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Daša Drndić,
“Trieste”
Ed. MacLehose
Press, pagg. 368, versione inglese
“Dietro ogni nome c’è una storia”. C’è una
storia che non sappiamo dietro ognuno dei 9000 nomi elencati in 45 pagine nel
libro della scrittrice slava Daša Drndić intitolato “Trieste”. 9000 storie che
non sapremo mai perché questi sono i nomi degli ebrei italiani che hanno
trovato la morte nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra
mondiale. Per le 9000 storie che non conosciamo, Daša Drndić ce ne racconta una
in questo suo libro che è in parte Storia vera, in parte finzione narrativa, un
libro straordinario che non può non colpire l’animo dei lettori, come le lucine
del Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme, come quei nomi che risuonavano nell’oscurità sacrale dell’Atrio
dei Nomi, un libro composito che racconta in maniera distaccata e in terza
persona la piccola storia della famiglia Tedeschi di Gorizia inserendola nella
Storia più ampia d’Europa, osservata tuttavia da un angolo, quello dell’Italia
orientale dove, nella risiera di San Sabba, a Trieste, i tedeschi avevano
installato il maggior campo di concentramento e smistamento su suolo italiano.
Le vicende della famiglia Tedeschi, in fuga come l’ebreo errante da Trieste
all’Albania e poi a Napoli e poi di nuovo a Gorizia e a Milano e ancora Gorizia
(alcuni di loro addirittura a Salò), sono inframmezzate da pagine di tutt’altro
tenore mentre l’atmosfera si incupisce- testimonianze rese da superstiti
durante i processi contro i criminali di guerra, le auto-giustificazioni degli
accusati, schede anagrafiche dei nazisti con i dettagli su quello che facevano
‘prima’, sulle sentenze (sempre inadeguate), sulle scappatoie trovate per
eludere la pena (complici la Chiesa e la Croce Rossa), su come, in maniera
quasi incredibile, troppi criminali si siano rifatti una vita- il caso più
clamoroso è quello del presidente austriaco Kurt Waldheim, addirittura
segretario delle Nazioni Unite per due incarichi consecutivi, dal 1971 al 1981.
Ci sono anche fotografie, di luoghi e di persone. E arriviamo a Kurt Franz, il
giovane biondo soprannominato Lalka che in polacco vuol dire ‘bambola’. Kurt
Franz e la microstoria drammatica a rappresentare le storie di cui non sapremo
mai nulla.
Haya Tedeschi si innamora del bel Kurt che
la corteggia. Resta incinta. Kurt scompare- l’apparenza inganna, lei non sa
niente di lui, Kurt Franz viene inviato a comandare il campo di Treblinka.
Nasce un maschietto, Antonio. Quando ha sei mesi, Antonio viene ‘rubato’.
“Trieste”
incomincia con l’anziana Haya che ancora non si è rassegnata e continua a
sperare di ritrovare il figlio, soprattutto da quando sono stati aperti gli
archivi che contengono i dati del programma Lebensborn con cui Hitler intendeva
aumentare il numero dei bambini ariani- futuri giovani soldati dalle fattezze
puramente tedesche. E la narrativa, nell’ultima parte del libro, passa alla
prima persona con il protagonista che ha creduto per mezzo secolo di essere
Hans Traube e ha scoperto, alla morte della madre adottiva, di essere Antonio
Tedeschi. “C’è una storia dietro ogni nome”: che faccia ha il figlio di un
assassino?, si chiede Hans/Antonio, come si chiedono i più sensibili tra i
figli dei carnefici. E seguono altre storie (di figli che si stabiliscono in
Israele, di figli che sposano ebrei, di figli che si prendono sulle spalle le
colpe dei padri- una è la storia di Helga Schneider che ben conosciamo). Il
finale è una riscrittura della “Terra desolata” di T.S. Eliot:
Ci faremo
strada in una Terra Desolata e io le dirò
Penso che siamo nel vicolo dei topi
Dove i morti hanno perso le ossa,
e lei
chiederà
Che farò io adesso? Che farò?
Correrò fuori così come sono, e camminerò in
strada
Con i capelli sciolti, così.
Che cosa mai faremo?
Io dirò
Faremo una partita a scacchi.
“Trieste” non è ancora stato pubblicato in
italiano. So che è in corso di traduzione: è un libro da non perdere.
La scrittrice Daša Drndić
Libro splendido e duro che ho letto tutto d'un fiato. Libro-documento che apre gli occhi sui nazismi e fascismi e sull'indifferenza dei più nella speranza di essere al sicuro e che invece ci trasforma in vittime. Libro che non dà un attimo di tregua, che illustra con ironia e dolore l'orrore della guerra e ancor più del nazismo, libro come un pugno che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero leggere.
RispondiEliminaLibro splendido e duro che ho letto tutto d'un fiato. Libro-documento che apre gli occhi sui nazismi e fascismi e sull'indifferenza dei più nella speranza di essere al sicuro e che invece ci trasforma in vittime. Libro che non dà un attimo di tregua, che illustra con ironia e dolore l'orrore della guerra e ancor più del nazismo, libro come un pugno che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero leggere.
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