Maria Grazia Siliato, “Masada”
Ed. Rizzoli, pagg. 391, Euro
19,00
74 d.C.: nella fortezza di Masada,
in alto sul Mar Morto, 960 superstiti della rivolta contro l’invasore romano
sono pronti a morire per non cadere nelle mani del nemico e ascoltano raccontare
la storia della distruzione di Gerusalemme e delle crudeltà dei romani. 1990:
una ragazza, giunta in Israele per fare delle ricerche sui rotoli di Qumran,
ascolta dalla voce dell’anziano Michel la storia di quel tempo lontano che si
mescola alla sua, della perdita della sua famiglia nella Shoah, e a quella del
ritrovamento dei rotoli. Con dei quesiti rivoluzionari.
INTERVISTA A MARIA GRAZIA SILIATO, autrice di “Masada”
Un tempo, per salire a Masada, c’era solo
il vecchio Sentiero del Serpente, scavato nella roccia, dissestato, a
strapiombo sul deserto che circonda l’altopiano su cui re Erode il Grande
costruì la sua fortezza nel primo secolo avanti Cristo, del tutto invisibile
dal mare di terra argillosa vicino al Mare di Sale, come veniva chiamato in
passato il Mar Morto. Difficile arrivarci, perché la fortezza doveva essere
imprendibile. Ora c’è una teleferica che porta in cima- esigenza del turismo di
massa. Si è perso il sapore dell’avventura, la sveglia molto prima dell’alba
per evitare la calura e arrivare quando i primi raggi del sole tingono di rosso
le pietre di quello che resta delle vecchie mura, tacciono i bisbigli dei
fantasmi, il clamore soffocato che pare ancora alzarsi dall’accampamento romano
di cui si distingue chiaramente il tracciato.
Resta la raccomandazione, per chi vi si reca, di portarsi dell’acqua da
bere- e pensare che, al tempo di re Erode, nel palazzo c’erano delle terme con
caldaia centrale e un sistema di cisterne assicurava un rifornimento continuo
di acqua, persino per coltivare degli orti.
Per chi si allontana dagli
itinerari classici dei pellegrini, salire a Masada è l’esperienza più
indimenticabile di un viaggio in Israele e il libro di Maria Grazia Siliato fa rivivere
il fascino del luogo, straordinaria tomba a cielo aperto per 960 persone,
simbolo di un’orgogliosa resistenza e di una scelta di morte che sono diventate
una sorta di vessillo per il neo Stato di Israele: Masada in opposizione ad Auschwitz, suicidio
collettivo piuttosto che lasciarsi portare via come pecore al macello. Gli
espedienti narrativi a cui ricorre Maria Grazia Siliato per raccontarci una
lunga storia sono due voci narranti in due epoche diverse. La prima è quella di
Ilan che, nell’ ultima notte di Masada, racconta degli eventi che hanno portato
la X Legio
Fretensis all’assedio della fortezza- di Vespasiano e di Tito, della caduta di
Gerusalemme e della distruzione del Tempio, della presa di Jodfat, la città più
forte della Galilea, e del traditore Josef ben Mathias che scrisse la storia di
tutto questo per l’imperatore romano. La seconda è quella di Michel, il vecchio
gentiluomo praghese che trema ancora quando un bicchiere si infrange a terra
perché ricorda la Notte
dei Cristalli, che tuttora piange al pensiero della moglie e dei due bambini su
un treno piombato diretto a un campo della morte, che dice, a proposito dello
storico ben Mathias, “Io credo di essere il solo che perdona al traditore
Josef”- doloroso rovello di chi è scampato al genocidio, il dubbio di aver
tradito non condividendo la fine. Il racconto di Michel è erratico, subisce
cambiamenti di tempo, sposta il fuoco dell’attenzione, è colto, vivacizzato e
colorito da dettagli.
A volte si sovrappone a quello di Ilan, ripetendo quanto
questi ci ha già detto, contribuendo all’impressione del valore eterno di
quello che è successo a Masada. Ma poi si arricchisce di altre storie, prima
fra tutte quella del ritrovamento, nel 1947, dei primi rotoli di Qumram a cui
se ne aggiunsero altri 25 nel 1956. E naturalmente ci parla del significato di
questi documenti su pergamena, tracciati con un’antichissima scrittura
quadrata, molti dei quali riportano frasi a noi note perché le abbiamo lette
nei Vangeli. Ed ecco uno dei quesiti che ci pone il libro della Siliato: come e
perché esiste questo nesso tra le parole degli esseni e quelle di Cristo? Con
il suo tono di voce calmo, che si spezza solo quando parla della sua famiglia,
con la lentezza di chi ha già preso la misura del tempo, Michel parla di Gesù e
ricostruisce la storia della sua crocifissione, di come la condanna politica di
un ribelle al regime di Roma sia stata trasformata, all’epoca di Costantino e
con una massiccia operazione “pubblicitaria”, in un deicidio di cui si doveva indicare
un responsabile- gli ebrei. Se Michel cerca l’origine dell’antigiudaismo e una
spiegazione del genocidio, le trova nelle leggi penali antiebraiche firmate da
Costantino l’11 dicembre del 321, circa milleseicento anni prima di Hitler, e
nei Concili che si sono succeduti dopo di lui.
