cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Antonio Manzini, “Pista nera”
Ed. Sellerio, pagg. 273, Euro
13,00
Scordatevi dei commissari italiani che
conoscete, dal Sud al Nord. Scordatevi del garbato e correttissimo Salvo
Montalbano e di Proteo Laurenti, triestino di adozione, simpatico e alla buona,
l’immagine del padre di famiglia. Scordatevi anche del termine ‘commissario’
perché Rocco Schiavone, protagonista del romanzo “Pista nera” di Antonio
Manzini, ci tiene a precisare, correggendo chiunque gli si rivolga così, che
ora si dice ‘vicequestore’. Il vicequestore Rocco Schiavone è antipatico e
scorretto. Nei confronti delle donne ha l’atteggiamento del maschio
conquistatore ed è stato mandato da Roma ad Aosta per punizione- lo
comprendiamo dagli sguardi che gli lanciano, dalle mezze parole dette intorno a
lui, dall’irritazione con cui mal sopporta vivere in un luogo che è agli
antipodi di Roma. Il sogno che condivideva con la moglie Marina era, tuttavia,
a metà strada tra Roma e Aosta: una volta in pensione avrebbero acquistato un
casolare con della terra in Provenza, mare e colline, il meglio dei due mondi.
“Che palle!” urlò Rocco sgranchendosi le braccia. Lo aspettava solo il lavoro, lavoro e lavoro. Era così la vita lassù ad Aosta. Gente seria, città seria, fatta di persone serie che sgobbano e che si facevano i fatti loro. E se si sballava, lo faceva al massimo con le grolle. Finiti i tempi di Roma, dove la roba andava avanti e indietro come in una catena di montaggio. Finiti i tempi dei colpi decenti, le occasioni. Quanto sarebbe durato ancora questo purgatorio?
A ritrovare il cadavere è un giovane
assunto da poco per guidare un gatto delle nevi nel compito serale di ripassare
le piste da sci- è sconvolto, e a ben vedere. Il capo dei gattisti gli aveva
appena detto che poteva rientrare tagliando per la scorciatoia che portava a
Champoluc ed era qui che, ad un certo punto, il gatto era sobbalzato sui
cingoli per aver colpito qualcosa. Altro che una roccia o della terra o un
animale. Il gatto era passato sul corpo di un uomo facendone scempio con
l’enorme peso. E così Rocco Schiavone, raggiunto ad Aosta da una telefonata,
deve recarsi sul posto. Imprecando contro il freddo- sfido, ai piedi calza
delle Clarks che diventano subito fradice, ha le mani nude e indossa un loden
che va bene per Roma ma non è adeguato alle temperature della Val d’Aosta. Con
modi imperativi dà ordini ai subalterni- uno di questi ricorda da vicino il
simpatico Catarella di Camilleri, ma Rocco non ha certo la pazienza di
Montalbano; l’agente Pierron, invece, è un tipo sveglio e non solo gli fa
d’autista ma lo introduce anche alla gente e ai costumi della regione. Si
scopre presto l’identità del morto: un tal Leone Micciché originario di
Catania, sposato con Luisa Pec, una ragazza del posto. Insieme i due gestivano
un rifugio splendidamente ristrutturato, ottimo luogo di sosta per gli
sciatori. Le possibilità non sono poi molte per risolvere il caso: o Micciché è
stato raggiunto dalla mano lunga della Mafia (però non pare il loro modus
operandi), oppure si tratta di un delitto passionale (Luisa è bella, il
fidanzato che aveva prima di incontrare Leone non si è mai rassegnato), oppure
di debiti insoluti.
Se questa è la trama principale, ce n’è
tuttavia un’altra secondaria che illumina le zone d’ombra di Rocco Schiavone
accentuando quello che è il leit motiv del romanzo: una messa a confronto di
Nord e Sud, il nitore dei luoghi e la sporcizia di Roma, la quiete e la
confusione, l’atmosfera amichevole e la sgarbatezza, l’onestà (incredibile, a
Champoluc un negoziante può fidarsi a lasciare un cliente da solo, con la merce
a portata di mano!!) e la disonestà. Eppure, come viene lentamente suggerito e
come vedremo meglio alla fine, in questo luogo idilliaco non è tutto come
appare. Perfino quello che sembrava essere un vantaggio- essere tutti più o
meno imparentati, come una grande famiglia- rivela il suo aspetto negativo. La
Valle perde punti e ne guadagna invece Rocco. Possiamo non accettare i suoi
comportamenti ma comprendiamo le sue motivazioni dietro il caso che lo ha
portato all’esilio, ci siamo divertiti con le sue battute (a proposito, ha
ceduto, ha acquistato un paio di scarponi e un paio di guanti imbottiti) e poi,
all’improvviso (o avevamo avuto qualche premonizione?), proviamo pena per lui.
Lo scrittore Antonio Manzini
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