Voci da mondi diversi. Europa dell 'Est
guerra
FRESCO DI LETTURA
Sándor
Kopácsi, “Abbiamo quaranta fucili, compagno colonnello”
Ed. e/o,
trad. A. Trezza, pagg. 419, Euro 13,60
Budapest. 23 ottobre 1956: iniziava la rivoluzione ungherese. 4 ottobre
1956: dopo neppure quindici giorni di lotta e di folle esaltazione, la
rivoluzione era già finita, sotto i cingoli dei carri armati sovietici.
“Abbiamo quaranta fucili compagno colonnello” è il racconto di quei giorni, del
periodo precedente e dei sette anni seguenti, fatto da uno dei protagonisti
principali- Sándor Kopácsi, allora
questore della città, da sempre membro del partito comunista.
La rivoluzione era incominciata come una semplice manifestazione degli
studenti in sostegno degli avvenimenti di Poznán, in Polonia, dove il regime aveva duramente
represso un’altra manifestazione di studenti, e si era poi trasformata in una
accesa protesta contro la dittatura di tipo stalinista di Matyás Rákosi e più
genericamente contro la presenza sovietica in Ungheria.
Era come un fuoco che
covava sotto la cenere e che divampò veloce e improvviso: le scene descritte da
Kopácsi, dei poliziotti che si erano affiancati ai manifestanti che avrebbero
dovuto combattere, sono significative. Lo stesso Sándor Kopácsi, la cui fedeltà al partito non si
poteva mettere in dubbio, ebbe solo alcuni momenti di esitazione prima di
aderire alla rivoluzione. Si trattava- dopo tutto- di scegliere se seguire il
famigerato e odiato Rákosi oppure il nuovo eroe della scena ungherese, l’ex
primo ministro Imre Nagy, che già aveva mostrato la sua propensione per un
nuovo corso, moderando l’industrializzazione, permettendo ai contadini di
abbandonare la collettivizzazione, scarcerando prigionieri e cercando in ogni
modo di ridurre l’atmosfera del terrore. Che c’era sempre, peraltro.Imre Nagy |
Il terrore, la paura delle delazioni o
di essere sorvegliati, la quotidiana incertezza sulla sicurezza della vita
propria e dei propri famigliari, serpeggiano nelle pagine di Sándor Kopácsi, che è un testimone oculare e un
narratore di eccezione. Racconta di quei giorni convulsi, del coraggio degli
studenti che combattevano con armi fatte in casa, delle bottiglie molotov,
delle bandiere sventolanti a cui era stata tagliata via la parte con l’emblema
che ne dichiarava l’appartenenza all’Unione Sovietica trasformandole nel
tricolore nazionale. E’ molto umano, Sándor
Kopácsi, e nel suo racconto, dal passo veloce, quasi ansimante per tutte
le novità che si susseguono e a cui è difficile stare dietro, dettagliato e
appassionato, c’è posto anche per l’amore per la moglie, per dirci dei comportamenti
impulsivi e anticonvenzionali di lei, e per la preoccupazione per la sorte
della figlia che, fortunatamente, trovò riparo presso l’ambasciata jugoslava
insieme a ‘zio Imre’.
La caduta, dopo l’esaltazione alle stelle. Come avevano potuto
illudersi, gli ungheresi, che l’Unione Sovietica li avrebbe lasciati andare?
Dapprima furono voci, poi il rombo inequivocabile dei grossi mostri T34 che si
avvicinavano. I carri armati nella bella città sul Danubio. Sándor Kopácsi fu arrestato. Imre Nagy pure, e a tradimento,
perché, trasportato in aereo in Romania, gli era stata assicurata la vita (morì
impiccato il 16 giugno 1958). Sándor
Kopácsi fu condannato all’ergastolo, liberato per un’amnistia dopo sette
anni.
Il tono di voce di Sándor Kopácsi
è cambiato. Si sente la delusione, la sofferenza, anche quella fisica, la lotta
interna per non farsi sopraffare dallo scoramento. Descrive il processo, e poi gli
anni di prigione, le torture, la reazione alle notizie che filtrano,
l’altalenarsi di speranze e frustrazioni. Poi la libertà e il mancato riconoscimento
dei diritti civili. Infine l’emigrazione, raggiungendo la figlia che già era
stata mandata in Canada. Sappiamo che Sándor
Kopácsi è morto a Toronto nel 2001. Di lui ci resta questo libro: anche
se non possiamo non tener conto che è uno scritto soggettivo, “Abbiamo quaranta
fucili, compagno colonnello” è pur sempre una testimonianza straordinaria.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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