
Ecco, è l’atmosfera di Siglufjörður la cosa più bella del romanzo di
Ragnar Jónasson. E’ impossibile non essere stregati dalla magia bianca di
questa Islanda descritta da Ragnar Jónasson. Ci sentiamo come AriÞor, dapprima spaesato, con incubi
notturni e crisi di panico, e poi conquistato. E’ come essere in una bolla di
ghiaccio trasparente, ovattati dal frastuono del grande mondo che si affanna al
di fuori e lontano, al riparo dai mille colori che affaticano la vista, in una
realtà bicolore, in un gelo che pare attutire anche i sentimenti, anche la
delusione che AriÞor
prova per la fidanzata che non gli telefona neppure.
La trama del romanzo, invece, lascia
parecchio a desiderare. E’, tutto sommato, un ‘giallo a porte chiuse’ anche se
non ci sono porte. Ci sono barriere di neve, che è ancora peggio, in una
cittadina isolata oltretutto dal maltempo, per cui il colpevole deve essere una
delle persone del posto. Anche se è spiacevole, anche se non si vorrebbe
ammettere, anche se si fa fatica a dissotterrare vecchi segreti, a guardare una
realtà che non piace. La vicenda, tuttavia, con tutti i retroscena, è banale e
nessuno dei personaggi (forse con l’eccezione di AriÞor) è approfondito.
Leggetelo se avete in programma un viaggio in Islanda o se ne siete
appena ritornati- io odio il freddo ma mi è venuta voglia di partire dopo aver
letto “L’angelo di neve”.
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