lunedì 3 marzo 2014

Daša Drndić, “Trieste”

                                                                                            in altre lingue
                                                                                                        


Daša Drndić, “Trieste”
Ed. MacLehose Press, pagg. 368, versione inglese

    “Dietro ogni nome c’è una storia”. C’è una storia che non sappiamo dietro ognuno dei 9000 nomi elencati in 45 pagine nel libro della scrittrice slava Daša Drndić intitolato “Trieste”. 9000 storie che non sapremo mai perché questi sono i nomi degli ebrei italiani che hanno trovato la morte nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale. Per le 9000 storie che non conosciamo, Daša Drndić ce ne racconta una in questo suo libro che è in parte Storia vera, in parte finzione narrativa, un libro straordinario che non può non colpire l’animo dei lettori, come le lucine del Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme, come quei nomi che risuonavano nell’oscurità sacrale dell’Atrio dei Nomi, un libro composito che racconta in maniera distaccata e in terza persona la piccola storia della famiglia Tedeschi di Gorizia inserendola nella Storia più ampia d’Europa, osservata tuttavia da un angolo, quello dell’Italia orientale dove, nella risiera di San Sabba, a Trieste, i tedeschi avevano installato il maggior campo di concentramento e smistamento su suolo italiano. 


     Le vicende della famiglia Tedeschi, in fuga come l’ebreo errante da Trieste all’Albania e poi a Napoli e poi di nuovo a Gorizia e a Milano e ancora Gorizia (alcuni di loro addirittura a Salò), sono inframmezzate da pagine di tutt’altro tenore mentre l’atmosfera si incupisce- testimonianze rese da superstiti durante i processi contro i criminali di guerra, le auto-giustificazioni degli accusati, schede anagrafiche dei nazisti con i dettagli su quello che facevano ‘prima’, sulle sentenze (sempre inadeguate), sulle scappatoie trovate per eludere la pena (complici la Chiesa e la Croce Rossa), su come, in maniera quasi incredibile, troppi criminali si siano rifatti una vita- il caso più clamoroso è quello del presidente austriaco Kurt Waldheim, addirittura segretario delle Nazioni Unite per due incarichi consecutivi, dal 1971 al 1981. Ci sono anche fotografie, di luoghi e di persone. E arriviamo a Kurt Franz, il giovane biondo soprannominato Lalka che in polacco vuol dire ‘bambola’. Kurt Franz e la microstoria drammatica a rappresentare le storie di cui non sapremo mai nulla. 

     Haya Tedeschi si innamora del bel Kurt che la corteggia. Resta incinta. Kurt scompare- l’apparenza inganna, lei non sa niente di lui, Kurt Franz viene inviato a comandare il campo di Treblinka. Nasce un maschietto, Antonio. Quando ha sei mesi, Antonio viene ‘rubato’.
“Trieste” incomincia con l’anziana Haya che ancora non si è rassegnata e continua a sperare di ritrovare il figlio, soprattutto da quando sono stati aperti gli archivi che contengono i dati del programma Lebensborn con cui Hitler intendeva aumentare il numero dei bambini ariani- futuri giovani soldati dalle fattezze puramente tedesche. E la narrativa, nell’ultima parte del libro, passa alla prima persona con il protagonista che ha creduto per mezzo secolo di essere Hans Traube e ha scoperto, alla morte della madre adottiva, di essere Antonio Tedeschi. “C’è una storia dietro ogni nome”: che faccia ha il figlio di un assassino?, si chiede Hans/Antonio, come si chiedono i più sensibili tra i figli dei carnefici. E seguono altre storie (di figli che si stabiliscono in Israele, di figli che sposano ebrei, di figli che si prendono sulle spalle le colpe dei padri- una è la storia di Helga Schneider che ben conosciamo). Il finale è una riscrittura della “Terra desolata” di T.S. Eliot:

Ci faremo strada in una Terra Desolata e io le dirò
         Penso che siamo nel vicolo dei topi
        Dove i morti hanno perso le ossa,
e lei chiederà
       Che farò io adesso? Che farò?
       Correrò fuori così come sono, e camminerò in strada
       Con i capelli sciolti, così.
       Che cosa mai faremo?
Io dirò
       Faremo una partita a scacchi.

 “Trieste” non è ancora stato pubblicato in italiano. So che è in corso di traduzione: è un libro da non perdere.
   

La scrittrice Daša Drndić                         


   



2 commenti:

  1. Libro splendido e duro che ho letto tutto d'un fiato. Libro-documento che apre gli occhi sui nazismi e fascismi e sull'indifferenza dei più nella speranza di essere al sicuro e che invece ci trasforma in vittime. Libro che non dà un attimo di tregua, che illustra con ironia e dolore l'orrore della guerra e ancor più del nazismo, libro come un pugno che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero leggere.

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  2. Libro splendido e duro che ho letto tutto d'un fiato. Libro-documento che apre gli occhi sui nazismi e fascismi e sull'indifferenza dei più nella speranza di essere al sicuro e che invece ci trasforma in vittime. Libro che non dà un attimo di tregua, che illustra con ironia e dolore l'orrore della guerra e ancor più del nazismo, libro come un pugno che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero leggere.

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