Casa Nostra. Qui Italia
Ed.
66thand2nd, pagg. 119, Euro 15,00
La sfida è soltanto per gli altri.
Per chi resta in attesa, aspettando
impaziente le novità, controllando ansiosamente il meteo.
La sfida è nelle parole di chi sta per
partire e di chi riesce a tornare.
Ma una volta che ci si trova lassù non
esiste più alcuna sfida.
C’è qualcosa di più prezioso e bello, ci
sono lo spazio e il tempo, ci sono uomini e donne che provano a sfuggire a
entrambi.
Nanga Parbat, la Montagna Nuda oppure,
secondo il significato del nome in sanscrito, la Montagna degli Dei, la nona
montagna più alta della terra con la sua cima che raggiunge gli 8126 metri. Che
cosa spinge uomini e donne, lillipuziani ai piedi del gigante, a raggiungere la
cima del Nanga Parbat?
È quello che si chiede Orso Tosco nel suo libro, storia di uomini e donne che ci hanno provato, che hanno avuto successo, che hanno fallito e poi hanno provato ancora, che sapevano a che cosa andavano incontro eppure non gli importava- pensavano forse che il loro amore per la Montagna degli Dei sarebbe stato uno scudo?-, che hanno trovato la gloria oppure la morte su quelle pareti di ghiaccio. E poi, insieme alle storie delle imprese verso la cima del Nanga Parbat, c’è anche una sorta di storia dell’alpinismo, di come sia cambiato mentre cambiavano anche le attrezzature e le risorse. E sempre lei, la Montagna, il Nanga Parbat (un nome che si impone, così fortemente accentato), come protagonista assoluta. Lei che non cambia nel cambiare del tempo e degli uomini, lei che sembra guardare impassibile quelle formiche scure che si arrampicano lungo i suoi fianchi.
Incominciamo dal 1871, quando il britannico
Albert Mummery fu tra i primi a promuovere un approccio il più possibile
naturale, a fare a meno delle guide locali, a cercare nuovi percorsi per la
salita. Morì sul Nanga Parbat, Albert Mummery, ma è impossibile dimenticarlo-
lo sperone alla cui base trovò la morte porta il suo nome.lo sperone Mummery
Nel 1932 ci fu il
primo tentativo tedesco, con Willy Merkl, un tentativo che assume un
significato particolare inquadrato nel nascente Terzo Reich. La Montagna degli
Dei era Unser Berg per i tedeschi, era un ritorno a casa per il popolo ariano
secondo le dottrine teosofiche di cui era fautore Himmler. Anche Merkl morì sul
Nanga Parbat, nella seconda spedizione del 1934, insieme ad altri nove.
Seguono le storie di altri, degli italiani
altoatesini Messner (uno dei due fratelli Messner morì suscitando dubbi sulle
circostanze, chiarite quando fu ritrovato il corpo, proprio dove Reinhold aveva
indicato di aver visto il fratello per l’ultima volta), della coppia Nives
Meroi- Romano Benet il cui successo fu nell’aver saputo rinunciare e rimandare
la conquista della cima (la loro è una storia d’amore personale oltre che di
amore per la montagna), del polacco che sostituì l’esaltazione provocata
dall’eroina con quella dell’ascesa, e poi di Tom Ballard (aveva scalato la sua
prima montagna quando ancora non era nato: sua madre, Alison Hargreaves era
incinta di lui di sei mesi), Daniele Nardi, Simone Moro…Storie diverse nella
loro uguaglianza, diverse le scelte dei percorsi e di come affrontare le
difficoltà quasi sovrumane, uguale l’ossessione, che è una forma estrema di
amore, il desiderio di libertà e di assoluto.Daniele Nardi
“Nanga Parbat” si legge come un grandioso
libro di avventura e, se per noi lettori di pianura, di collina o di mare (Orso
Tosco stesso è ‘di mare’, nato e cresciuto in Liguria), quella che ci pare una
sfida, sì, una sfida contro la morte, risulta incomprensibile, ne siamo tuttavia
affascinati. Perché riusciamo a percepire il desiderio di assoluto, quasi un
portarsi lontano dalla pazza folla, così lontano da dimenticare perfino la sua
presenza, e, insieme, quello di mettersi alla prova, di raggiungere il limite
dell’umano.
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