“Nel mondo esiste una quantità
enorme di dolore”, riflette Michel. “La storia è un immenso tritacarne. Le
vicende più feroci diventano cinque o sei gelide parole, mezza riga.” E’ per
questo che sono importanti i libri come “Masada”. Per ridare corposità a quelle
vicende, per permettere a loro e alle verità che discoprono di venire alla
luce, non più soffocate dal mare di sale che spegne ogni parvenza di vita (
Maria Grazia Siliato avrebbe voluto che il romanzo si intitolasse proprio “Il
mare di sale”), per porre domande che ci fanno tremare, nel dubbio di aver
sempre creduto quello che ci è stato voluto far credere. Stilos ha intervistato
Maria Grazia Siliato, storica, archeologa e studiosa di lingue antiche.
Il suo libro precedente, “Caligula”, era sulla vita dell’imperatore
romano. “Masada” è su un episodio della resistenza ebraica nel 74 d.C.: è la
storia più antica quella che la interessa di più?
Non saprei dire se sia la
storia antica che mi interessa di più- al momento sono occupata a scrivere un
libro che parla dell’ultima guerra vissuta dalla mia famiglia, basata su
documenti molto importanti- perché mio padre aveva un ruolo di rilievo e
conosceva molte persone- che non sono mai stati pubblicati. Uno dei miei libri,
“Sindone”, ha origine da una ricerca ed offre un approccio laico, scientifico e
archeologico a questo oggetto… Direi che la chiave del mio lavoro è nel fatto
che i miei scritti sono tutti controcorrente, dicono il contrario dell’opinione
stabilita, e non per polemica ma per uno spirito di indagine e di ricerca. I miei
libri sono come una torta alla crema, con strati di oggi e di ieri.
E tuttavia in “Masada” c’è molto di più che la storia della caduta
della fortezza; appare chiaro anche un suo interesse archeologico: quando,
come, perché si è appassionata alle ricerche sui rotoli di Qumran?
Non so mai perché io scriva un libro su
un argomento: un giorno arriva una storia ed è lei a comandare. L’origine di
“Masada” è di almeno sette anni fa- sette è un numero cabalistico, buono per
questa storia. E vorrei sottolineare che nei miei libri non c’è nulla di
inventato, mai. Tutto quello che racconto, paesaggi, momenti, persone, è tutto
vero. I miei non sono romanzi alla Dan Brown, è tutto documentato. Desidero che
il lettore si possa fidare di me.
Un libro come questo avrà richiesto un lungo lavoro di ricerca…
Sì, un lavoro spietato.
Dei rotuli di Qumran si iniziò a
parlare al momento della scoperta- giunse dagli Stati Uniti la notizia che
erano stati trovati degli scritti su pergamena vecchi di più di 2000 anni:
erano gli scritti ebraici più antichi del pianeta. Il problema degli scritti
ebraici è che le persecuzioni nei secoli li hanno distrutto ovunque. Faccio
parte della Pave the Way Foundation, una fondazione che si propone un grande
progetto e ne è a capo Gary Krupp, un nome che dopo essere stato sinonimo di
guerra deve diventare un sinonimo di pace. Portiamo avanti un discorso di
avvicinare varie fedi e varie culture, perché alla fine dicono tutte la stessa
cosa. E questi documenti antichissimi ne sono la prova. Gary Krupp ha regalato
al Papa un papiro antichissimo, del secondo secolo, con un frammento del
Vangelo. E’ qualcosa di straordinario, trovare dei documenti ebraici di 2200
anni fa!
Leggendo “Masada”, è chiaro che archeologia, storia e religione sono
intimamente connesse, che una spiega l’altra. Chi legge il libro con attenzione
non può non trovarlo pacatamente e razionalmente rivoluzionario, nel senso che
smantella alla base la religione costruita dalla Chiesa cattolica. Pur non
discutendo del messaggio religioso di Cristo, sarebbe quindi da rivedere la
motivazione per cui fu crocifisso?
