Voci da mondi diversi. America Latina
il libro dimenticato
Heloneida Studart,
“Passaporto per il mio corpo”
Ed.
Marcos y Marcos, trad. Daniele Petruccioli, pagg. 301, Euro 14,45
Anni ‘60 in Brasile, gli anni della dittatura
militare, degli arresti senza habeas
corpus, delle torture più
efferate senza bisogno di un ‘passaporto’ per il corpo della vittima, dei desaparecidos. “Nessuno ci giudicherà,
Carmélio, neppure nel secondo millennio”, dice il maggiore Fernando all’uomo
che fa il lavoro sporco per lui. “La nostra politica non cambierà. Stammi bene
a sentire: non ci saranno rivolgimenti. Nessuno mai si azzarderà ad accusarci.”
Ah, l’arroganza dei signori del Male.
Perché
Carmélio, voce narrante di questo bellissimo romanzo della scrittrice
brasiliana Heloneida Studart, ha dei ripensamenti, gli è successo qualcosa dopo
aver adempiuto il suo ultimo compito- doveva andare nel Nordeste, a Fortaleza,
e uccidere un uomo. Facile facile. Andare, trovare l’uomo che dava fastidio,
ucciderlo, prendere un aereo e tornare a Rio. Carmélio era andato, aveva
trovato l’uomo e lo aveva ucciso. Ma aveva anche incontrato una ragazza,
Dorinha, di cui si era innamorato perdutamente. E l’amore rende fragili. Gli
occhi sdegnosi di una ragazza da cui si vorrebbe ricevere uno sguardo d’amore
obbligano a guardarsi dentro, a vedere che cosa c’è in noi che suscita
repulsione e orrore. C’è tanto, nel caso di Carmélio.
Fortaleza |
Potrebbe definirsi un ‘romanzo di
formazione’, “Passaporto per il mio corpo”? Forse, perché è indubbio che
Carmélio cambia attraverso le nuove esperienze e c’è anche un viaggio nella
parte finale del libro, un secondo viaggio che è esattamente l’opposto del
primo che aveva portato Carmélio da Rio a Fortaleza, perché questo è un vero e
proprio pellegrinaggio penitenziale che avrebbe dovuto coronare il cambiamento
di Carmélio. Dorinha avrebbe detto che inseguivano il loro dolore ‘nel
tentativo di estirparlo, nella speranza di veder cadere a uno a uno i vermi che
ci mangiavano l’anima.’ Il Carmélio del primo viaggio con l’obiettivo di morte
è un uomo prestante che ama parlare di sé in un linguaggio crudo, mescolando il
presente con il passato, ricordando la donna che lo ha allevato e rimpiangendo
di non aver mai conosciuto la madre che lo ha abbandonato neonato.
A Carmélio
manca l’amore materno, sembra suggerire che è questa mancanza che lo ha spinto
sulla via di un Male che ancora non definisce tale. Carmélio è spavaldo e
sfrontato. Si vanta della freddezza con cui è stato capace di torturare
prigionieri, dell’inventiva nello scovare nuovi mezzi di tortura. Si fa beffe
delle suppliche delle vittime. I ricordi affiorano irregolarmente, mentre
Carmélio è a Fortaleza dove, nella biblioteca pubblica, incontra Dorinha e
capisce subito che mente, quando gli dice di non conoscere l’uomo che lui sta
cercando. Dorinha che è diversa da tutte le donne che Carmélio ha conosciuto, è
avvolta in un’aura sacra come quella che nella sua immaginazione avvolge la
madre ignota. Ed è adesso che i ricordi di Carmélio incominciano a tingersi di
scuro- i corpi gettati in mare dagli aerei, quelli sepolti vivi, e poi,
soprattutto, quell’uomo che non aveva detto una parola, neppure il suo nome. E’
la sua immagine che tortura Carmélio, in un rovesciamento dei ruoli. “C’è il
castigo di Dio”, dice Carmélio al maggiore Fernando quando ormai gli pare di
impazzire. “Dio è con noi”, risponde il maggiore usando il motto dei cavalieri
teutonici che diventò poi quello dei nazisti.
sertao |
albero del fuoco |
E così Carmélio intraprende il secondo
viaggio unendosi a dei pellegrini che non hanno idea di chi egli sia in realtà-
c’è una donna distrutta dal dolore perché le è morto un figlio (chissà se è uno
di quelli che Carmélio ha ucciso), un omosessuale che piange un amore
impossibile e Dorinha, naturalmente, che sa che è stato Carmélio ad ammazzare
l’uomo che lei amava (ma Carmélio non sa che lei sa).
Non aspettatevi la redenzione finale e la pace delle anime. Tutt’altro.
La fine è tragica e non potrebbe essere altrimenti. Sullo sfondo, dopo Rio e
Fortaleza, il sertão senza orizzonti, una zona semi-desertica che si popola di
fantasmi, un paesaggio dell’anima.
Un libro bellissimo. Peccato averlo dimenticato per anni sullo scaffale.
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