cento sfumature di giallo
fresco di lettura
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Antonio Manzini, “La
costola di Adamo”
Ed. Sellerio, pagg. 281, Euro 14,00
Mai visto un commissario- pardon, lui
stesso corregge sempre chi gli si rivolge chiamandolo così-, un vicequestore così
antipatico (a quanto pare, non esistono più i commissari, ma non so se ci
abitueremo). Che non fa nulla per esserlo di meno, e che non gli importa. Che è
brusco, rude, a tratti volgare. Che ha per amici dei tipi da galera.
Mai visto un commissario, pardon, un
vicequestore che sia così simpatico pur essendo così antipatico.
Si chiama Rocco Schiavone ed è il protagonista de “La costola di Adamo”,
secondo romanzo della serie iniziata con “Pista nera”, ambientata in Val
d’Aosta. E ci mancava proprio, nella panoramica del genere giallo, questa regione
di montagne e di confine che ha delle caratteristiche sue proprie, diverse
dalle altre regioni italiane. Rocco, proveniente da Roma e relegato al
commissariato di Aosta ‘in punizione’, non fa che osservare le differenze, nel
bene e nel male. L’ordine e la pulizia. L’efficienza e l’onestà. Il freddo, la
pioggia, la neve, l’inverno che dura quando a Roma già c’è aria di primavera,
come adesso che è marzo, all’inizio del romanzo. Figurarsi come soffre Rocco in
questo clima, visto che si intestardisce a indossare il loden e ai piedi porta
le Clarks che si infradiciano- quante ne ha consumate nei mesi finora? Di certo
più di sei paia, che è più del numero dei mesi che ha passato qui.
“Lo sai? Anche a Roma a marzo piove…” fece Rocco. Italo alzò
gli occhi al cielo. Era il momento della suonata nostalgica di Rocco Schiavone.
Sospirò guardando la strada e si mise in ascolto. Altro non poteva fare. “Solo
che non è una pioggia fredda. E’ tiepida. Fa bene ai fiori e ai prati. Basta un
raggio di sole e quelli si riempiono già di margherite. Ti devi coprire, ma è
bello andare in giro a Roma a marzo.”
Il caso di cui si dovrà occupare in questa
nuova indagine riguarda una donna, e lo possiamo indovinare dal titolo. Ester
Baudo viene trovata impiccata al lampadario di una stanza di casa sua dalla
donna delle pulizie ucraina, quando questa arriva al mattino in casa, stupita
di trovare la porta aperta. Sembrerebbe suicidio. Un attimo, però. Perché
l’aspirante suicida avrebbe chiuso le persiane? Come avrebbe fatto ad impiccarsi
al buio?
Ho terminato da poco di leggere un romanzo noir svedese, “Brama”, di
Arne Dahl e la vastità della trama, la globalizzazione dei crimini, mi avevano
fatto pensare a quanto sia cambiato il genere, a quanto si sia allontanato dai
‘piccoli’ crimini del giallo tradizionale alla Agatha Christie. Dal mondo della
finanza, dalle mafie internazionali, dagli assassini che non si sporcano le
mani, dalle vittime che non si contano, leggendo “La costola di Adamo” sono
tornata ad una dimensione più piccola e provinciale, ad uno scenario chiuso in
stretti confini, a motivazioni personali ed intime- e non mi è dispiaciuto
affatto. Perché Antonio Manzini cattura il lettore con il suo personaggio che
fa ‘il duro’ perché è così, ma il suo essere così gli serve per nascondere il
dolore per la morte della moglie, una sofferenza che si porta sempre appresso-
anche quando va a letto con un’altra donna-, che lo aiuta a comprendere la
sofferenza degli altri, che, in un certo qual senso, lo spinge ad essere
coerente, ad essere integro. Per capire Rocco si deve sapere perché è stato
mandato ad Aosta, a chi ha pestato i piedi (e non si è limitato a quello). Ci
era stato raccontato nel precedente romanzo e qui c’è un seguito: Rocco fa un
blitz a Roma, chiamato da un suo collega. Un blitz non ufficiale, naturalmente,
ma deve essere lui a sistemare definitivamente una faccenda che era rimasta in
sospeso. Questo è il difetto di Rocco, di assumersi il ruolo di giudice che non
è il suo, ma come sottrarsi quando le istituzioni vengono a mancare, quando il
potere è in collusione con il crimine? Siamo sinceri: facciamo il tifo per
Rocco, forse non saremmo capaci di agire come lui, ma ben venga che ci sia
qualcuno che ha l’ardire di sfiorare la linea di confine tra legittimo e illegittimo
quando si tratta di fermare un Male più grande. Sappiamo che è sbagliato, ma
siamo a fianco di Rocco.
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