Mi fa piacere che lo abbia definito un
libro rivoluzionario, perché lo è. Questa revisione, però, non tocca la
religione, ma la storia e l’interpretazione politica della storia, perché tutto
il dramma nasce con Costantino. E nel libro ci sono dei punti in cui spiego che
la legge romana condannava alla morte in croce solo in tre casi: gli assassini
dell’imperatore, i ribelli all’impero e i parricidi. Cristo fu condannato
perché ribelle all’impero.
E, storicamente, la responsabilità dell’antisemitismo va dunque fatta
risalire a Costantino e alla Chiesa? Le leggi promulgate da Costantino- persino
la proibizione dei matrimoni misti- sono una funesta anticipazione, e quasi con
le stesse identiche parole, di quelle hitleriane…
Preferirei si parlasse
di antigiudaismo, perché dire ‘antisemitismo’ è un modo di sfumare e confondere
il problema che è iniziato nell’800. Ricordiamo che anche gli arabi sono semiti
ma l’antisemitismo così come viene inteso non è contro gli arabi. E sì, sono
esattamente le leggi di Hitler: sono le stesse del Codex de Judaeis. La
responsabilità di quanto avviene è tuttavia soprattutto delle persone, è
inutile attribuirla ai fantasmi, sono gli individui che operano. So che c’è
timore a parlare di questo mio libro, perché butta per aria alcuni ripiani di
vecchie biblioteche, perché vengono capovolte delle idee preconcette. Ancora
nel secolo V, quando Roma fu invasa dai vandali, c’era una quantità di
personalità non cristiane che attribuivano la colpa dell’invasione barbarica
all’aver tradito gli antichi dei. Non accettavano di considerare come Dio
qualcuno che era stato condannato a morte sotto Tiberio in quanto ribelle
all’impero. L’opera geniale di Costantino è stata quella di rovesciare il
problema: che stupido era stato Pilato a commettere un errore giudiziario! Dopo
non si poteva più tornare indietro, era necessario mantenere il punto del
deicidio; poi, nel 476, arriva Odoacre, e chi sapeva ancora leggere e scrivere?
Ricordiamoci che seguirono almeno sette secoli di totale incultura. Giustiniano
chiuse la scuola di filosofia di Atene perché non serviva più, perché era
pagana, non era cristiana. E tuttavia, nel marasma, la Chiesa ha il merito di aver
salvato molta cultura: resta a vedere con quali scelte. Prendiamo Giuseppe
Flavio, lo Josef ben Mathias di cui parla il mio libro. Nel testo greco
originale non parla di Cristo, nella traduzione in slavonico del X-XI secolo
c’è una pagina intera che ne parla. La Chiesa ha la sua responsabilità in tutto questo,
con delle attenuanti: tutta l’Europa, dopo la nitidezza culturale dell’impero
Romano, è finita in un analfabetismo globale per le invasioni barbariche che
sono state più tremende di quanto immaginiamo.
Come è successo che le leggi di Costantino siano state riprese da
Hitler?
Perché il Codex de
Judaeis e parte del Codex Teodosianum del 420 circa furono ritrovati e tradotti
dal Mommsen. I tedeschi si sono definiti con i Goti gli eredi dell’impero
romano e hanno studiato attentamente quei secoli.
Nel libro ci sono due personaggi dominanti e due secondari. Iniziamo da
quello più enigmatico, l’anziano narratore dei nostri giorni. Esiste il libro
di Michel di cui si parla anche nell’appendice? Chi è Michel?
Di Michel non posso dire niente altro, tranne che è esistito come esiste
il suo diario. Michel ha avuto la sua tragedia personale e si è sentito in
colpa da quel giorno in cui era uscito e, al ritorno, non ha più trovato la sua
famiglia. Ma ha preteso che io non rivelassi il suo nome.
La stessa aura quasi sovrannaturale sembra circondare Ilan, il
narratore del passato: il personaggio di Ilan serve per far rivivere al lettore
la drammaticità dell’ultima notte di Masada? Qual è il legame di Ilan con le
pergamene di Qumran?
luogo di ritrovamento dei rotoli di Qumran |
Non sappiamo se si
chiamasse Ilan, ma a Masada sono stati ritrovati 17 rotuli nascosti in un muro e alcuni di questi sono uguali ai rotuli di Qumran. Ilan è il personaggio
che porta i rotuli, la connessione
tra Qumran e Masada- è anche una connessione temporale perché Qumran fu
distrutta nel 69 d.C. e Masada nel 74. L’aver incontrato Michel mi ha portato a
rivisitare la storia della resistenza a Masada, la sua ricerca è stata la base
per la ricerca sull’altro piano temporale: le 7 ore di notte di Masada sono i 7
giorni passati ad ascoltare Michel.
