il libro ritrovato
Erich Maria Remarque,
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”
Ed. Einaudi, trad. S. Jacini, pagg. 248, Euro 9,00
Due cose mi hanno colpito, leggendo “Niente di nuovo sul fronte
occidentale” di Erich Maria Remarque subito dopo aver terminato “Un anno
sull’Altipiano” di Emilio Lussu. L’uguaglianza delle esperienze e la differenza
di consapevolezza politica. Perché, in “Niente di nuovo sul fronte occidentale,
non si discute mai di strategie belliche, mai si mettono in dubbio gli ordini o
si parla dei superiori. Soltanto una volta i ragazzi parlano- o meglio,
chiacchierano- della guerra. Sono discorsi da ragazzini, che hanno la profonda
saggezza dell’innocenza- che cosa vuol dire che una nazione ne attacca
un’altra? Che cosa è una nazione? Loro non hanno niente contro i francesi. Ma ci sono otto anni di differenza tra
l’Emilio che viene mandato a combattere sull’Altipiano e il diciottenne Paolo
(Erich Paul Remark è il vero nome dello scrittore tedesco) che lascia la scuola
per arruolarsi insieme ad altri sei compagni, infuocati dalle parole di un
insegnante (lo rincontreranno, Paolo e un altro ex studente, questo insegnante,
dopo un paio di anni di guerra e si divertiranno a sue spese, essendo superiori
a lui di grado). Otto anni che spiegano questa mancanza di consapevolezza e
che, d’altra parte, rendono ancora più dolorosa la somiglianza delle
esperienze. Sono partiti per una grande e gloriosa avventura, gli studenti
diciottenni. Incontreranno forse l’avventura, che però non sarà né grande né
gloriosa. Non è glorioso morire per la patria a diciotto anni, sventrati da una
granata.
E’ diverso il paesaggio della guerra di
Paolo da quello del Carso di Emilio- Paolo è nelle piatte Fiandre ma piove
all’infinito, come sul Carso. La vita nelle trincee è uguale, uguale il misero
rancio, uguali i pidocchi, la paura, il freddo, il sentire il cambiamento
inesorabile che l’essere continuamente esposti alla morte opera dentro di loro.
Alberto trova la formula: “E’ la
guerra che ci ha reso inetti a tutto”.
Ha ragione: non siamo più
giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi,
fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad
amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretto a spararle contro. La prima
granata ci ha colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal
progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra.
Quello di cui Paolo e i compagni
sono ben consapevoli è che per loro la vita non riprenderà più come prima. La
loro sarà una generazione perduta che non riuscirà a riinserirsi nella società.
Avranno visto cose di cui nessuno vorrà sentire parlare e che loro stessi forse
non vorranno neppure ricordare. Succede a Paolo, la prima volta che si reca a casa
in licenza. Gli offrono da bere, gli chiedono com’è la situazione al fronte-
ah, sì, lo sanno che è tremenda. Stop. Non si può, non si deve dire altro. Si
potrebbe anche essere accusati di disfattismo. Non si può dire che di una
compagnia di 150 uomini ne sono rimasti trenta. Non si può fare la battuta che
alla fine della guerra non ci sarà più nessuno in Germania, visto che ora
mandano a combattere anche i bambini di quindici anni.
Una sola cosa bellissima ha trovato Paolo in questi anni di guerra- e lo
ha mantenuto in vita. Il cameratismo con i compagni, un sentimento nato dal
condividere tutto, neppure paragonabile all’amore. Le pagine in cui Paolo cerca
di tirare su il morale di uno dei compagni che giace in un letto di ospedale da
campo e sta morendo, sono toccanti. Così come sono strazianti quelle in cui
trasporta a spalle l’amico ferito e, quando arriva alle infermerie, gli dicono
che è morto.
Il libro si chiude in una giornata così
calma e silenziosa che il bollettino del Comando è stringato: “Niente di nuovo
sul fronte occidentale”. Eppure un ragazzo è morto. Nessuno si è accorto che
una zolla di terra è stata lavata via dal mare e l’Europa è più piccola (sono
le parole di John Donne).
Pubblicato nel 1929, “Niente di
nuovo sul fronte occidentale” è sempre un libro bellissimo.
lo scrittore Erich Maria Remarque
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