Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
la Storia nel romanzo
il libro ritrovato
Orlando Figes, “La danza di Natasha”
Ed. Einaudi, trad. Mario Marchetti, pagg. 610, Euro 48,00
C’è un’immagine che viene in mente, leggendo il titolo de
“La danza di Natasha” di Orlando Figes, quella di un’incantevole Natasha con gli occhi di cerbiatto di Audrey Hepburn
che balla con il principe Bolkonskij nel film “Guerra e Pace”. E invece non è
questo ballo che vuol richiamare il titolo del libro, ma una danza popolare al suono della balalajka in una dacia, a cui la Natasha di Tolstoj si
unisce trovando per istinto i passi giusti seppur così diversi da quelli del
ballo con Andrej- la danza di Natasha diventa il simbolo dell’incontro tra due mondi che coesistono in Russia, la
cultura europea delle classi elevate
e la cultura russa dei contadini. Il
libro di Figes è un viaggio affascinante dentro la cultura russa, articolato in
capitoli che prendono in esame, di volta in volta, San Pietroburgo e Mosca- e quello che le due città rappresentano-, l’impatto
della guerra del 1812 contro Napoleone, l’idealizzazione della campagna e dei
contadini, l’aura misticheggiante dei monasteri alla ricerca dell’anima russa,
l’influenza mongola, per finire con il passaggio dalla Russia all’Unione
Sovietica e la nostalgia degli esuli. Si termina la lettura con un’idea di
ricchezza, un arricchimento personale
che ci è stato dato dall’esserci affacciati su un paese in cui la vastità degli
spazi è accompagnata da un’abbondanza di suggestioni che si sono riversate in opere straordinarie della letteratura,
della musica, della pittura, del ballo.
Un’intensità che sembra nascere dalla polarità
stessa della Russia, dalla tensione tra
la grandiosità architettonica di San Pietroburgo, la città leggendaria
costruita come un’opera d’arte, la finestra verso l’Europa che, per volontà
dello zar Pietro, doveva imporre uno stile di vita occidentale ai rozzi russi,
e l’anima arcaica del regno di Pietro-
Mosca, simbolo della madre Russia, il luogo dove si sono conservati gli
antichi costumi russi, Mosca, la capitale senza una corte, la città del
divertimento. E’ un divario che si
ripresenta nell’ambiguità dei sentimenti
verso le origini mongole, rifiutate
perché così apparentemente inferiori agli esempi occidentali, eppure attraenti per
quel non so che di selvaggio delle steppe, oppure nel linguaggio- dapprima solamente il francese nelle classi alte,
per rivolgersi poi al russo, inadeguato, da coltivare, da parlare, da scrivere,
da scoprire, dopo che Ognuno dei grandi scrittori russi, Cechov e Gogol, Dostojevskij e Tolstoj, Puskin e Gončarov, trova la sua collocazione nelle pagine del libro di Figes, illuminandole e venendone illuminato, come pure i poeti,
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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