I due personaggi secondari: hanno solo la funzione di interlocutori di
Michel? C’è qualcuno- forse lei stessa- adombrato nella figura di Catherine?
I due personaggi sono
chi ha bisogno di sapere, chi non sa e vuole sapere. Come pure, nella fortezza
di Masada, la ragazza dal mantello a righe che chiede a Ilan, ‘parlaci di
Gerusalemme’. A proposito: il mantello a righe è stato ritrovato a Masada,
anche questi dettagli minimi sono veri. E sì, Catherine sono io, anche se non
posso dire quando è avvenuto l’incontro- per caso, così come lo racconto.
Ritorna molto spesso, nel libro, il tema del tradimento connesso con il
nome del traditore ben Mathias: sono traditori anche i cinque superstiti di
Masada? Non unirsi, quando è possibile, alla sorte degli altri che muoiono, è
sempre tradimento?
E’ stata una fortuna che
cinque si siano sottratti alla morte, altrimenti non sapremmo niente, neanche
Josef ben Mathias avrebbe saputo. Josef è il vero traditore, diede anche
indicazioni stradali ai Romani; le donne hanno salvato se stesse. Josef,
peraltro, è affascinante nella sua doppiezza, è intelligente e colto; Josef è
uno che, catturato e portato davanti al terribile generale Vespasiano, si sente
dire che lo manderanno in catene dall’imperatore Nerone. Chi avrebbe avuto
tanto sangue freddo e acutezza psicologica da dire, ‘prima di partire devo
confidarti qualcosa, a te solo, in segreto.’ ?
E il grande generale ci casca e
Josef gli dice che diventerà imperatore. Roba da farsi ammazzare, ma Vespasiano
lo tiene con sé. Mi ha colpito la genialità mistificatoria di Josef: ha tradito
gli esseni di Qumran, i compagni di lotta e poi gli stessi romani, scrivendo
delle vigliaccate che avevano fatto, ed è passato alla storia. E per fortuna
c’era lui, altrimenti di quella storia avremmo avuto le quattro righe di Tacito
e di Dione Cassio. No, non penso che i cinque che si sono salvati si siano
sentiti traditori, perché le donne che salvano dei bambini non si sentono mai
traditrici.
l'accampamento romano visto dalla rocca |
C’è un altro filo che collega la storia di un passato lontano con
quella di un passato più recente o attuale, ed è la crudeltà del vincitore sul
vinto, la necessità del vincitore di rendere schiavi i vinti. Gli antichi
romani come i tedeschi o gli americani, insomma: un collegamento voluto o
inevitabile?
Inevitabile, è nella
logica della guerra, purtroppo. Non si decide di portare la morte se non si fa
in modo di avere ragione e quindi l’avversario ha tutti i torti e perciò lo si
uccide.
Michel dice a Catherine, quando le chiede perché sia andata in Israele:
“venire in questo paese nasce sempre da un motivo importante. Oppure, diventano
importanti le conseguenze.” Quando Lei si è recata in Israele, era importante
il motivo o le conseguenze?
la rocca di Masada |
Metà e metà: il motivo era importante,
scappare, volevo un posto che desideravo conoscere, e le conseguenze sono state
importanti, la scoperta della storia a cui peraltro allora pensavo in modo
marginale perché non avevo certo in mente di scrivere un libro. La storia ti
cade addosso come un’ondata. Tutto è importante: è importante scoprire che non
sapevamo quasi niente di quello che era accaduto a Masada, a Qumran, e neppure
sull’origine dell’antigiudaismo.
Lei ha iniziato a scrivere giovanissima: che cosa l’ha spinta a
scrivere “L’assedio” a soli 14 anni ?
E’ vero, avevo solo 14
anni, ed è stata una cosa molto strana. Mi era capitato di leggere un articolo
sulla guerra tra veneziani e turchi a Cipro, sull’assedio durato un anno a
Famagosta. Avevo fatto molte letture e, in qualche maniera che non saprei
spiegare, quell’articolo non mi sembrava dicesse le cose come erano accadute.
Ho fatto delle ricerche e ho sentito che dovevo
scrivere. Scrissi di continuo per 40 giorni, poi mio padre mi chiese di leggere
quello che avevo scritto, lo passò ad un amico che era critico letterario e,
senza che io ne sapessi niente, il libro fu pubblicato a puntate sul giornale
“Nuovo cittadino” di Genova. In seguito, molti anni dopo, sono andata a Cipro,
nel pieno della guerra turco-cipriota, ho fatto molte foto, ho apportato delle
aggiunte al libro che sta per essere ripubblicato in inglese proprio a Cipro.
la recensione e l'intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos
Maria Grazia Siliato |
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