Gitta Sereny, “Germania, il trauma di una nazione”
Non sono sufficienti due
generazioni per superare il trauma di una guerra, perché non sono ancora
scomparsi tutti quelli che vi hanno preso parte. In questi giorni si parla di
processare Engel (ironia tragica di un nome che vuol dire “angelo” per il boia
di Genova) e i quattro militari delle SS responsabili della strage di
Marzabotto. Di interesse attuale, quindi, l’ultimo libro di Gitta Sereny, in
cui la scrittrice e giornalista ungherese ritorna ancora una volta sul tema del
nazismo. Un libro diverso eppure simile ai due precedenti. Diverso perché manca
un personaggio centrale a focalizzare l’attenzione, come il comandante del
campo di Treblinka in “In quelle tenebre” e Albert Speer in “In lotta per la
verità”. Un libro composito, quasi frammentario, se non fosse per il filo
conduttore che guida questa ricerca nel passato. La Sereny traccia una serie di
ritratti di persone che hanno ruotato intorno a Hitler e ne sono rimaste in
qualche modo affascinate ( dalla regista Leni Riefenstahl, agli stessi Stangl e
Speer, alla segretaria Traudl Junge), cerca di chiarire l’atteggiamento ambiguo
del presidente austriaco Kurt Waldheim e le vicende del processo ad uno degli
aguzzini ucraini di Treblinka, rivela il coraggio di chi, come il medico Münch,
si rifiutò di eseguire degli ordini, indaga sull’ autenticità dei diari di
Hitler. Un libro simile agli altri nell’ approccio psicologico e nell’accurata
ricostruzione storica, nel tentativo tenace di capire e di interpretare
l’attrattiva del male esercitata da Hitler. L’interesse dell’autrice diventa
compassionevole e sofferto quando incontra le vittime dell’ideologia dei padri,
i figli degli uomini più vicino al Führer, come Martin Bormann jr. che diventò
sacerdote per sopravvivere al senso di colpa.
Che poi è un senso di colpa
collettivo, perché è tutto il popolo tedesco che lotta da mezzo secolo per
riconciliarsi con dei ricordi che ha cercato di respingere, negando la
conoscenza di quanto era accaduto. Senza riuscirci, perché puntualmente il
passato ritorna, le giovani generazioni vogliono sapere, divise fra
incredulità, orrore e desiderio di ricominciare, di non sembrare diversi dai
coetanei europei. E dietro queste indagini, questo tastare il polso di tutta
una nazione, c’è lei, Gitta Sereny, ormai quasi ottantenne, ma con lo stesso
spirito audace con cui ci appare nei primi capitoli del libro, quando racconta
della sua gioventù a Vienna, dell’Anschluss, della fuga dalla Francia alla
Spagna, e del suo lavoro nell’organizzazione che si occupava di ricercare e
restituire alle famiglie i bambini rapiti dai tedeschi nelle terre invase. Con
pacatezza, partecipazione e abilità narrativa, la Sereny ci aiuta a percorrere
il cammino in cerca di una verità difficile, per permettere la cicatrizzazione
di una ferita che sembra essere ancora aperta in Germania.
Gitta Sereny, “Germania, il
trauma di una nazione”
Ed. Rizzoli, pagg. 479, Euro
20,50
La scrittrice Gitta Sereny
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