il libro ritrovato
E’ sempre capace di sorprenderci, Alicia Giménez-Bartlett.
Gli ultimi due libri che la casa editrice Sellerio ha pubblicato della
scrittrice spagnola sono stati, nel 2003, “Una stanza tutta per gli altri”, in
cui la protagonista indiretta era Virginia Woolf, vista attraverso gli occhi
della domestica Nelly, e nel 2004 “Un bastimento carico di riso”, con la coppia
famosa di investigatori Petra Delicado e Fermín Garzón. Ancora un personaggio
del tutto diverso in “Vita sentimentale di un camionista” (Ed. Sellerio, pagg.
275, Euro 14,00) e Alicia Giménez-Bartlett riesce perfettamente a dare voce ai
pensieri, ai sentimenti, alle reazioni di un uomo che vive essenzialmente nella
sua fisicità, nel suo essere “uomo” in quanto si relaziona alle donne che usa
per il suo soddisfacimento. Un camionista è un po’ come un marinaio, la strada
è un simbolo di libertà come il mare, le città sono i porti in cui fermarsi,
trovare una donna per passare qualche ora piacevole portandosela a letto e
magari anche invitandola ad una cena romantica, e poi ripartire verso un’altra
meta e un’altra preda. Nessuna complicazione, nessun piagnisteo, nessuna
richiesta- per quello basta e avanza la moglie a casa, che non si capisce
perché abbia sempre il muso, con la vita che lui le permette di fare con quello
che guadagna.
E’ tutta lì la vita di Rafael, finché incontra una donna che
ribalta la situazione e mette lui nella posizione di quello che aspetta- le
telefonate, gli appuntamenti, le decisioni sul quando e come fare l’amore,
qualche parola dolce che però lei non dice mai. E perderà tutto, Rafael,
quest’ultima donna ma anche la moglie, le figlie, l’amante fissa a Valenza.
Senza capire il perché. Stilos ha incontrato Alicia Giménez-Bartlett per parlare
con lei di tutti i suoi personaggi.
La coppia di
ispettori di polizia dei suoi romanzi è forse la più simpatica tra quelle dei
romanzi del genere, a volte sembrano un’interpretazione nuova di Don Chisciotte
e Sancho. Che tipo di persone aveva in mente quando li ha “creati”?
Mi lusinga molto essere in qualche modo
paragonata a Cervantes perché credo che tutti, in Spagna, siamo cresciuti
nell’aura di Cervantes. Petra è naturalmente molto diversa dall’idealista Don
Chisciotte perché è molto cinica, e c’è invece del materialismo di Sancho in
Fermín. Quando ho pensato al personaggio di Petra, mi interessava che la donna
della coppia di ispettori fosse una donna forte in una posizione di potere e
che l’uomo fosse il suo vice, perché normalmente è il contrario, le donne hanno
poco potere nei romanzi polizieschi. Lei è più aperta e lui è più tradizionale.
Chissà, si potrebbe dire che Petra è la prima della generazione di donne
progressiste in Spagna e Fermín è l’ultimo degli uomini tradizionali.
Nell’ultimo romanzo della serie, “Un bastimento carico di riso”, è più
evidente un cambiamento in loro, anche nei confronti l’uno dell’altro.
In effetti tra di loro è nata una
grande amicizia perché sono arrivati a capirsi, sono comprensivi l’uno con
l’altro perché nessuno dei due ha qualcosa di grave da rimproverare all’altro
sesso, non hanno rancori. Petra ha due matrimoni falliti alle spalle ma questo
non le ha dato una visione negativa degli uomini; Fermín si rende conto che le
donne moderne possono essere buone compagne, possono bere e dire parole forti e
non succede niente. E’ una cosa nuova per lui. E credo che questa amicizia si
manterrà nei prossimi libri.
In ogni suo romanzo è come se lei puntasse un dito verso qualche “buco
nero” della nostra società: prende spunto da casi veri, dalla cronaca dei
giornali?
No, per quello che
riguarda i dettagli dei casi veri e propri, prendo però spunto da tipi di
delitti commessi in ambienti determinati. Per prima cosa cerco l’ambiente in
cui vogliono succedano i delitti, poi invento un caso preciso ed esploro un
poco questo ambiente con i consigli e i suggerimenti della polizia.
Il caso più scioccante è forse quello di “Messaggeri dell’oscurità”,
quello delle sette religiose.
E quello è l’unico che
ho preso da una cronaca reale. Quando il libro è uscito in Spagna, i critici
hanno detto che era un’invenzione esagerata, e invece la storia viene da un
caso vero successo ad Amsterdam. Avevo letto una notiziola su un giornale in
cui si diceva che a un commissariato era arrivato per posta un pene tagliato.
Non c’era nessun indizio sul caso e io ho inventato tutto il resto. Quanto alle
sette, sono reali, ci sono molti libri sulle sette di vario genere. Quello che
è strano è che non c’è niente di inventato proprio nel libro che sembra più
irreale. Questo prova che la vita supera l’immaginazione.
Petra sullo schermo |
Il più “perverso” è quello di “Un serpente in paradiso” in cui le
frecce sono dirette verso una certa classe sociale.
Barcellona è una città
molto bella ma molto classista e le differenze sociali sono marcate
geograficamente perché i quartieri hanno delle separazioni molto nette: vicino
al mare ci sono quelli più umili, salendo verso la montagna ci sono le
abitazioni delle classi sociali superiori e a San Cugat, dove è ambientato il
romanzo, vivono esclusivamente i molto ricchi. Ecco, io ho rivolto la mia
attenzione a questa urbanizzazione- i giovani ricchi sono tutti molto simili
gli uni agli altri, hanno bei bambini, una moglie, un lavoro, belle auto e
apparentemente tutto è perfetto. Non ho resistito alla tentazione di mettere
un’imperfezione in questa apparenza meravigliosa.
