Voci da mondi diversi. Nuova Zelanda
il libro ritrovato
Sarah Quigley, “Sinfonia Leningrado”
Ed. Neri Pozza, trad. Chiara
Brovelli, pagg. 379, Euro
Titolo originale: The Conductor
“L’unica cosa che ti interessa salvare è la
tua faccia” ribatté Nina, alzando la voce. “Non sopporti l’idea di essere interrotto
mentre scrivi. Inoltre, hai paura che, se ce ne andassimo adesso, perderesti il
filo di ciò a cui stai lavorando. Per te la musica conta più della tua
famiglia, e del tuo paese. Perché non dici semplicemente la verità?”
Il
30 agosto 1941, quando le forze armate tedesche raggiunsero il fiume Neva,
cessò ogni collegamento ferroviario con Leningrado: era iniziato l’assedio della città che sarebbe
terminato ben 900 giorni dopo, il 18 gennaio 1944. Leningrado, la splendida
finestra della Russia sull’Occidente voluta dallo zar Pietro il Grande,
stritolata nella morsa del gelo, sotto i fuochi incrociati dei bombardieri
tedeschi e della contraerea sovietica, messa in ginocchio e ridotta al
cannibalismo dalla fame, è lo sfondo di “Sinfonia Leningrado” della scrittrice
neozelandese Sara Quigley. Così come “La ragazza dall’orecchino di perla” di
Tracy Chevalier o i libri di Susan Vreeland appartengono al genere della
‘painting fiction’- romanzi che parlano di pittori e che dipingono i loro
quadri con le parole-, “Sinfonia Leningrado” potrebbe essere definito ‘musical fiction’: è un romanzo che risuona di musica, della musica di Dmitrij Šostakovič che rifiutò di lasciare la sua città
perché non sarebbe riuscito a comporre altrove, perché gli sarebbe stato impossibile
completare la grandiosa sinfonia della
guerra che rimbombava nella sua mente, se si fosse allontanato da
Leningrado, lì dove le sirene suonavano più volte al giorno e si udiva un
continuo sordo cannoneggiare e il fragore delle esplosioni.
Dmitrij Šostakovič durante l'assedio |
Dmitrij Šostakovič
è il protagonista di “Sinfonia
Leningrado”, con il suo genio umorale,
la sua distrazione, le sue mancanze come marito e come padre. Lui e la sua
musica che è anche il suo mondo in una sorta di mono-ossessione che gli fa trascurare il pericolo, che gli fa
dimenticare che la sua priorità dovrebbe essere quella di mettere in salvo la
moglie e i bambini. Sempre in ascolto, invece, delle note che si rincorrono
nella sua testa. E tuttavia accanto a lui ci sono altri due personaggi altrettanto importanti, anche se non famosi:
Karl Eliasberg, direttore dell’orchestra della radio, e Nikolaj Nikolaev,
violinista e insegnante di musica- non per nulla il titolo originale del libro
è “The Conductor”.
Perché, paradossalmente, l’assedio di Leningrado offre a Karl
Eliasberg, leggermente balbuziente, complessato per essere figlio di un
ciabattino, oppresso da una madre ammalata e consapevole dei suoi limiti, la
possibilità di trasformarsi. Eliasberg,
il direttore d’orchestra sempre messo in secondo piano dal grande Mravinskij,
il direttore della Filamornica mandato al sicuro nella tranquilla Siberia,
diventa l’uomo che, pur restando seduto perché allo stremo delle forze a causa
della denutrizione, riesce a dirigere
un’orchestra raffazzonata in cui suonatori dilettanti sostituiscono i
musicisti morti in guerra, o di fame o di malattie. Karl Eliasberg diventa il simbolo di Leningrado e di tutta la
Russia, della volontà accanita di resistere e di non darsi per vinti,
proprio come la Settima Sinfonia di Šostakovič
che fa risuonare in tutto il mondo l’angoscia
della guerra e del sentirsi braccati- ne è ben consapevole il governo che
concede qualche razione di pane in più ai musicisti che a mala pena hanno la
forza di dar fiato agli strumenti o di pizzicare le corde con le dita
congelate.
Nikolaj Nikolaev, infine,
rappresenta il dramma privato degli
assediati, divisi tra la lealtà alla città che non deve essere abbandonata
se si vuole sperare di salvarla e quella alla famiglia che sarebbe meglio
allontanare da Leningrado. Quando Nikolaj mette la figlia sul treno dei bambini
che vengono evacuati, il suo cuore è straziato. Quando impedisce alla cognata
di barattare il prezioso violoncello della bambina per un scatoletta di
conserva, gli sembra di salvare la vita stessa della sua bambina di cui non ha
più saputo nulla. Salvano la dignità
dell’essere uomini, Nikolaj e Eliasberg che non si abbassano e non si
lasciano piegare. Sono tra quelle rare persone che, pur in tremende difficoltà,
non dimenticano che c’è una scintilla che non bisogna lasciar spegnere. E
allora, in questo bellissimo romanzo di
guerra e d’amore, di bombe e di musica, sono loro che grandeggiano, più
ancora dell’immortale Šostakovič.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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