Voci da mondi diversi. Africa
saga
il libro ritrovato
Aminatta Forna, “Le pietre degli avi”
Ed. Feltrinelli, trad. Katia
Bagnoli, pagg. 293, Euro 16,50
La storia di quattro sorelle dagli anni venti all’inizio del nuovo millennio,
raccontata da loro stesse in un alternarsi di voci. Detto così, parrebbe uno
dei tanti romanzi al femminile, “Le pietre degli avi” di Aminatta Forna.
Sbagliato. Perché la scrittrice è nata a Glasgow ed è cresciuta tra Regno Unito
e Sierra Leone, il paese della sua famiglia, e lei stessa ci dice che l’idea
per questo libro le è venuta mentre faceva ricerche per quello che stava
scrivendo su suo padre, leader dell’opposizione democratica in Sierra Leone
assassinato nel 1975. Era arrivata al villaggio dove il padre era nato e aveva
ascoltato per ore la zia raccontare storie
della sua famiglia- e a questo punto si era resa conto che quelle storie
dovevano trovare spazio sulle pagine di un romanzo. “Le pietre degli avi” è,
sì, dunque, la storia di quattro sorelle, ma è anche la storia di un paese per noi lontano e sconosciuto, della sua cultura e delle sue usanze, del passato sotto il dominio britannico,
dell’indipendenza raggiunta nel 1961
e della guerra civile negli anni
‘90.
Le quattro sorelle, Asana, Mary, Hawa e
Serah, appartengono ad una famiglia insolita per il mondo europeo: figlie dello stesso padre e di quattro
delle sue undici mogli. Nella prima delle quattro sezioni in cui è diviso
il romanzo ognuna di loro parla della propria infanzia e quindi della madre, in
una sorta di flashback che ci porta ancora più indietro nel tempo, in una
società in cui il fardello più pesante da portare era delle donne, scelte, comperate da un uomo che eleggeva poi
una favorita e che poteva ripudiare la moglie sospettata di infedeltà. E’ una
società di uomini padroni e donne serve che
diventano adulte due volte nella vita: quando vengono ‘iniziate’ in un rito
nella foresta e quando si sposano.
Eppure qualcosa
cambia, seppur lentamente, e lo apprendiamo dalle voci di Asana, che finirà
per diventare una mambore, una donna
che vive come un uomo gestendo un negozio, della dolce Mary, cresciuta in una
scuola di suore, di Hawa, a cui un medico lega arbitrariamente le tube perché
non faccia più figli, di Serah, la più giovane e la più politicamente
consapevole delle quattro. Le sorelle non ci raccontano solo della piccola vita
famigliare fatta di cure quotidiane, amore (quanto diverso da quello dei
romanzi occidentali), figli, ma anche- attraverso uno sguardo privato- di due mondi a confronto, uno- quello dei
bianchi- che si impone a forza su quello dei neri. Così Mary che riceve questo
nome dalle suore con il battesimo, al posto di quello che le avevano dato i
genitori, Mariama; o l’esperienza di Hawa, al servizio di uno dei bianchi che
sfruttano il lavoro degli indigeni nelle miniere. O ancora Mary che va a
studiare in Inghilterra con una borsa di studio e viene emarginata. Non regge,
Mary, la salva Serah che, invece, in Inghilterra trova la sua strada, per
ritrovarsi poi confinata di nuovo tra le mura domestiche dopo il rientro in
patria, mentre il marito lavora con il nuovo governo antidemocratico che fa
scomparire i dissidenti- tra di loro il ragazzo di cui Serah era stata
innamorata.
Nel libro di Aminatta Forna l’Africa nera parla con la voce delle sue
donne- come se la voce uscisse dalle pietre che Mariama regala alla
scrittrice che metterà su carta le loro testimonianze, come se le pietre stesse
fossero la storia di secoli, oppure come se fossero incarnazione della dura essenza femminile che si riscalda al tocco di
una mano.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
della stessa scrittrice il bellissimo "Il ricordo dell'amore" messo online sul blog nel 2014. Cercare con l'etichetta "Voci da mondi diversi. Africa"
Nessun commento:
Posta un commento