Come si è addentrata nell’ambiente dei barboni nel romanzo “Un
bastimento carico di riso”?
Siamo abituati a vedere
in televisione le disgrazie del terzo mondo e noi, che viviamo in un mondo
privilegiato, riusciamo anche a provare compassione davanti a quelle immagini
di gente lontana. I barboni li possiamo vedere ovunque vicino a noi, in strada,
nelle stazioni della metropolitana. I barboni ci danno fastidio, perché sono
sporchi, puzzano. Mi domandavo, da dove vengono questi uomini? Come sono
arrivati a questo punto? I servizi sociali mi hanno molto aiutato nelle mie
ricerche. Ho saputo, ad esempio, che ai barboni viene dato da mangiare e un
alloggio soltanto per un mese perché non si abituino e diventino cronici- è
tutto molto cinico. In città come Barcellona o Madrid ai barboni si compera un
biglietto del treno per la città più vicino…Quello dei barboni è un mondo
terribile vicino a noi e non lo conosciamo.
E perché il titolo “Un bastimento carico di riso”?
Il titolo ha un’origine
divertente; c’era uno di quei programmi televisivi in cui viene fermata la
gente per strada e gli si chiede che cosa farebbero se vincessero tanti soldi
alla lotteria. La maggior parte delle persone risponde ‘pagherei il mutuo’
oppure ‘mi comprerei un’auto’ o ‘farei il giro del mondo’. Un barbone
dall’aspetto molto vispo ha risposto, ‘mi comprerei un bastimento carico di
riso’ e non voleva dire che aveva fame di riso, ma voleva dare una risposta
assurda come era assurda la possibilità di vincere alla lotteria.
Due suoi romanzi sono invece completamente diversi e la loro
particolarità è l’angolatura da cui la storia viene raccontata. In “Una stanza
tutta per gli altri” Virginia Woolf viene vista attraverso gli occhi e la penna
della sua domestica, si crea un poco l’impressione del film di Altman “Gosford
Park”. Com’è nato questo romanzo?
Sì, però in “Gosford
Park” è tutta una finzione, mentre nel mio romanzo tutti i riferimenti, persino
le date, sono presi dai diari di Virginia Woolf. Io ho inventato solo le parti
in cui appaiono i servitori da soli; tutti gli altri episodi, piccoli e grandi,
di cui parla Nelly sono raccontati dalla scrittrice, io li ho immaginati
raccontati dalla domestica. Mi è venuta l’idea proprio leggendo i diari di
Virginia Woolf. Nei suoi diari la presenza della domestica è molto importante e
i pensieri della scrittrice sono spesso rivolti a lei. C’è addirittura una
frase della Woolf che dice, “Se fossi un’altra persona e conoscessi l’esistenza
della mia domestica e il rapporto che c’è tra me e lei, ci scriverei un libro”.
E mi è parsa una buona idea, il libro era già lì. C’erano dei suggerimenti per
tante idee in un libro del genere, soprattutto che niente è come appare:
Virginia Woolf era una femminista ma era anche molto classista, e allora la
domanda che ci si pone è, “che cosa viene prima, il femminismo o la classe
sociale?”. Mi interessava vedere come una persona come Nelly, dopo un’esperienza
del genere, finisca per essere spaesata, per non trovarsi più a suo agio da
nessuna parte: Nelly non si è mai sposata, sentiva i commenti che la Woolf faceva sul matrimonio,
si sentiva importante e disprezzava un poco gli altri domestici perché loro non
erano in casa di artisti, non sapevano che cosa fosse uno spirito elevato. E mi
piaceva seguire i cambiamenti di Nelly anche nei confronti della Woolf,
all’inizio ne era affascinata e poi è diventata sempre più critica nei suoi
confronti.
In “Vita sentimentale di un camionista” il punto di vista è quello di
un camionista, un uomo che, come i marinai, ha una donna in ogni città. E
tuttavia il risultato è quello di un libro molto “femminista”, ogni lettrice
sarà soddisfatta alla fine del romanzo.
Avevo intervistato
molti camionisti prima di scrivere questo romanzo e quello che mi interessava
non era tanto dare una lezione agli uomini, ma osservare come il movimento nel
mondo delle donne- che in Spagna è stato molto grande e rapido- abbia spiazzato
gli uomini che non sanno più quale è la loro posizione, il loro ruolo.
Soprattutto gli uomini di scarsa cultura si sentono persi; le donne lavoratrici
sono cambiate, hanno le idee più chiare, guardano la TV , leggono i giornali, sono
più informate, recepiscono nuove idee e nuovi modelli. Il camionista mi fa
pena, è un solitario, è un uomo che cerca di fuggire dalla sua mediocrità e
dalla vita dura che fa per mezzo delle donne ma, nonostante tutto, è un
disgraziato. Gli uomini hanno meno interessi, hanno perso il potere e non hanno
niente con cui sostituirlo.
Che tipo di romanzo sarà il prossimo?
Il prossimo che sarà pubblicato in Italia è un’antologia con quattro
racconti che hanno Petra come protagonista e in Spagna sono apparsi su delle
riviste. Il romanzo che sto scrivendo adesso, invece, si intitola “Días de amor
en Mexíco” ed è una storia su come il coraggio in amore di due persone cambia
l’equilibrio emozionale di un gruppo di persone.
recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos
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