lunedì 10 ottobre 2016

Alain Gillot, “Una scacchiera nel cervello” ed. 2016

                                                           Voci da mondi diversi. Francia
            FRESCO DI LETTURA

Alain Gillot, “Una scacchiera nel cervello”
Ed. e/o, trad. S. Manfredo, pagg. 187, Euro 13, 60


    E’ Léonard, dodici anni, che ha una scacchiera nel cervello. Non solo perché è imbattibile a giocare a scacchi. Non solo perché ha un quadernetto nero su cui ha annotato tutte le mosse delle partite più famose di scacchi, ma perché applica la strategia o la visione scacchistica del mondo a tutto: se le mosse di un ipotetico avversario possono essere previste in base ad un certo numero di probabilità, è più che possibile vincere. E’ più che possibile cavarsela nella vita.
    Léonard ha la sindrome di Asperger- lo spiega la neuropsichiatra allo zio Vincent, quando Léonard ha dovuto essere portato in ospedale per un infortunio mentre giocava a calcio. Vincent, allenatore di una squadra giovane di calcio dopo aver dovuto rinunciare lui stesso alla carriera di calciatore per un incidente che gli ha danneggiato un ginocchio, non sa nulla dell’Asperger. “Una persona affetta da questa sindrome non percepisce le cose come lei e me”, gli dice la dottoressa Catherine Vandrecken. “il che non vuol dire che sia pazza o deficiente.” E gli spiega con un esempio come funziona il cervello degli Asperger- “noi classifichiamo i nostri pensieri in scatole che si sono formate durante i primi anni di vita e che ci permettono di orientarci”, riusciamo a reagire senza fatica alle situazioni che ci si presentano. Non è così per un Asperger. Per ragioni genetiche nel suo cervello non si sono formate queste scatole e se le deve inventare di volta in volta. Léonard è come ‘un marziano che cammina sulla terra’. Come fa a vivere tra di noi un marziano? Cerca di imitarci. Per lo più è molto intelligente, perciò osserva, classifica, memorizza e poi usa queste informazioni per dedurre che cosa fare. Estenuante. Ecco perché Léonard piomba in sonni profondi e improvvisi.

    Alain Gillot, che ha alle spalle lavori vari e che è arrivato alla scrittura attraverso il giornalismo sportivo, ha scelto un tema insolito per il suo romanzo. Forse è meno insolito l’aver messo un ragazzino con la sindrome di Asperger al centro del suo libro che l’aver trattato il gioco del calcio in maniera nuova, facendocelo vedere da un’angolazione diversa- il calcio come gioco di intelligenza, il calcio come terapia.
Quando la madre di Léonard affida suo figlio al fratello Vincent per dieci giorni, gli accenna alcune stranezze comportamentali del ragazzino- è un solitario, ha le sue manie e le sue regole fisse, è difficile che risponda se interpellato, dorme molto. Quando Vincent dice che lo porterà con sé agli allenamenti della squadra di calcio, la sorella ride- Léonard odia gli sport, figurarsi se giocherà.
E invece. Vincent ci sa fare con i ragazzi dell’età di Léonard. Prende atto dei comportamenti inusuali del nipote, ma lo lascia fare. Si osservano a vicenda, Vincent e Léonard, e, a poco a poco, Vincent apre una breccia nel cuore di Léonard. Che lo segue sul campo di calcio. Un po’ refrattario, ma lo segue. Giocherà in porta. E come è possibile che questo ragazzo goffo, dalla testa con la forma un po’ strana, riesca sempre a fermare la palla?

Ci sarà poi l’episodio dell’infortunio, dell’ospedale, della dottoressa che chiarisce la sindrome di Asperger a Vincent (lui è certo che sua sorella, nella sua superficialità, non ne abbia la minima idea), Vincent che tira fuori tutti i video di partite e lascia che Léonard li guardi, anzi che li studi, proprio come ha fatto per i tornei di scacchi. Léonard si è costruito delle ‘nuove scatole’ nel cervello, e non gli servono soltanto sul campo- c’è una maggiore capacità di adattamento in lui. Che cosa succederà quando dovrà tornare da sua madre che cambia di continuo lavori e compagni di letto e che non è mai riuscita ad instaurare un rapporto con il figlio?


     E’ una piacevole lettura, “Una scacchiera nel cervello”, anche per chi (come me) mai si sarebbe avvicinato ad un libro che si svolgesse in parte su un campo di calcio. Proprio per il suo approccio non convenzionale, e perché la scrittura di Gillot ha tatto e garbo, perché è scorrevole con quell’intreccio che alterna le difficoltà di Léonard con quelle dell’infanzia di Vincent.




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