Voci da mondi diversi. Medio Oriente
romanzo 'romanzo'
FRESCO DI LETTURA
Dorit Rabinyan, “Borderlife”
Ed. Longanesi, trad. Elena
Loewenthal, pagg. 373, Euro 15,00
Autunno, Inverno, Estate- come è breve il
tempo dell’amore di Liat e Himli. Non inizia con la primavera, come avviene
spesso, quasi una metafora, per lo sbocciare dell’amore. Salta la primavera,
nel corso delle stagioni, nel clima inclemente di New York, e chissà se questa
assenza di primavera non contenga un oscuro presagio.
Poteva fiorire solo a New York, nel
melting-pot americano, la storia d’amore tra Liat, israeliana che si trova lì
per motivi di studio, e Himli, il pittore arabo che da anni vive nella Grande
Mela. Un incontro casuale, Himli ha un messaggio da parte di un amico che non
può incontrare Liat nel caffè dove avevano appuntamento. Colpo di fulmine.
Ma
lei è di Tel Aviv, lui di Ramallah. Per una notte insieme poco importa che i
loro popoli siano nemici, che Liat abbia prestato servizio nell’esercito e
chissà se qualcuno che lei conosce abbia partecipato a qualche azione contro
gli arabi. I giorni passano, le notti pure- perché dire ‘basta’ se l’attrazione
che provano, se l’interesse reciproco, se la magia dell’amore non dà segno di
finire? Liat cerca di tenere i piedi per terra, crede che sarà capace di
godersi questa felicità intensa senza pensare a nulla- dopotutto è un amore con
la data di scadenza: lei ha già acquistato il biglietto aereo per il volo di
ritorno, a maggio. Inutile anche solo immaginare che ci possa essere una
qualche possibilità di unione duratura fra loro due.Ramallah |
E’ Liat a raccontare questa moderna versione dell’eterna storia di un
amore impossibile come quello di Romeo e Giulietta- al posto dell’odio tra due
famiglie, quello tra due popoli. E Dorit Rabinyan ha la penna leggera,
l’argomento è scottante e irto di insidie, sappiamo tutti che la realtà è che
non sarà l’amore tra due giovani a salvare il mondo. Vengono fuori tante cose,
nei dialoghi tra Liat e Himli, a frammenti, non tutte insieme perché il cumulo
non sia schiacciante- la storia della famiglia di Himli che inizia nel lontano ‘48
quando persero la loro casa, del passaggio da Hebron e poi della vita a Ramallah,
dei fratelli e delle sorelle, alcuni con studi universitari alle spalle, non
sono i poveri lavoratori che ogni giorno passano il confine per guadagnare
qualcosa. Eppure, quando Liat telefona ai genitori, si irrita se Himli è vicino
a lei- loro continuano a chiedere se si è trovata un bravo ragazzo ebreo e lei
svicola, non dice nulla. Vengono fuori somiglianze e differenze tra i due
popoli- ironicamente si dice che siano popoli ‘cugini’, ma è vero che ci sono
parole che hanno lo stesso significato nelle due lingue, che ci sono alcuni
modelli di comportamento simili, che hanno- ed è motivo di guerra- la stessa
terra nel cuore. Quando il gelo dell’inverno del 2003 attanaglia New York, Liat
e Hilmi hanno la nostalgia dello stesso mare, dello stesso cielo, del vento
caldo, degli ulivi dalle foglie grigie. Poi, quando il discorso cade sulla
politica, l’atmosfera prende fuoco- Stato binazionale, due Stati, non si
metteranno mai d’accordo.
Tel Aviv |
Come finisce “Borderlife”, questa storia
di vite sulla frontiera tra guerra e pace, su una frontiera eretta con un muro
che divide il paese come una lunga cicatrice? Non in maniera banale, non in un
modo che potreste aspettarvi, e tuttavia lasciandoci dentro una grande
tristezza. Dorit Rabinyan non vuole offrire soluzioni facili o sentimentali in
questo romanzo che è nello stesso tempo duro e poetico. Anzi, si avverte uno
scoramento, la sensazione che non ci sia via d’uscita.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
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