mercoledì 19 febbraio 2014

Antonio Manzini, "La costola di Adamo"


                                                                                                                                                                                                                                                                               cento sfumature di giallo
                                                                                                                                                                                                                                                                                       fresco di lettura


        Antonio Manzini, “La costola di Adamo”
         Ed. Sellerio, pagg. 281, Euro 14,00

      Mai visto un commissario- pardon, lui stesso corregge sempre chi gli si rivolge chiamandolo così-, un vicequestore così antipatico (a quanto pare, non esistono più i commissari, ma non so se ci abitueremo). Che non fa nulla per esserlo di meno, e che non gli importa. Che è brusco, rude, a tratti volgare. Che ha per amici dei tipi da galera.
    Mai visto un commissario, pardon, un vicequestore che sia così simpatico pur essendo così antipatico.
   Si chiama Rocco Schiavone ed è il protagonista de “La costola di Adamo”, secondo romanzo della serie iniziata con “Pista nera”, ambientata in Val d’Aosta. E ci mancava proprio, nella panoramica del genere giallo, questa regione di montagne e di confine che ha delle caratteristiche sue proprie, diverse dalle altre regioni italiane. Rocco, proveniente da Roma e relegato al commissariato di Aosta ‘in punizione’, non fa che osservare le differenze, nel bene e nel male. L’ordine e la pulizia. L’efficienza e l’onestà. Il freddo, la pioggia, la neve, l’inverno che dura quando a Roma già c’è aria di primavera, come adesso che è marzo, all’inizio del romanzo. Figurarsi come soffre Rocco in questo clima, visto che si intestardisce a indossare il loden e ai piedi porta le Clarks che si infradiciano- quante ne ha consumate nei mesi finora? Di certo più di sei paia, che è più del numero dei mesi che ha passato qui.            


    “Lo sai? Anche a Roma a marzo piove…” fece Rocco. Italo alzò gli occhi al cielo. Era il momento della suonata nostalgica di Rocco Schiavone. Sospirò guardando la strada e si mise in ascolto. Altro non poteva fare. “Solo che non è una pioggia fredda. E’ tiepida. Fa bene ai fiori e ai prati. Basta un raggio di sole e quelli si riempiono già di margherite. Ti devi coprire, ma è bello andare in giro a Roma a marzo.”

     Il caso di cui si dovrà occupare in questa nuova indagine riguarda una donna, e lo possiamo indovinare dal titolo. Ester Baudo viene trovata impiccata al lampadario di una stanza di casa sua dalla donna delle pulizie ucraina, quando questa arriva al mattino in casa, stupita di trovare la porta aperta. Sembrerebbe suicidio. Un attimo, però. Perché l’aspirante suicida avrebbe chiuso le persiane? Come avrebbe fatto ad impiccarsi al buio?                                              
     Ho terminato da poco di leggere un romanzo noir svedese, “Brama”, di Arne Dahl e la vastità della trama, la globalizzazione dei crimini, mi avevano fatto pensare a quanto sia cambiato il genere, a quanto si sia allontanato dai ‘piccoli’ crimini del giallo tradizionale alla Agatha Christie. Dal mondo della finanza, dalle mafie internazionali, dagli assassini che non si sporcano le mani, dalle vittime che non si contano, leggendo “La costola di Adamo” sono tornata ad una dimensione più piccola e provinciale, ad uno scenario chiuso in stretti confini, a motivazioni personali ed intime- e non mi è dispiaciuto affatto. Perché Antonio Manzini cattura il lettore con il suo personaggio che fa ‘il duro’ perché è così, ma il suo essere così gli serve per nascondere il dolore per la morte della moglie, una sofferenza che si porta sempre appresso- anche quando va a letto con un’altra donna-, che lo aiuta a comprendere la sofferenza degli altri, che, in un certo qual senso, lo spinge ad essere coerente, ad essere integro. Per capire Rocco si deve sapere perché è stato mandato ad Aosta, a chi ha pestato i piedi (e non si è limitato a quello). Ci era stato raccontato nel precedente romanzo e qui c’è un seguito: Rocco fa un blitz a Roma, chiamato da un suo collega. Un blitz non ufficiale, naturalmente, ma deve essere lui a sistemare definitivamente una faccenda che era rimasta in sospeso. Questo è il difetto di Rocco, di assumersi il ruolo di giudice che non è il suo, ma come sottrarsi quando le istituzioni vengono a mancare, quando il potere è in collusione con il crimine? Siamo sinceri: facciamo il tifo per Rocco, forse non saremmo capaci di agire come lui, ma ben venga che ci sia qualcuno che ha l’ardire di sfiorare la linea di confine tra legittimo e illegittimo quando si tratta di fermare un Male più grande. Sappiamo che è sbagliato, ma siamo a fianco di Rocco.


lo scrittore Antonio Manzini                
  
La recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net    

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