Voci da mondi diversi. Francia
FRESCO DI LETTURA
Alain Gillot, “Una
scacchiera nel cervello”
Ed. e/o, trad. S. Manfredo, pagg. 187, Euro 13, 60
E’ Léonard, dodici anni, che ha una
scacchiera nel cervello. Non solo perché è imbattibile a giocare a scacchi. Non
solo perché ha un quadernetto nero su cui ha annotato tutte le mosse delle
partite più famose di scacchi, ma perché applica la strategia o la visione scacchistica
del mondo a tutto: se le mosse di un ipotetico avversario possono essere
previste in base ad un certo numero di probabilità, è più che possibile
vincere. E’ più che possibile cavarsela nella vita.
Léonard ha la sindrome di Asperger- lo
spiega la neuropsichiatra allo zio Vincent, quando Léonard ha dovuto essere
portato in ospedale per un infortunio mentre giocava a calcio. Vincent, allenatore
di una squadra giovane di calcio dopo aver dovuto rinunciare lui stesso alla
carriera di calciatore per un incidente che gli ha danneggiato un ginocchio,
non sa nulla dell’Asperger. “Una persona affetta da questa sindrome non
percepisce le cose come lei e me”, gli dice la dottoressa Catherine Vandrecken.
“il che non vuol dire che sia pazza o deficiente.” E gli spiega con un esempio
come funziona il cervello degli Asperger- “noi classifichiamo i nostri pensieri
in scatole che si sono formate durante i primi anni di vita e che ci permettono
di orientarci”, riusciamo a reagire senza fatica alle situazioni che ci si
presentano. Non è così per un Asperger. Per ragioni genetiche nel suo cervello
non si sono formate queste scatole e se le deve inventare di volta in volta.
Léonard è come ‘un marziano che cammina sulla terra’. Come fa a vivere tra di
noi un marziano? Cerca di imitarci. Per lo più è molto intelligente, perciò
osserva, classifica, memorizza e poi usa queste informazioni per dedurre che
cosa fare. Estenuante. Ecco perché Léonard piomba in sonni profondi e
improvvisi.
Alain Gillot, che ha alle spalle lavori
vari e che è arrivato alla scrittura attraverso il giornalismo sportivo, ha
scelto un tema insolito per il suo romanzo. Forse è meno insolito l’aver messo
un ragazzino con la sindrome di Asperger al centro del suo libro che l’aver
trattato il gioco del calcio in maniera nuova, facendocelo vedere da
un’angolazione diversa- il calcio come gioco di intelligenza, il calcio come
terapia.
Quando la madre di Léonard affida
suo figlio al fratello Vincent per dieci giorni, gli accenna alcune stranezze
comportamentali del ragazzino- è un solitario, ha le sue manie e le sue regole
fisse, è difficile che risponda se interpellato, dorme molto. Quando Vincent
dice che lo porterà con sé agli allenamenti della squadra di calcio, la sorella
ride- Léonard odia gli sport, figurarsi se giocherà.
E invece. Vincent ci sa fare con
i ragazzi dell’età di Léonard. Prende atto dei comportamenti inusuali del
nipote, ma lo lascia fare. Si osservano a vicenda, Vincent e Léonard, e, a poco
a poco, Vincent apre una breccia nel cuore di Léonard. Che lo segue sul campo
di calcio. Un po’ refrattario, ma lo segue. Giocherà in porta. E come è
possibile che questo ragazzo goffo, dalla testa con la forma un po’ strana,
riesca sempre a fermare la palla?
Ci sarà poi l’episodio
dell’infortunio, dell’ospedale, della dottoressa che chiarisce la sindrome di
Asperger a Vincent (lui è certo che sua sorella, nella sua superficialità, non
ne abbia la minima idea), Vincent che tira fuori tutti i video di partite e
lascia che Léonard li guardi, anzi che li studi, proprio come ha fatto per i
tornei di scacchi. Léonard si è costruito delle ‘nuove scatole’ nel cervello, e
non gli servono soltanto sul campo- c’è una maggiore capacità di adattamento in
lui. Che cosa succederà quando dovrà tornare da sua madre che cambia di
continuo lavori e compagni di letto e che non è mai riuscita ad instaurare un
rapporto con il figlio?
E’ una piacevole lettura, “Una
scacchiera nel cervello”, anche per chi (come me) mai si sarebbe avvicinato ad
un libro che si svolgesse in parte su un campo di calcio. Proprio per il suo
approccio non convenzionale, e perché la scrittura di Gillot ha tatto e garbo,
perché è scorrevole con quell’intreccio che alterna le difficoltà di Léonard
con quelle dell’infanzia di Vincent.
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